"Acqua.”
"Acqua? Hai sete?
Ha sollevato il braccio.
"Aspetta.
Dove la trovavo l'acqua? C'erano un paio di secchi per la vernice, ma erano vuoti. Nel lavatoio ce n'era un po', ma era verde e pullulava di larve di zanzara.
Mi sono ricordato che quando ero entrato dentro per prendere la corda avevo visto un bidone pieno d'acqua.
"Torno subito," gli ho detto, e mi sono infilato nella chiostrina sopra la porta.
Il bidone era mezzo pieno, ma l'acqua era limpida e non aveva odore.
Sembrava buona.
In un angolo buio, sopra un'asse di legno, c'erano dei barattoli, dei mozziconi di candela, una pentola e delle bottiglie vuote. Ne ho presa una, ho fatto due passi e mi sono fermato. Sono tornato indietro e ho preso in mano la pentola.
Era una pentola bassa, smaltata di bianco, con il bordo e i manici dipinti di blu e intorno c'erano disegnate delle mele rosse ed era uguale a quella che avevamo noi a casa. La nostra l'avevamo comprata con la mamma al mercato di Lucignano, l'aveva scelta Maria da un mucchio di pentole sopra un banco perché le piacevano le mele.
Questa sembrava più vecchia. Era stata lavata male, sul fondo c'era ancora un po' di roba appiccicata. Ci ho passato l'indice e l'ho avvicinato al naso.
Salsa di pomodoro.
L'ho rimessa a posto e ho riempito la bottiglia d'acqua e l'ho chiusa con un tappo di sughero, ho preso il cestino e sono uscito fuori.
Ho afferrato la corda, ci ho legato il cestino e ci ho poggiato dentro la bottiglia.
"Te la calo," ho detto. "Prendila.
Con la coperta addosso, a tentoni, ha cercato la bottiglia nel cestino, l'ha stappata e l'ha versata nel pentolino senza farne cadere neanche un po', poi l'ha rimessa nel paniere e ha dato uno strattone alla corda.
Come una cosa che faceva sempre, tutti i giorni. Siccome non me la ripren-devo ha dato un secondo strattone e ha grugnito qualcosa arrabbiato.
Appena l'ho tirata su, ha abbassato la testa e senza sollevare il pentolino ha cominciato a bere, a quattro zampe, come un cane. Quando ha finito si è ac-coccolato da una parte e non si è più mosso.
Era tardi.
"Allora... Ciao". Ho coperto il buco e me ne sono andato.
Mentre pedalavo verso Acqua Traverse, pensavo alla pentola che avevo trovato nella cascina.
Mi sembrava strano che era uguale alla nostra.
Non lo so, forse perché Maria aveva scelto quella tra tante. Come se fosse speciale, più bella, con quelle mele rosse.
Sono arrivato a casa giusto in tempo per il pranzo.
"Veloce, vatti a lavare le mani," mi ha detto papà. Era seduto a tavola accanto a mia sorella.
Aspettavano che mamma scolava la pastasciutta.
Sono corso in bagno e mi sono sfregato le mani con il sapone, mi sono fatto la riga a destra e li ho raggiunti mentre mamma riempiva i piatti di pasta.
Non usava la pentola con le mele. Ho guardato le stoviglie ad asciugare sul lavello, ma anche lì non l'ho vista. Doveva essere nella credenza.
"Tra un paio di giorni viene a stare qui una persona," ha detto papà con il boccone in bocca. "Dovete fare i bravi. Niente pianti e urli. Non mi fate fare figure di merda.
Ho chiesto: "Chi è questa per sona?
Si è versato un bicchiere di vino. "E' un amico mio.
"Come si chiama?" ha domandato mia sorella.
"Sergio.
"Sergio," ha ripetuto Maria. "Che nome buffo.
Era la prima volta che veniva uno a stare da noi.
A Natale venivano gli zii ma non rimanevano a dormire quasi mai. Non c'era posto. Ho chiesto: "E quanto sta?
Papà si è riempito il piatto di nuovo. "Un po'.
Mamma ci ha messo davanti la fettina di carne.
Era mercoledì. E il mercoledì era il giorno della fettina.