L. dirigeva nel suo paese una importantissima fabbrica di prodotti chimici, e il suo nome era (ed è) noto negli ambienti industriali di tutta Europa. Era un uomo Letteratura italiana Einaudi
96
Primo Levi - Se questo è un uomo robusto sulla cinquantina; non so come fosse stato arre-stato, ma in campo era entrato come tutti entravano: nu-do, solo e sconosciuto. Quando io lo conobbi, era molto deperito, ma conservava sul viso i tratti di una energia disciplinata e metodica; in quel tempo, i suoi privilegi si limitavano alla pulitura giornaliera della marmitta degli operai polacchi; questo lavoro, di cui egli aveva ottenuto non so come l’esclusività, gli fruttava mezza gamella di zuppa al giorno. Non bastava certamente questo a soddisfare la sua fame; tuttavia nessuno lo aveva mai udito lamentarsi. Anzi, le poche parole che lasciava cadere erano tali da far pensare a grandiose risorse segrete, a una «organizzazione» solida e fruttuosa Il che trovava conferma nel suo aspetto. L. aveva «una linea»: le mani e il viso sempre perfettamente puliti, aveva la rarissima abnegazione di lavarsi, ogni quindici giorni, la camicia, senza aspettare il cambio bimestrale (facciamo qui notare che lavare la camicia vuol dire trovare il sapone, trovare il tempo, trovare lo spazio nel lavatoio sovraffollato; adattarsi a sorvegliare attentamente, senza distogliere gli occhi un attimo, la camicia bagnata, e in-dossarla, naturalmente ancora bagnata, all’ora del silenzio, in cui si spengono le luci); possedeva un paio di suole di legno per andare alla doccia, e perfino il suo abito a righe era singolarmente adatto alla sua corporatura, pulito e nuovo. L. si era procurato in sostanza tutto l’aspetto del prominente assai prima di diventarlo: poiché solo molto tempo dopo ho saputo che tutta questa ostenta-zione di prosperità, L. se l’era saputa guadagnare con incredibile tenacia, pagando i singoli acquisti e servizi col pane della sua stessa razione, e astringendosi cosí a un regime di privazioni supplementari.
Il suo piano era di lungo respiro, il che è tanto piú notevole, in quanto era stato concepito in un ambiente in cui dominava la mentalità del provvisorio; e L. lo attuò con rigida disciplina interiore, senza pietà per sé, né, a Letteratura italiana Einaudi
97
Primo Levi - Se questo è un uomo maggior ragione, per i compagni che gli traversassero il cammino. L. sapeva che fra l’essere stimato potente e il divenire effettivamente tale il passo è breve, e che dovunque, ma particolarmente frammezzo al generale livellamento del Lager, un aspetto rispettabile è la miglior garanzia di essere rispettato. Egli dedicò ogni cura al non essere confuso col gregge: lavorava con impegno ostentato, esortando anche all’occasione i compagni pi-gri, con tono suadente e deprecatorio; evitava la lotta quotidiana per il posto migliore nella coda del rancio, e si adattava a ricevere ogni giorno la prima razione, notoriamente piú liquida, in modo da essere notato dal Blockältester per la sua disciplina. A completare il di-stacco, nei rapporti con i compagni si comportava sempre con la massima cortesia compatibile con il suo egoi-smo, che era assoluto.
Quando fu costituito, come diremo, il Kommando Chimico, L. comprese che la sua ora era giunta: non occorreva altro che il suo abito nitido e il suo viso scarno sí, ma rasato, in mezzo alla mandria dei colleghi sordidi e sciatti, per convincere immediatamente Kapo e Arbeitsdienst che quello era un autentico salvato, un prominente potenziale; per cui (a chi ha, sarà dato) fu senz’altro promosso «specializzato», nominato capotec-nico del Kommando, e assunto dalla Direzione della Bu-na come analista nel laboratorio del reparto Stirolo. Fu in seguito incaricato di esaminare via via i nuovi acquisti del Kommando Chimico, per giudicare della loro abilità professionale: il che egli fece sempre con estremo rigore, specialmente nei riguardi di coloro in cui subodorava possibili futuri competitori.
Ignoro il seguito della sua storia; ma ritengo assai probabile che sia sfuggito alla morte, e viva oggi la sua vita fredda di dominatore risoluto e senza gioia.
Letteratura italiana Einaudi
98
Primo Levi - Se questo è un uomo Elias Lindzin, 141 565, piovve un giorno, inesplica-bilmente, nel Kommando Chimico. Era un nano, non piú alto di un metro e mezzo, ma non ho mai visto una muscolatura come la sua. Quando è nudo, si distingue ogni muscolo lavorare sotto la pelle, potente e mobile come un animale a sé stante; ingrandito senza alterarne le proporzioni, il suo corpo sarebbe un buon modello per un Ercole: ma non bisogna guardare la testa.
Sotto il cuoio capelluto, le suture craniche sporgono smisurate. Il cranio è massiccio, e dà l’impressione di essere di metallo o di pietra; si vede il limite nero dei capelli rasi appena un dito sopra le sopracciglia. Il naso, il mento, la fronte, gli zigomi sono duri e compatti, l’intero viso sembra una testa d’ariete, uno strumento adatto a percuotere. Dalla sua persona emana un senso di vigore bestiale.
Veder lavorare Elias è uno spettacolo sconcertante; i Meister polacchi, i tedeschi stessi talvolta si soffermano ad ammirare Elias all’opera. Pare che a lui nulla sia impossibile. Mentre noi portiamo a stento un sacco di cemento, Elias ne porta due, poi tre, poi quattro, mante-nendoli in equilibrio non si sa come, e mentre cammina fitto fitto sulle gambe corte e tozze, fa smorfie di sotto il carico, ride, impreca, urla e canta senza requie, come se avesse polmoni di bronzo. Elias, nonostante le suole di legno, si arrampica come una scimmia su per le impalcature, e corre sicuro su travi sospese nel vuoto; porta sei mattoni per volta in bilico sul capo; sa farsi un cucchiaio con un pezzo di lamiera, e un coltello con un rottame di acciaio; trova ovunque carta, legna e carbone asciutti e sa accendere in pochi istanti un fuoco anche sotto la pioggia. Sa fare il sarto, il falegname, il ciabattino, il barbiere; sputa a distanze incredibili; canta, con voce di basso non sgradevole, canzoni polacche e yiddisch mai prima sentite; può ingerire sei, otto, dieci litri di zuppa senza vomitare e senza avere diarrea, e riprendere il la-Letteratura italiana Einaudi
99
Primo Levi - Se questo è un uomo voro subito dopo. Sa farsi uscire fra le spalle una grossa gobba, e va attorno per la baracca sbilenco e contraffat-to, strillando e declamando incomprensibile, fra la gioia dei potenti del campo. L’ho visto lottare con un polacco piú alto di lui di tutto il capo, e atterrarlo con un colpo del cranio nello stomaco, potente e preciso come una catapulta. Non l’ho mai visto riposare, non l’ho mai visto zitto o fermo, non l’ho mai saputo ferito o ammalato.
Della sua vita di uomo libero, nessuno sa nulla; del resto, rappresentarsi Elias in veste di uomo libero esige un profondo sforzo della fantasia e dell’induzione. Non parla che polacco, e l’yiddisch torvo e deforme di Varsavia; inoltre, è impossibile indurlo a un discorso coerente. Potrebbe avere venti o quarant’anni; di solito dice di averne trentatre, e di avere procreato diciassette figli: il che non è inverosimile. Parla continuamente, degli argomenti piú disparati; sempre con voce tonante, con accento oratorio, con una mimica violenta da dissociato.
Come se sempre si rivolgesse a un folto pubblico: e, co-me è naturale, il pubblico non gli manca mai. Quelli che capiscono il suo linguaggio bevono le sue declamazioni torcendosi dalle risa, gli battono le spalle dure entusia-sti, lo stimolano a proseguire; mentre lui, feroce e ag-grondato, si rigira come una belva entro la cerchia degli ascoltatori, apostrofando ora questo ora quello; a un tratto ghermisce uno per il petto con la sua piccola zap-pa adunca, lo attrae a sé irresistibile, gli vomita sul viso attonito una incomprensibile invettiva, poi lo scaglia indietro come un fuscello, e, fra gli applausi e le risa, le braccia tese al cielo come un piccolo mostro profetante, prosegue nel suo dire furibondo e dissennato.
La sua fama di lavoratore d’eccezione si diffuse assai presto, e, per l’assurda legge del Lager, da allora smise praticamente di lavorare. La sua opera veniva richiesta direttamente dai Meister, per quelli lavori soltanto ove occorressero perizia e vigore particolari.
Letteratura italiana Einaudi 100
Primo Levi - Se questo è un uomo A parte queste prestazioni, sovrintendeva insolente e violento al nostro piatto faticare quotidiano, eclissando-si di frequente per misteriose visite e avventure in chissà quali recessi del cantiere, di dove ritornava con grossi rigonfi nelle tasche e spesso con lo stomaco visibilmente ripieno.
Elias è naturalmente e innocentemente ladro: manifesta in questo l’istintiva astuzia degli animali selvaggi.
Non viene mai colto sul fatto, perché non ruba che quando si presenta un’occasione sicura: ma quando questa si presenta, Elias ruba, fatalmente e prevedibilmente, cosí come cade una pietra abbandonata. A parte il fatto che è difficile sorprenderlo, è chiaro che a nulla servirebbe punirlo dei suoi furti: essi rappresentano per lui un atto vitale qualsiasi, come respirare e dormire.
Ci si può ora domandare chi è questo uomo Elias. Se è un pazzo, incomprensibile ed extraumano, finito in Lager per caso. Se è un atavismo, eterogeneo dal nostro mondo moderno, e meglio adatto alle primordiali condizioni di vita del campo. O se non è invece un prodotto del campo, quello che tutti noi diverremo, se in campo non morremo, e se il campo stesso non finirà prima.
C’è del vero nelle tre supposizioni. Elias è sopravvissuto alla distruzione dal di fuori, perché è fisicamente indistruttibile; ha resistito all’annientamento dal di dentro, perché è demente. È dunque in primo luogo un su-perstite: è il piú adatto, l’esemplare umano piú idoneo a questo modo di vivere.
Se Elias riacquisterà la libertà, si troverà confinato in margine del consorzio umano, in un carcere o in un mani-comio. Ma qui, in Lager, non vi sono criminali né pazzi: non criminali, perché non v’è legge morale a cui contrav-venire, non pazzi, perché siamo determinati, e ogni nostra azione è, a tempo e luogo, sensibilmente l’unica possibile.
In Lager, Elias prospera e trionfa. È un buon lavoratore e un buon organizzatore, e per tale duplice ragione Letteratura italiana Einaudi 101
Primo Levi - Se questo è un uomo è al sicuro dalle selezioni e rispettato da capi e compagni. Per chi non abbia salde risorse interne, per chi non sappia trarre dalla coscienza di sé la forza necessaria per ancorarsi alla vita, la sola strada di salvezza conduce a Elias: alla demenza e alla bestialità subdola. Tutte le altre strade non hanno sbocco.
Ciò detto, qualcuno sarebbe forse tentato di trarre conclusioni, e magari anche norme, per la nostra vita quotidiana. Non esistono attorno a noi degli Elias, piú o meno realizzati? Non vediamo noi vivere individui ignari di scopo, e negati a ogni forma di autocontrollo e di coscienza? ed essi non già vivono malgrado queste loro la-cune, ma precisamente, come Elias, in funzione di esse.
La questione è grave, e non sarà ulteriormente svolta, perché queste vogliono essere storie del Lager, e sull’uo-mo fuori del Lager molto si è già scritto. Ma una cosa ancora vorremmo aggiungere: Elias, per quanto ci è possibile giudicare dal di fuori, e per quanto la frase può avere di significato, Elias era verosimilmente un individuo felice.
Henri è invece eminentemente civile e consapevole, e sui modi di sopravvivere in Lager possiede una teoria completa e organica. Non ha che ventidue anni; è intelli-gentissimo, parla francese, tedesco, inglese e russo, ha un’ottima cultura scientifica e classica.
Suo fratello è morto in Buna nell’ultimo inverno, e da quel giorno Henri ha reciso ogni vincolo di affetti; si è chiuso in sé come in una corazza, e lotta per vivere senza distrarsi, con tutte le risorse che può trarre dal suo intel-letto pronto e dalla sua educazione raffinata. Secondo la teoria di Henri, per sfuggire all’annientamento, tre sono i metodi che l’uomo può applicare rimanendo degno del nome di uomo: l’organizzazione, la pietà e il furto.
Lui stesso li pratica tutti e tre. Nessuno è miglior stra-Letteratura italiana Einaudi 102
Primo Levi - Se questo è un uomo tega di Henri nel circuire («coltivare», dice lui) i prigionieri di guerra inglesi. Essi diventano, nelle sue mani, vere galline dalle uova d’oro: si pensi che, dal baratto di una sola sigaretta inglese, in Lager si ricava di che sfa-marsi per un giorno. Henri è stato visto una volta in atto di mangiare un autentico uovo sodo.
Il traffico della merce di provenienza inglese è monopolio di Henri, e fin qui si tratta di organizzazione; ma il suo strumento di penetrazione, presso gli inglesi e gli altri, è la pietà. Henri ha il corpo e il viso delicati e sottil-mente perversi del San Sebastiano del Sodoma: i suoi occhi sono neri e profondi, non ha ancora barba, si muove con languida naturale eleganza (quantunque all’occorrenza sappia correre e saltare come un gatto, e la capacità del suo stomaco sia appena inferiore a quella di Elias). Di queste sue doti naturali Henri è perfettamente a conoscenza, e le mette a profitto con la fredda competenza di chi manovra uno strumento scientifico: i risultati sono sorprendenti. Si tratta in sostanza di una scoperta: Henri ha scoperto che la pietà, essendo un sentimento primario e irriflesso, alligna assai bene, se abilmente instillata, proprio negli animi primitivi dei bruti che ci comandano, di quelli stessi che non hanno ritegno ad abbatterci a pugni senza perché, e a calpe-starci una volta a terra, e non gli è sfuggita la grande portata pratica di questa scoperta, sulla quale egli ha in-serito la sua industria personale.
Come l’icneumone paralizza i grossi bruchi pelosi, fe-rendoli nel loro unico ganglio vulnerabile, cosí Henri valuta con un’occhiata il soggetto, «son type»; gli parla brevemente, a ciascuno con il linguaggio appropriato, e il «type» è conquistato: ascolta con crescente simpatia, si commuove sulla sorte del giovane sventurato, e non occorre molto tempo perché incominci a rendere.
Non c’è anima cosí indurita su cui Henri non riesca a far breccia, se ci si mette seriamente. In Lager, e anche Letteratura italiana Einaudi 103
Primo Levi - Se questo è un uomo in Buna, i suoi protettori sono numerosissimi: soldati inglesi, operai civili francesi, ucraini, polacchi; «politici»
tedeschi; almeno quattro Blockälteste, un cuoco, perfino una SS. Ma il suo campo preferito è il Ka-Be; in Ka-Be Henri ha ingresso libero, il dottor Citron e il dottor Weiss sono, piú che suoi protettori, suoi amici, e lo rico-verano quando vuole, e con la diagnosi che vuole. Ciò avviene specialmente in vista delle selezioni, e nei periodi di lavoro piú gravoso: a « svernare», dice lui.
Disponendo di cosí cospicue amicizie, è naturale che raramente Henri sia ridotto alla terza via, al furto; d’altronde, si comprende che su questo argomento non si confidi volentieri.
È molto gradevole discorrere con Henri, nei momenti di riposo. È anche utile: non c’è cosa del campo che egli non conosca, e su cui non abbia ragionato, nella sua maniera serrata e coerente. Delle sue conquiste, parla con educata modestia, come di prede di poco conto, ma si di-lunga volentieri a esporre il calcolo che l’ha condotto ad avvicinare Hans chiedendogli del figlio al fronte, e invece Otto mostrandogli le cicatrici che ha sugli stinchi.