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Add to favorite Se questo è un uomo – Primo Levi

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Elias è naturalmente e innocentemente ladro: manifesta in questo l’istintiva astuzia degli animali selvaggi.

Non viene mai colto sul fatto, perché non ruba che quando si presenta un’occasione sicura: ma quando questa si presenta, Elias ruba, fatalmente e prevedibilmente, cosí come cade una pietra abbandonata. A parte il fatto che è difficile sorprenderlo, è chiaro che a nulla servirebbe punirlo dei suoi furti: essi rappresentano per lui un atto vitale qualsiasi, come respirare e dormire.

Ci si può ora domandare chi è questo uomo Elias. Se è un pazzo, incomprensibile ed extraumano, finito in Lager per caso. Se è un atavismo, eterogeneo dal nostro mondo moderno, e meglio adatto alle primordiali condizioni di vita del campo. O se non è invece un prodotto del campo, quello che tutti noi diverremo, se in campo non morremo, e se il campo stesso non finirà prima.

C’è del vero nelle tre supposizioni. Elias è sopravvissuto alla distruzione dal di fuori, perché è fisicamente indistruttibile; ha resistito all’annientamento dal di dentro, perché è demente. È dunque in primo luogo un su-perstite: è il piú adatto, l’esemplare umano piú idoneo a questo modo di vivere.

Se Elias riacquisterà la libertà, si troverà confinato in margine del consorzio umano, in un carcere o in un mani-comio. Ma qui, in Lager, non vi sono criminali né pazzi: non criminali, perché non v’è legge morale a cui contrav-venire, non pazzi, perché siamo determinati, e ogni nostra azione è, a tempo e luogo, sensibilmente l’unica possibile.

In Lager, Elias prospera e trionfa. È un buon lavoratore e un buon organizzatore, e per tale duplice ragione Letteratura italiana Einaudi 101

Primo Levi - Se questo è un uomo è al sicuro dalle selezioni e rispettato da capi e compagni. Per chi non abbia salde risorse interne, per chi non sappia trarre dalla coscienza di sé la forza necessaria per ancorarsi alla vita, la sola strada di salvezza conduce a Elias: alla demenza e alla bestialità subdola. Tutte le altre strade non hanno sbocco.

Ciò detto, qualcuno sarebbe forse tentato di trarre conclusioni, e magari anche norme, per la nostra vita quotidiana. Non esistono attorno a noi degli Elias, piú o meno realizzati? Non vediamo noi vivere individui ignari di scopo, e negati a ogni forma di autocontrollo e di coscienza? ed essi non già vivono malgrado queste loro la-cune, ma precisamente, come Elias, in funzione di esse.

La questione è grave, e non sarà ulteriormente svolta, perché queste vogliono essere storie del Lager, e sull’uo-mo fuori del Lager molto si è già scritto. Ma una cosa ancora vorremmo aggiungere: Elias, per quanto ci è possibile giudicare dal di fuori, e per quanto la frase può avere di significato, Elias era verosimilmente un individuo felice.

Henri è invece eminentemente civile e consapevole, e sui modi di sopravvivere in Lager possiede una teoria completa e organica. Non ha che ventidue anni; è intelli-gentissimo, parla francese, tedesco, inglese e russo, ha un’ottima cultura scientifica e classica.

Suo fratello è morto in Buna nell’ultimo inverno, e da quel giorno Henri ha reciso ogni vincolo di affetti; si è chiuso in sé come in una corazza, e lotta per vivere senza distrarsi, con tutte le risorse che può trarre dal suo intel-letto pronto e dalla sua educazione raffinata. Secondo la teoria di Henri, per sfuggire all’annientamento, tre sono i metodi che l’uomo può applicare rimanendo degno del nome di uomo: l’organizzazione, la pietà e il furto.

Lui stesso li pratica tutti e tre. Nessuno è miglior stra-Letteratura italiana Einaudi 102

Primo Levi - Se questo è un uomo tega di Henri nel circuire («coltivare», dice lui) i prigionieri di guerra inglesi. Essi diventano, nelle sue mani, vere galline dalle uova d’oro: si pensi che, dal baratto di una sola sigaretta inglese, in Lager si ricava di che sfa-marsi per un giorno. Henri è stato visto una volta in atto di mangiare un autentico uovo sodo.

Il traffico della merce di provenienza inglese è monopolio di Henri, e fin qui si tratta di organizzazione; ma il suo strumento di penetrazione, presso gli inglesi e gli altri, è la pietà. Henri ha il corpo e il viso delicati e sottil-mente perversi del San Sebastiano del Sodoma: i suoi occhi sono neri e profondi, non ha ancora barba, si muove con languida naturale eleganza (quantunque all’occorrenza sappia correre e saltare come un gatto, e la capacità del suo stomaco sia appena inferiore a quella di Elias). Di queste sue doti naturali Henri è perfettamente a conoscenza, e le mette a profitto con la fredda competenza di chi manovra uno strumento scientifico: i risultati sono sorprendenti. Si tratta in sostanza di una scoperta: Henri ha scoperto che la pietà, essendo un sentimento primario e irriflesso, alligna assai bene, se abilmente instillata, proprio negli animi primitivi dei bruti che ci comandano, di quelli stessi che non hanno ritegno ad abbatterci a pugni senza perché, e a calpe-starci una volta a terra, e non gli è sfuggita la grande portata pratica di questa scoperta, sulla quale egli ha in-serito la sua industria personale.

Come l’icneumone paralizza i grossi bruchi pelosi, fe-rendoli nel loro unico ganglio vulnerabile, cosí Henri valuta con un’occhiata il soggetto, «son type»; gli parla brevemente, a ciascuno con il linguaggio appropriato, e il «type» è conquistato: ascolta con crescente simpatia, si commuove sulla sorte del giovane sventurato, e non occorre molto tempo perché incominci a rendere.

Non c’è anima cosí indurita su cui Henri non riesca a far breccia, se ci si mette seriamente. In Lager, e anche Letteratura italiana Einaudi 103

Primo Levi - Se questo è un uomo in Buna, i suoi protettori sono numerosissimi: soldati inglesi, operai civili francesi, ucraini, polacchi; «politici»

tedeschi; almeno quattro Blockälteste, un cuoco, perfino una SS. Ma il suo campo preferito è il Ka-Be; in Ka-Be Henri ha ingresso libero, il dottor Citron e il dottor Weiss sono, piú che suoi protettori, suoi amici, e lo rico-verano quando vuole, e con la diagnosi che vuole. Ciò avviene specialmente in vista delle selezioni, e nei periodi di lavoro piú gravoso: a « svernare», dice lui.

Disponendo di cosí cospicue amicizie, è naturale che raramente Henri sia ridotto alla terza via, al furto; d’altronde, si comprende che su questo argomento non si confidi volentieri.

È molto gradevole discorrere con Henri, nei momenti di riposo. È anche utile: non c’è cosa del campo che egli non conosca, e su cui non abbia ragionato, nella sua maniera serrata e coerente. Delle sue conquiste, parla con educata modestia, come di prede di poco conto, ma si di-lunga volentieri a esporre il calcolo che l’ha condotto ad avvicinare Hans chiedendogli del figlio al fronte, e invece Otto mostrandogli le cicatrici che ha sugli stinchi.

Parlare con Henri è utile e gradevole; accade anche, qualche volta, di sentirlo caldo e vicino, pare possibile una comunicazione, forse perfino un affetto; sembra di percepire il fondo umano, dolente e consapevole della sua non comune personalità. Ma il momento appresso il suo sorriso triste si raggela in una smorfia fredda che pa-re studiata allo specchio; Henri domanda cortesemente scusa (»... j’ai quelque chose à faire», «... j’ai quelqu’un à voir»), ed eccolo di nuovo tutto alla sua caccia e alla sua lotta: duro e lontano, chiuso nella sua corazza, nemico di tutti, inumanamente scaltro e incomprensibile come il Serpente della Genesi.

Da tutti i colloqui con Henri, anche dai piú cordiali, sono sempre uscito con un leggero sapore di sconfitta; col sospetto confuso di essere stato anch’io, in qualche Letteratura italiana Einaudi 104

Primo Levi - Se questo è un uomo modo inavvertito, non un uomo di fronte a lui, ma uno strumento nelle sue mani.

Oggi so che Henri è vivo. Darei molto per conoscere la sua vita di uomo libero, ma non desidero rivederlo.

Letteratura italiana Einaudi 105

Primo Levi - Se questo è un uomo ESAME DI CHIMICA

Il Kommando 98, detto Kommando Chimico, avrebbe dovuto essere un reparto di specialisti.

Il giorno in cui fu dato l’annuncio ufficiale della sua costituzione, uno sparuto gruppo di quindici Häftlinge si radunò intorno al nuovo Kapo, in piazza dell’Appello, nel grigiore dell’alba.

Fu la prima delusione: era ancora un «triangolo verde», un delinquente professionale, l’Arbeitsdienst non aveva giudicato necessario che il Kapo del Kommando Chimico fosse un chimico. Inutile sprecare il fiato a fargli domande, non avrebbe risposto, o risposto a urli e pedate. Peraltro rassicurava il suo aspetto non troppo robusto e la statura inferiore alla media.

Fece un breve discorso in sguaiato tedesco da caser-ma, e la delusione fu confermata. Quelli erano dunque i chimici: bene, lui era Alex, e se loro pensavano di essere entrati in paradiso sbagliavano. In primo luogo, fino al giorno dell’inizio della produzione il Kommando 98

non sarebbe stato che un comune Kommandotrasporti addetto al magazzino del Cloruro di Magnesio. Poi, se credevano, per essere degli Intelligenten, degli intellet-tuali, di farsi gioco di lui, Alex, un Reichsdeutscher, ebbene, Herrgottsacrament, gli avrebbe fatto vedere lui, gli avrebbe... (e, il pugno chiuso e l’indice teso, tagliava l’aria di traverso nel gesto di minaccia dei tedeschi); e finalmente, non dovevano pensare di ingannare nessuno, se qualcuno si era presentato come chimico senza esser-lo; un esame, sissignori, in uno dei prossimi giorni; un esame di chimica, davanti al triumvirato del Reparto Polimerizzazione: il Doktor Hagen, il Doktor Probst, il Doktor Ingenieur Pannwitz.

Col che, meine Herren, si era già perso abbastanza tempo, i Kommandos 96 e 97 si erano già avviati, avanti Letteratura italiana Einaudi 106

Primo Levi - Se questo è un uomo marsch, e, per cominciare, chi non avesse camminato al passo e allineato avrebbe avuto a che fare con lui.

Era un Kapo come tutti gli altri Kapos.

Uscendo dal Lager, davanti alla banda musicale e al posto di conta delle SS, si marcia per cinque, col berretto in mano, le braccia immobili lungo i fianchi e il collo rigido, e non si deve parlare. Poi ci si mette per tre, e allora si può tentare di scambiare qualche parola attraverso l’acciottolio delle diecimila paia di zoccoli di legno.

Chi sono questi miei compagni chimici? Vicino a me cammina Alberto, è studente del terzo anno, anche questa volta siamo riusciti a non separarci. Il terzo alla mia sinistra non l’ho mai visto, sembra molto giovane, è pal-lido come la cera, ha il numero degli olandesi. Anche le tre schiene davanti a me sono nuove. Indietro è pericoloso voltarsi, potrei perdere il passo o inciampare; pure provo per un attimo, ho visto la faccia di Iss Clausner.

Finché si cammina non c’è tempo di pensare, bisogna badare di non togliere gli zoccoli a quello che zoppica davanti e di non farseli togliere da quello che zoppica dietro; ogni tanto c’è un cavo da scavalcare, una pozzanghera vi-scida da evitare. So dove siamo di qui sono già passato col mio Kommando precedente, è la H-Strasse, la strada dei magazzini. Lo dico ad Alberto: si va veramente al Cloruro di Magnesio, almeno questa non è stata una storia.

Siamo arrivati, scendiamo in un vasto interrato umido e pieno di correnti d’aria; è questa la sede del Kommando, quella che qui si chiama Bude. Il Kapo ci divide in tre squadre; quattro a scaricare i sacchi dal vagone, sette a trasportarli giú, quattro a impilarli nel magazzino.

Questi siamo io con Alberto, Iss e l’olandese.

Finalmente si può parlare, e a ciascuno di noi quello che Alex ha detto sembra il sogno di un pazzo.

Con queste nostre facce vuote, con questi crani tosati, con questi abiti di vergogna, fare un esame di chimica. E

sarà in tedesco, evidentemente; e dovremo comparire Letteratura italiana Einaudi 107

Primo Levi - Se questo è un uomo davanti a un qualche biondo Ario Doktor sperando che non dovremo soffiarci il naso, perché forse lui non saprà che noi non possediamo fazzoletto, e non si potrà certo spiegarglielo. E avremo addosso la nostra vecchia compagna fame, e stenteremo a stare immobili sulle ginocchia, e lui sentirà certamente questo nostro odore, a cui ora siamo avvezzi, ma che ci perseguitava i primi giorni: l’odore delle rape e dei cavoli crudi cotti e digeriti.

Cosí è, conferma Clausner. Hanno dunque i tedeschi tanto bisogno di chimici? O è un nuovo trucco, una nuova macchina «pour faire chier les Juifs?» Si rendono conto della prova grottesca e assurda che ci viene richiesta, a noi non piú vivi, noi già per metà dementi nella squallida attesa del niente?

Clausner mi mostra il fondo della sua gamella. Là do-ve gli altri incidono il loro numero, e Alberto ed io abbiamo inciso il nostro nome, Clausner ha scritto: «Ne pas chercher à comprendre».

Benché noi ci pensiamo non piú di qualche minuto al giorno, e anche allora in uno strano modo staccato ed esterno, noi sappiamo bene che finiremo in selezione. Io so che non sono della stoffa di quelli che resistono, sono troppo civile, penso ancora troppo, mi consumo al lavoro.

Ed ora so anche che mi salverò se diventerò Specialista, e diventerò Specialista se supererò un esame di chimica.

Oggi, questo vero oggi in cui io sto seduto a un tavolo e scrivo, io stesso non sono convinto che queste cose so-no realmente accadute.

Passarono tre giorni, tre dei soliti immemorabili giorni, cosí lunghi mentre passavano e cosí brevi dopo che erano passati, e già tutti si erano stancati di credere all’esame di chimica

Il Kommando era ridotto a dodici uomini: tre erano scomparsi nel modo consueto di laggiú, forse nella ba-Letteratura italiana Einaudi 108

Are sens