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Add to favorite Se questo è un uomo – Primo Levi

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Nella storia e nella vita pare talvolta di discernere una legge feroce, che suona «a chi ha, sarà dato; a chi non ha, a quello sarà tolto». Nel Lager, dove l’uomo è solo e la lotta per la vita si riduce al suo meccanismo primor-diale, la legge iniqua è apertamente in vigore, è ricono-sciuta da tutti. Con gli adatti, con gli individui forti e astuti, i capi stessi mantengono volentieri contatti, talora quasi camerateschi, perché sperano di poterne trarre forse piú tardi qualche utilità. Ma ai mussulmani, agli uomini in dissolvimento, non vale la pena di rivolgere la parola, poiché già si sa che si lamenterebbero, e raccon-terebbero quello che mangiavano a casa loro. Tanto me-no vale la pena di farsene degli amici, perché non hanno in campo conoscenze illustri, non mangiano niente ex-trarazione, non lavorano in Kommandos vantaggiosi e non conoscono nessun modo segreto di organizzare. E

infine, si sa che sono qui di passaggio, e fra qualche settimana non ne rimarrà che un pugno di cenere in qualche campo non lontano, e su un registro un numero di matricola spuntato. Benché inglobati e trascinati senza requie dalla folla innumerevole dei loro consimili, essi soffrono e si trascinano in una opaca intima solitudine, e in solitudine muoiono o scompaiono, senza lasciar traccia nella memoria di nessuno.

Il risultato di questo spietato processo di selezione naturale si sarebbe potuto leggere nelle statistiche del movimento dei Lager. Ad Auschwitz, nell’anno 1944, dei vecchi prigionieri ebrei (degli altri non diremo qui, ché altre erano le loro condizioni), «kleine Nummer», piccoli numeri inferiori al centocinquantamila, poche centinaia sopravvivevano; nessuno di questi era un co-Letteratura italiana Einaudi

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Primo Levi - Se questo è un uomo mune Häftling, vegetante nei comuni Kommandos e pa-go della normale razione. Restavano solo i medici, i sarti, i ciabattini, i musicisti, i cuochi, i giovani attraenti omosessuali, gli amici o compaesani di qualche autorità del campo; inoltre individui particolarmente spietati, vi-gorosi e inumani, insediatisi (in seguito a investitura da parte del comando delle SS, che in tale scelta dimostra-vano di possedere una satanica conoscenza umana) nelle cariche di Kapo, di Blockältester, o altre; e infine coloro che, pur senza rivestire particolari funzioni, per la loro astuzia ed energia fossero sempre riusciti a organizzare con successo, ottenendo cosí, oltre al vantaggio materiale e alla reputazione, anche indulgenza e stima da parte dei potenti del campo. Chi non sa diventare un Organi-sator, Kombinator, Prominent (truce eloquenza dei termini!) finisce in breve mussulmano. Una terza via esiste nella vita, dove è anzi la norma; non esiste in campo di concentramento.

Soccombere è la cosa piú semplice: basta eseguire tutti gli ordini che si ricevono, non mangiare che la razione, attenersi alla disciplina del lavoro e del campo. L’esperienza ha dimostrato che solo eccezionalmente si può in questo modo durare piú di tre mesi. Tutti i mussulmani che vanno in gas hanno la stessa storia, o, per meglio di-re, non hanno storia; hanno seguito il pendio fino al fondo, naturalmente, come i ruscelli che vanno al mare. Entrati in campo, per loro essenziale incapacità, o per sventura, o per un qualsiasi banale incidente, sono stati sopraffatti prima di aver potuto adeguarsi; sono battuti sul tempo, non cominciano a imparare il tedesco e a discernere qualcosa nell’infernale groviglio di leggi e di di-vieti, che quando il loro corpo è già in sfacelo, e nulla li potrebbe piú salvare dalla selezione o dalla morte per deperimento. La loro vita è breve ma il loro numero è sterminato; sono oro, i Muselmänner, i sommersi, il ner-bo del campo; loro, la massa anonima, continuamente Letteratura italiana Einaudi

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Primo Levi - Se questo è un uomo rinnovata e sempre identica, del non-uomini che marcia-no e faticano in silenzio, spenta in loro la scintilla divina, già troppo vuoti per soffrire veramente. Si esita a chia-marli vivi; si esita a chiamar morte la loro morte, davanti a cui essi non temono perché sono troppo stanchi per comprenderla.

Essi popolano la mia memoria della loro presenza senza volto, e se potessi racchiudere in una immagine tutto il male del nostro tempo, sceglierei questa immagine, che mi è familiare: un uomo scarno, dalla fronte china e dalle spalle curve, sul cui volto e nei cui occhi non si possa leggere traccia di pensiero.

Se i sommersi non hanno storia, e una sola e ampia è la via della perdizione, le vie della salvazione sono invece molte, aspre ed impensate.

La via maestra, come abbiamo accennato, è la Prominenz. «Prominenten» si chiamano i funzionari del campo, a partire dal direttore-Häftling (Lagerältester) ai Kapos, ai cuochi, agli infermieri, alle guardie notturne, fino agli scopini delle baracche e agli Scheissminister e Bade-meister (sovraintendenti alle latrine e alle docce). Piú specialmente interessano qui i prominenti ebrei, poiché, mentre gli altri venivano investiti degli incarichi automaticamente, al loro ingresso in campo, in virtú della loro supremazia naturale, gli ebrei dovevano intrigare e lottare duramente per ottenerli.

I prominenti ebrei costituiscono un triste e notevole fenomeno umano. In loro convergono le sofferenze presenti, passate e ataviche, e la tradizione e l’educazione di ostilità verso lo straniero, per farne mostri di asocialità e di insensibilità.

Essi sono il tipico prodotto della struttura del Lager tedesco: si offra ad alcuni individui in stato di schiavitú una posizione privilegiata, un certo agio e una buona probabilità di sopravvivere, esigendone in cambio il tradimento della naturale solidarietà coi loro compagni, e Letteratura italiana Einaudi

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Primo Levi - Se questo è un uomo certamente vi sarà chi accetterà. Costui sarà sottratto al-la legge comune, e diverrà intangibile; sarà perciò tanto piú odioso e odiato, quanto maggior potere gli sarà stato concesso. Quando gli venga affidato il comando di un manipolo di sventurati, con diritto di vita o di morte su di essi, sarà crudele e tirannico, perché capirà che se non lo fosse abbastanza, un altro, giudicato piú idoneo, su-bentrerebbe al suo posto. Inoltre avverrà che la sua capacità di odio, rimasta inappagata nella direzione degli oppressori, si riverserà, irragionevolmente, sugli oppressi: ed egli si troverà soddisfatto quando avrà scaricato sui suoi sottoposti l’offesa ricevuta dall’alto.

Ci rendiamo conto che tutto questo è lontano dal quadro che ci si usa fare, degli oppressi che si uniscono, se non nel resistere, almeno nel sopportare. Non esclu-diamo che ciò possa avvenire quando l’oppressione non superi un certo limite, o forse quando l’oppressore, per inesperienza o per magnanimità, lo tolleri o lo favorisca.

Ma constatiamo che ai nostri giorni, in tutti i paesi in cui un popolo straniero ha posto piede da invasore, si è stabilita una analoga situazione di rivalità e di odio fra gli assoggettati; e ciò, come molti altri fatti umani, si è potuto cogliere in Lager con particolare cruda evidenza.

Sui prominenti non ebrei c’è meno da dire, benché fossero di gran lunga i piú numerosi (nessuno Häftling «ariano» era privo di una carica, sia pure modesta). Che siano stati stolidi e bestiali è naturale, a chi pensi che per lo piú erano criminali comuni, scelti dalle carceri tedesche in vista appunto del loro impiego come sovrintendenti nei campi per ebrei; e riteniamo che fosse questa una scelta ben accurata, perché ci rifiutiamo di credere che gli squallidi esemplari umani che noi vedemmo all’opera rappresentino un campione medio, non che dei tedeschi in genere, anche soltanto dei detenuti tedeschi in specie.

È piú difficile spiegarsi come in Auschwitz i prominenti politici tedeschi, polacchi e russi, rivaleggiassero in bruta-Letteratura italiana Einaudi

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Primo Levi - Se questo è un uomo lità con i rei comuni. Ma è noto che in Germania la qualifica di reato politico si applicava anche ad atti quali il traffico clandestino, i rapporti illeciti con ebree, i furti a danno di funzionari del Partito. I politici «veri» vivevano e morivano in altri campi, dal nome ormai tristemente fa-moso, in condizioni notoriamente durissime, ma sotto molti aspetti diverse da quelle qui descritte.

Ma oltre ai funzionari propriamente detti, vi è una vasta categoria di prigionieri che, non favoriti inizialmente dal destino, lottano con le sole loro forze per sopravvivere. Bisogna risalire la corrente; dare battaglia ogni giorno e ogni ora alla fatica, alla fame, al freddo, e alla inerzia che ne deriva; resistere ai nemici e non aver pietà per i rivali; aguzzare l’ingegno, indurare la pazienza, tendere la volontà. O anche, strozzare ogni dignità e spe-gnere ogni lume di coscienza, scendere in campo da bruti contro gli altri bruti, lasciarsi guidare dalle inso-spettate forze sotterranee che sorreggono le stirpi e gli individui nei tempi crudeli. Moltissime sono state le vie da noi escogitate e attuate per non morire: tante quanti sono i caratteri umani. Tutte comportano una lotta este-nuante di ciascuno contro tutti, e molte una somma non piccola di aberrazioni e di compromessi. Il sopravvivere senza aver rinunciato a nulla del proprio mondo morale, a meno di potenti e diretti interventi della fortuna, non è stato concesso che a pochissimi individui superiori, della stoffa dei martiri e dei santi.

In quanti modi si possa dunque raggiungere la salvazione, noi cercheremo di dimostrare raccontando le storie di Schepschel, Alfred L., Elias e Henri.

Schepschel vive in Lager da quattro anni. Si è visti morire intorno decine di migliaia di suoi simili, a partire dal pogrom che lo ha cacciato dal suo villaggio in Galizia. Aveva moglie e cinque figli, e un prospero negozio Letteratura italiana Einaudi

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Primo Levi - Se questo è un uomo di sellaio, ma da molto tempo si è disabituato dal pensare a sé altrimenti che come a un sacco che deve essere periodicamente riempito. Schepschel non è molto robusto, né molto coraggioso, né molto malvagio; non è neppure particolarmente astuto, e non ha mai trovato una sistemazione che gli conceda un po’ di respiro, ma è ridotto agli espedienti spiccioli e saltuari, alle «kombi-nacje», come qui si chiamano.

Ogni tanto ruba in Buna una scopa e la rivende al Blockältester; quando riesce a mettere da parte un po’

di capitale-pane, prende in affitto i ferri dal ciabattino del Block, che è suo compaesano, e lavora qualche ora in proprio; sa fabbricare bretelle con filo elettrico in-trecciato; Sigi mi ha detto che nella pausa di mezzogiorno lo ha visto cantare e ballare davanti alla capanna degli operai slovacchi, che lo ricompensano qualche volta con gli avanzi della loro zuppa.

Ciò detto, ci si può sentire portati a pensare a Schepschel con indulgente simpatia, come a un meschino il cui spirito non alberga ormai che umile ed elementare volontà di vita, e che conduce valorosamente la sua piccola lotta per non soccombere. Ma Schepschel non era un’eccezione, e quando l’occasione si presentò, non esitò a far condannare alla fustigazione Moischl, che gli era stato complice in un furto alla cucina, nella speranza, malamente fondata, di acquistarsi merito agli occhi del Blockältester, e di porre la sua candidatura al posto di lavatore delle marmitte.

La storia dell’ingegner Alfred L. dimostra, fra le altre cose, quanto sia vano il mito dell’uguaglianza originale fra gli uomini.

L. dirigeva nel suo paese una importantissima fabbrica di prodotti chimici, e il suo nome era (ed è) noto negli ambienti industriali di tutta Europa. Era un uomo Letteratura italiana Einaudi

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Primo Levi - Se questo è un uomo robusto sulla cinquantina; non so come fosse stato arre-stato, ma in campo era entrato come tutti entravano: nu-do, solo e sconosciuto. Quando io lo conobbi, era molto deperito, ma conservava sul viso i tratti di una energia disciplinata e metodica; in quel tempo, i suoi privilegi si limitavano alla pulitura giornaliera della marmitta degli operai polacchi; questo lavoro, di cui egli aveva ottenuto non so come l’esclusività, gli fruttava mezza gamella di zuppa al giorno. Non bastava certamente questo a soddisfare la sua fame; tuttavia nessuno lo aveva mai udito lamentarsi. Anzi, le poche parole che lasciava cadere erano tali da far pensare a grandiose risorse segrete, a una «organizzazione» solida e fruttuosa Il che trovava conferma nel suo aspetto. L. aveva «una linea»: le mani e il viso sempre perfettamente puliti, aveva la rarissima abnegazione di lavarsi, ogni quindici giorni, la camicia, senza aspettare il cambio bimestrale (facciamo qui notare che lavare la camicia vuol dire trovare il sapone, trovare il tempo, trovare lo spazio nel lavatoio sovraffollato; adattarsi a sorvegliare attentamente, senza distogliere gli occhi un attimo, la camicia bagnata, e in-dossarla, naturalmente ancora bagnata, all’ora del silenzio, in cui si spengono le luci); possedeva un paio di suole di legno per andare alla doccia, e perfino il suo abito a righe era singolarmente adatto alla sua corporatura, pulito e nuovo. L. si era procurato in sostanza tutto l’aspetto del prominente assai prima di diventarlo: poiché solo molto tempo dopo ho saputo che tutta questa ostenta-zione di prosperità, L. se l’era saputa guadagnare con incredibile tenacia, pagando i singoli acquisti e servizi col pane della sua stessa razione, e astringendosi cosí a un regime di privazioni supplementari.

Il suo piano era di lungo respiro, il che è tanto piú notevole, in quanto era stato concepito in un ambiente in cui dominava la mentalità del provvisorio; e L. lo attuò con rigida disciplina interiore, senza pietà per sé, né, a Letteratura italiana Einaudi

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Primo Levi - Se questo è un uomo maggior ragione, per i compagni che gli traversassero il cammino. L. sapeva che fra l’essere stimato potente e il divenire effettivamente tale il passo è breve, e che dovunque, ma particolarmente frammezzo al generale livellamento del Lager, un aspetto rispettabile è la miglior garanzia di essere rispettato. Egli dedicò ogni cura al non essere confuso col gregge: lavorava con impegno ostentato, esortando anche all’occasione i compagni pi-gri, con tono suadente e deprecatorio; evitava la lotta quotidiana per il posto migliore nella coda del rancio, e si adattava a ricevere ogni giorno la prima razione, notoriamente piú liquida, in modo da essere notato dal Blockältester per la sua disciplina. A completare il di-stacco, nei rapporti con i compagni si comportava sempre con la massima cortesia compatibile con il suo egoi-smo, che era assoluto.

Quando fu costituito, come diremo, il Kommando Chimico, L. comprese che la sua ora era giunta: non occorreva altro che il suo abito nitido e il suo viso scarno sí, ma rasato, in mezzo alla mandria dei colleghi sordidi e sciatti, per convincere immediatamente Kapo e Arbeitsdienst che quello era un autentico salvato, un prominente potenziale; per cui (a chi ha, sarà dato) fu senz’altro promosso «specializzato», nominato capotec-nico del Kommando, e assunto dalla Direzione della Bu-na come analista nel laboratorio del reparto Stirolo. Fu in seguito incaricato di esaminare via via i nuovi acquisti del Kommando Chimico, per giudicare della loro abilità professionale: il che egli fece sempre con estremo rigore, specialmente nei riguardi di coloro in cui subodorava possibili futuri competitori.

Ignoro il seguito della sua storia; ma ritengo assai probabile che sia sfuggito alla morte, e viva oggi la sua vita fredda di dominatore risoluto e senza gioia.

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Primo Levi - Se questo è un uomo Elias Lindzin, 141 565, piovve un giorno, inesplica-bilmente, nel Kommando Chimico. Era un nano, non piú alto di un metro e mezzo, ma non ho mai visto una muscolatura come la sua. Quando è nudo, si distingue ogni muscolo lavorare sotto la pelle, potente e mobile come un animale a sé stante; ingrandito senza alterarne le proporzioni, il suo corpo sarebbe un buon modello per un Ercole: ma non bisogna guardare la testa.

Sotto il cuoio capelluto, le suture craniche sporgono smisurate. Il cranio è massiccio, e dà l’impressione di essere di metallo o di pietra; si vede il limite nero dei capelli rasi appena un dito sopra le sopracciglia. Il naso, il mento, la fronte, gli zigomi sono duri e compatti, l’intero viso sembra una testa d’ariete, uno strumento adatto a percuotere. Dalla sua persona emana un senso di vigore bestiale.

Veder lavorare Elias è uno spettacolo sconcertante; i Meister polacchi, i tedeschi stessi talvolta si soffermano ad ammirare Elias all’opera. Pare che a lui nulla sia impossibile. Mentre noi portiamo a stento un sacco di cemento, Elias ne porta due, poi tre, poi quattro, mante-nendoli in equilibrio non si sa come, e mentre cammina fitto fitto sulle gambe corte e tozze, fa smorfie di sotto il carico, ride, impreca, urla e canta senza requie, come se avesse polmoni di bronzo. Elias, nonostante le suole di legno, si arrampica come una scimmia su per le impalcature, e corre sicuro su travi sospese nel vuoto; porta sei mattoni per volta in bilico sul capo; sa farsi un cucchiaio con un pezzo di lamiera, e un coltello con un rottame di acciaio; trova ovunque carta, legna e carbone asciutti e sa accendere in pochi istanti un fuoco anche sotto la pioggia. Sa fare il sarto, il falegname, il ciabattino, il barbiere; sputa a distanze incredibili; canta, con voce di basso non sgradevole, canzoni polacche e yiddisch mai prima sentite; può ingerire sei, otto, dieci litri di zuppa senza vomitare e senza avere diarrea, e riprendere il la-Letteratura italiana Einaudi

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Primo Levi - Se questo è un uomo voro subito dopo. Sa farsi uscire fra le spalle una grossa gobba, e va attorno per la baracca sbilenco e contraffat-to, strillando e declamando incomprensibile, fra la gioia dei potenti del campo. L’ho visto lottare con un polacco piú alto di lui di tutto il capo, e atterrarlo con un colpo del cranio nello stomaco, potente e preciso come una catapulta. Non l’ho mai visto riposare, non l’ho mai visto zitto o fermo, non l’ho mai saputo ferito o ammalato.

Della sua vita di uomo libero, nessuno sa nulla; del resto, rappresentarsi Elias in veste di uomo libero esige un profondo sforzo della fantasia e dell’induzione. Non parla che polacco, e l’yiddisch torvo e deforme di Varsavia; inoltre, è impossibile indurlo a un discorso coerente. Potrebbe avere venti o quarant’anni; di solito dice di averne trentatre, e di avere procreato diciassette figli: il che non è inverosimile. Parla continuamente, degli argomenti piú disparati; sempre con voce tonante, con accento oratorio, con una mimica violenta da dissociato.

Come se sempre si rivolgesse a un folto pubblico: e, co-me è naturale, il pubblico non gli manca mai. Quelli che capiscono il suo linguaggio bevono le sue declamazioni torcendosi dalle risa, gli battono le spalle dure entusia-sti, lo stimolano a proseguire; mentre lui, feroce e ag-grondato, si rigira come una belva entro la cerchia degli ascoltatori, apostrofando ora questo ora quello; a un tratto ghermisce uno per il petto con la sua piccola zap-pa adunca, lo attrae a sé irresistibile, gli vomita sul viso attonito una incomprensibile invettiva, poi lo scaglia indietro come un fuscello, e, fra gli applausi e le risa, le braccia tese al cielo come un piccolo mostro profetante, prosegue nel suo dire furibondo e dissennato.

La sua fama di lavoratore d’eccezione si diffuse assai presto, e, per l’assurda legge del Lager, da allora smise praticamente di lavorare. La sua opera veniva richiesta direttamente dai Meister, per quelli lavori soltanto ove occorressero perizia e vigore particolari.

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Primo Levi - Se questo è un uomo A parte queste prestazioni, sovrintendeva insolente e violento al nostro piatto faticare quotidiano, eclissando-si di frequente per misteriose visite e avventure in chissà quali recessi del cantiere, di dove ritornava con grossi rigonfi nelle tasche e spesso con lo stomaco visibilmente ripieno.

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