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Add to favorite Se questo è un uomo – Primo Levi

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Perciò, non appena il freddo, che per tutto l’inverno ci era parso l’unico nemico, è cessato, noi ci siamo accorti di avere fame: e, ripetendo lo stesso errore, cosí og-gi diciamo: «Se non fosse della fame! ...»

Ma come si potrebbe pensare di non aver fame? il Lager è la fame: noi stessi siamo la fame, fame vivente.

Al di là della strada lavora una draga. La benna, so-spesa ai cavi, spalanca le mascelle dentate, si libra un attimo come esitante nella scelta, poi si avventa alla terra argillosa e morbida, e azzanna vorace, mentre dalla cabi-na di comando sale uno sbuffo soddisfatto di fumo bianco e denso. Poi si rialza, fa un mezzo giro, vomita a tergo il boccone di cui è grave, e ricomincia.

Appoggiati alle nostre pale, noi stiamo a guardare af-fascinati. A ogni morso della benna, le bocche si soc-chiudono, i pomi d’Adamo danzano in su e poi in giú, miseramente visibili sotto la pelle floscia. Non riusciamo a svincolarci dallo spettacolo del pasto della draga.

Sigi ha diciassette anni, ed ha piú fame di tutti quantunque riceva ogni sera un po’ di zuppa da un suo pro-tettore, verosimilmente non disinteressato. Aveva co-Letteratura italiana Einaudi

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Primo Levi - Se questo è un uomo minciato col parlare della sua casa di Vienna e di sua madre, ma poi è scivolato nel tema della cucina e ora racconta senza fine di non so che pranzo nuziale, e ricorda. con genuino rimpianto, di non aver finito il terzo piatto di zuppa di fagioli. E tutti lo fanno tacere, e non passano dieci minuti, che Béla ci descrive la sua campagna ungherese, e i campi di granoturco, e una ricetta per fare la polenta dolce, con la meliga tostata, e il lardo, e le spezie, e... e viene maledetto, insultato, e comincia un terzo a raccontare...

Come è debole la nostra carne! Io mi rendo conto ap-pieno di quanto siano vane queste fantasie di fame, ma non mi posso sottrarre alla legge comune, e mi danza davanti agli occhi la pasta asciutta che avevamo appena cucinata, Vanda, Luciana, Franco ed io, in Italia al campo di smistamento, quando ci è giunta a un tratto la notizia che all’indomani saremmo partiti per venire qui; e stavamo mangiandola (era cosí buona, gialla, solida) e abbiamo smesso, noi sciocchi, noi insensati: se avessimo saputo! E se ci dovesse succedere un’altra volta... Assurdo; se una cosa è certa al mondo, è bene questa: che non ci succederà un’altra volta.

Pischer, l’ultimo arrivato, cava di tasca un involto, confezionato con la minuzia degli ungheresi, e dentro c’è mezza razione di pane: la metà del pane di stamattina. È

ben noto che solo i Grossi Numeri conservano in tasca il loro pane; nessuno di noi anziani è in grado di serbare il pane per un’ora. Varie teorie circolano per giustificare questa nostra incapacità: il pane mangiato a poco per volta non si assimila del tutto; la tensione nervosa necessaria per conservare il pane, avendo fame, senza intaccar-lo, è nociva e debilitante in alto grado; il pane che divie-ne raffermo perde rapidamente il suo valore alimentare, per cui, quanto prima viene ingerito, tanto piú risulta nu-triente; Alberto dice che la fame e il pane in tasca sono addendi di segno contrario, che si elidono automatica-Letteratura italiana Einaudi

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Primo Levi - Se questo è un uomo mente a vicenda e non possono coesistere nello stesso individuo; i piú, infine, affermano giustamente che lo stomaco è la cassaforte piú sicura contro i furti e le estorsio-ni. – Moi, on m’a jamais volé mon pain! – ringhia David battendosi lo stomaco concavo: ma non può distrarre gli occhi da Fischer che mastica lento e metodico, dal «fortunato» che possiede ancora mezza razione alle dieci del mattino: – ... sacré veinard, va!

Ma non soltanto a causa del sole oggi è giorno di gioia: a mezzogiorno una sorpresa ci attende. Oltre al rancio normale del mattino, troviamo nella baracca una meravigliosa marmitta da cinquanta litri, di quelle della Cucina di Fabbrica, quasi piena. Templer ci guarda trionfante: questa «organizzazione» è opera sua.

Templer è l’organizzatore ufficiale del nostro Kommando: ha per la zuppa dei Civili una sensibilità squisi-ta, come le api per i fiori. Il nostro Kapo, che non è un cattivo Kapo, gli lascia mano libera, e con ragione: Templer parte seguendo piste impercettibili, come un segu-gio, e ritorna con la preziosa notizia che gli operai polacchi del Metanolo, a due chilometri di qui, hanno avanzato quaranta litri di zuppa perché sapeva di ranci-do, o che un vagone di rape sta incustodito sul binario morto della Cucina di Fabbrica Oggi i litri sono cinquanta, e noi siamo quindici, Ka-po e Verarbeiter compresi. Sono tre litri a testa; uno lo avremo a mezzogiorno, oltre al rancio normale, e per gli altri due, andremo a turno nel pomeriggio alla baracca, e ci saranno eccezionalmente concessi cinque minuti di sospensione del lavoro per fare il pieno.

Che si potrebbe desiderare di piú? Anche il lavoro ci pare leggero, con la prospettiva dei due litri densi e caldi che ci attendono nella baracca. Periodicamente viene il Kapo fra noi, e chiama: – Wer hat noch zu fressen?

Questo non già per derisione o per scherno, ma perché realmente questo nostro mangiare in piedi, furiosa-Letteratura italiana Einaudi

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Primo Levi - Se questo è un uomo mente, scottandoci la bocca e la gola, senza il tempo di respirare, è «fressen», il mangiare delle bestie, e non certo «essen», il mangiare degli uomini, seduti davanti a un tavolo, religiosamente. «Fressen» è il vocabolo proprio, quello comunemente usato fra noi.

Meister Nogalla assiste, e chiude un occhio sul nostro assentarci dal lavoro. Anche Meister Nogalla ha l’aria di aver fame, e se non fosse delle convenienze sociali, forse non rifiuterebbe un litro della nostra broda calda.

Viene il turno di Templer, a cui, con plebiscitario consenso, sono stati destinati cinque litri, prelevati dal fondo della marmitta. Ché Templer, oltre a essere un buon organizzatore, è un eccezionale mangiatore di zuppa, e, cosa unica, è in grado di svuotare l’intestino, vo-lontariamente e preventivamente, in vista di un pasto voluminoso: il che contribuisce alla sua capacità gastrica stupefacente.

Di questo suo dono egli va giustamente fiero, e tutti, anche Meister Nogalla, ne sono a conoscenza. Accompagnato dalla gratitudine di tutti, il benefattore Templer si chiude pochi istanti nella latrina, esce radioso e pronto, e si avvia, fra la generale benevolenza, a godere il frutto della sua opera:

– Nu, Templer, hast du Platz genug für die Suppe ge-macht?

Al tramonto, suona la sirena del Feierabend, della fi-ne del lavoro; e poiché siamo tutti, almeno per qualche ora, sazi, cosí non sorgono litigi, ci sentiamo buoni, il Kapo non si induce a picchiarci, e siamo capaci di pensare alle nostre madri e alle nostre mogli, il che di solito non accade. Per qualche ora, possiamo essere infelici al-la maniera degli uomini liberi.

Letteratura italiana Einaudi

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Primo Levi - Se questo è un uomo AL DI QUA DEL BENE E DEL MALE

Avevamo una incorreggibile tendenza a vedere in ogni avvenimento un simbolo e un segno. Da ormai settanta giorni si faceva attendere il Wäschetauschen, che è la cerimonia del cambio della biancheria, e già circolava insistente la voce che mancava biancheria di ricambio perché, a causa dell’avanzare del fronte, era preclusa ai tedeschi la possibilità di fare affluire ad Auschwitz nuovi trasporti, e «perciò» la liberazione era prossima; e pa-rallelamente, la interpretazione opposta, che il ritardo nel cambio era segno sicuro di una prossima integrale li-quidazione del campo. Invece il cambio venne, e, come al solito, la direzione del Lager pose ogni cura perché avvenisse improvvisamente, e ad un tempo in tutte le baracche.

Bisogna sapere infatti che in Lager la stoffa manca, ed è preziosa; e che l’unico modo che noi abbiamo di procurarci uno straccio per nettarci il naso, o una pezza da piedi, è appunto quello di tagliare un lembo di camicia al momento del cambio. Se la camicia ha le maniche lunghe, si tagliano le maniche; se no, ci si accontenta di un rettangolo dal fondo, o si scuce una delle numerose rap-pezzature. In ogni caso, occorre un certo tempo per procurarsi ago e filo, e per eseguire l’operazione con qualche arte, in modo che il guasto non sia troppo evidente all’atto della consegna. La biancheria sporca e lacera passa alla rinfusa alla Sartoria del campo, dove viene sommariamente rappezzata, indi alla disinfezione a vapore (non al lavaggio!) e viene poi ridistribuita; da ciò, per salvaguardare la biancheria usata dalle accenna-te mutilazioni, la necessità di fare avvenire i cambi nel modo piú improvviso.

Ma, sempre come al solito, non si è potuto evitare che qualche sguardo sagace penetrasse sotto il telone del Letteratura italiana Einaudi

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Primo Levi - Se questo è un uomo carro che usciva dalla disinfezione, in modo che in pochi minuti il campo ha saputo dell’imminenza di un Wäschetauschen, e per giunta, che questa volta si trattava di camicie nuove, provenienti da un trasporto di ungheresi arrivato tre giorni fa.

La notizia ha avuto immediata risonanza. Tutti i de-tentori abusivi di seconde camicie, rubate od organizza-te, o magari onestamente comperate con pane per ripa-rarsi dal freddo o per investire capitale in un momento di prosperità, si sono precipitati alla Borsa, sperando di arrivare in tempo a riscambiare con generi di consumo la loro camicia di riserva prima che l’ondata delle camicie nuove, o la certezza del loro arrivo, svalutassero irre-parabilmente il prezzo dell’articolo.

La Borsa è attivissima sempre. Benché ogni scambio (anzi, ogni forma di possesso) sia esplicitamente proibito, e benché frequenti rastrellamenti di Kapos o Blockälteste travolgano a intervalli in un’unica fuga mercanti, clienti e curiosi, tuttavia, nell’angolo nord-est del Lager (significativamente, l’angolo piú lontano dalle baracche delle SS), non appena le squadre sono rientrate dal lavoro, siede in permanenza un assembramento tumultuoso, all’aperto d’estate, dentro un lavatoio d’inverno.

Qui si aggirano a decine, colle labbra socchiuse e gli occhi rilucenti, i disperati della fame, che un istinto fal-lace spinge colà dove le mercanzie esibite rendono piú acre il rodimento dello stomaco e piú assidua la saliva-zione. Sono muniti, nel migliore dei casi, della misera mezza razione di pane che, con sforzo doloroso, hanno risparmiato fin dal mattino, nella speranza insensata che si presenti l’occasione di un baratto vantaggioso con qualche ingenuo, ignaro delle quotazioni del momento.

Alcuni di questi, con selvaggia pazienza, acquistano colla mezza razione un litro di zuppa, che, appartatisi, sot-topongono alla metodica estrazione dei pochi pezzi di patata giacenti sul fondo; ciò fatto, la riscambiano con Letteratura italiana Einaudi

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Primo Levi - Se questo è un uomo pane, e il pane con un nuovo litro da denaturare, e questo fino a esaurimento dei nervi, o fino a che qualche danneggiato, coltili sul fatto, non infligga loro una severa lezione, esponendoli alla derisione pubblica. Alla stessa specie appartengono coloro che vengono in Borsa a vendere la loro unica camicia; essi ben sanno quello che accadrà, alla prossima occasione, quando il Kapo constaterà che sono nudi sotto la giacca. Il Kapo chie-derà loro che cosa hanno fatto della camicia; è una pura domanda retorica, una formalità utile soltanto per entrare in argomento. Loro risponderanno che la camicia è stata rubata nel lavatoio; anche questa risposta è di prammatica, e non pretende di essere creduta; infatti anche le pietre del Lager sanno che, novantanove volte su cento, chi non ha camicia se la è venduta per fame, e che del resto della propria camicia si è responsabili, perché essa appartiene al Lager. Allora il Kapo li percuo-terà, verrà loro assegnata un’altra camicia, e presto o tardi ricominceranno.

Ciascuno nel suo angolo consueto, stazionano in Borsa i mercanti di professione; primi fra questi i greci, immobili e silenziosi come sfingi, accovacciati a terra dietro alle gamelle di zuppa densa, frutto del loro lavoro, delle loro combinazioni e della loro solidarietà nazionale. I greci sono ormai ridotti a pochissimi, ma hanno portato un contributo di prim’ordine alla fisionomia del campo, ed al gergo internazionale che vi circola. Tutti sanno che «caravana» è la gamella, e che «la comedera es buena» vuol dire che la zuppa è buona; il vocabolo che esprime l’idea generica di furto è «klepsi-klepsi», di evidente origine greca. Questi pochi superstiti della co-lonia ebraica di Salonicco, dal duplice linguaggio, spagnolo ed ellenico, e dalle molteplici attività, sono i depo-sitari di una concreta, terrena, consapevole saggezza in cui confluiscono le tradizioni di tutte le civiltà mediter-ranee. Che questa saggezza si risolva in campo con la Letteratura italiana Einaudi

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Primo Levi - Se questo è un uomo pratica sistematica e scientifica del furto e dell’assalto al-le cariche, e con il monopolio della Borsa dei baratti, non deve far dimenticare che la loro ripugnanza dalla brutalità gratuita, la loro stupefacente coscienza del sussistere di una almeno potenziale dignità umana, facevano dei greci in Lager il nucleo nazionale piú coerente, e, sotto questi aspetti, piú civile.

Puoi trovare in Borsa gli specializzati in furti alla cucina, con le giacche sollevate da misteriosi rigonfi. Mentre per la zuppa esiste un prezzo pressoché stabile (mezza razione di pane per un litro), la quotazione delle rape, carote, patate è estremamente capricciosa, e dipende fortemente, fra altri fattori, anche dalla diligenza e dalla corruttibilità dei guardiani di turno ai magazzini.

Si vende il Mahorca: il Mahorca è un tabacco di scar-to, in forma di schegge legnose, il quale è ufficialmente in vendita alla Kantine, in pacchetti da cinquanta gram-mi, contro versamento dei «buoni-premio» che la Buna dovrebbe distribuire ai migliori lavoratori. Tale distribuzione avviene irregolarmente, con grande parsimonia e palese iniquità, in modo che la massima parte dei buoni finiscono, direttamente o per abuso di autorità, nelle mani dei Kapos e dei prominenti; tuttavia i buoni-premio della Buna circolano sul mercato del Lager in funzione di moneta, e il loro valore è variabile in stretta ob-bedienza alle leggi dell’economia classica.

Ci sono stati periodi in cui per il buono-premio si è pagata una razione di pane, poi una e un quarto, anche una e un terzo; un giorno è stato quotato una razione e mezza, ma poi è venuto meno il rifornimento di Mahorca alla Kantine, e allora, mancando la copertura, la moneta è precipitata di colpo a un quarto di razione. È successo un altro periodo di rialzo dovuto a una singolare ragione: il cambio della guardia al Frauenblock, con arrivo di un contingente di robuste ragazze polacche. Infatti, poiché il buono-premio è valido (per i criminali e i Letteratura italiana Einaudi

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Primo Levi - Se questo è un uomo politici: non per gli ebrei, i quali d’altronde non soffrono della limitazione) per un ingresso al Frauenblock, gli interessati ne hanno fatta attiva e rapida incetta: donde la rivalutazione, che per altro non ebbe lunga durata.

Fra i comuni Häftlinge, non sono molti quelli che ri-cercano il Mahorca per fumarlo personalmente; per lo piú, esso esce dal campo, e finisce ai lavoratori civili della Buna. È questo uno schema di «kombinacja» assai diffuso: lo Häftling, economizzata in qualche modo una razione di pane, la investe in Mahorca; si mette cautamente in contatto con un «amatore» civile, che acquista il Mahorca effettuando il pagamento a contanti, con una dose di pane superiore a quella inizialmente stanziata.

Lo Häftling si mangia il margine di guadagno, e rimette in ciclo la razione che avanza. Speculazioni di questo genere stabiliscono un legame fra l’economia interna del Lager e la vita economica del mondo esterno: quando è venuta accidentalmente a mancare la distribuzione del tabacco alla popolazione civile di Cracovia, il fatto, su-perando la barriera di filo spinato che ci segrega dal consorzio umano, ha avuto immediata ripercussione in campo, provocando un netto rialzo della quotazione del Mahorca, e quindi del buono-premio.

Il caso sopra delineato non è che il piú schematico: un altro già piú complesso è il seguente. Lo Häftling acquista mediante Mahorca o pane, o magari ottiene in dono, da un civile, un qualunque abominevole, lacero, sporco cencio di camicia, il quale sia però tuttora provvisto di tre fori adatti a passarvi bene o male le braccia e 1l capo.

Purché non porti che segni di usura, e non di mutilazioni artificiosamente fatte, un tale oggetto, all’atto del Wäschetauschen, è valido come camicia, e dà diritto al cambio; tutt’al piú colui che lo esibisce potrà ricevere un’adeguata dose di colpi per aver posto cosí poca cura nel conservare gli indumenti di ordinanza.

Perciò, all’interno del Lager, non v’è grande differen-Letteratura italiana Einaudi

Are sens