picciòli delle ciliege e mettendole nel tricorno posato sulle ginocchia, chi videro? Il ragazzo con le ghette! - Ehi, di dove arrivi? - gli chiesero, arroganti. Ma c’erano restati male perché pareva proprio che fosse venuto lì volando.
Mio fratello ora prendeva a una a una le ciliege dal tricorno e le portava alla bocca come fossero canditi. Poi soffiava via i noccioli con uno sbuffo delle labbra, attento che non gli macchiassero il panciotto.
- Questo mangiagelati, - disse uno, - cosa avanza da noi? Perché ci viene tra i piedi? Perché non si mangia quelle del suo giardino, di ciliege? - Ma erano un po’ intimiditi, perché avevano capito che sugli alberi era più in gamba lui di tutti loro.
- Tra questi mangiagelati, - disse un altro, - ogni tanto ne nasce per sbaglio uno più in gamba: vedi la Sinforosa...
A questo nome misterioso, Cosimo tese l’orecchio e, non sapeva nemmeno lui perché, arrossì.
- La Sinforosa ci ha tradito! - disse un altro.
- Ma era in gamba, per essere una mangiagelati pure lei, e se ci fosse stata ancora lei a suonare il corno stamane non ci avrebbero preso.
- Può stare con noi anche un mangiagelati, si capisce, se vuole 1
essere dei nostri!
(Cosimo capì che mangiagelati voleva dire abitante delle ville, o nobile, o comunque persona altolocata).
- Senti tu, - gli disse uno, - patti chiari: se vuoi essere con noi, le battute le fai con noi e ci insegni tutti i passi che sai.
- E ci lasci entrare nel frutteto di tuo padre! - disse un altro. - A me una volta mi ci hanno sparato col sale!
Cosimo li stava a sentire, ma come assorto in un suo pensiero. Poi fece: - Ma ditemi, chi è la Sinforosa?
Allora tutti quegli straccioncelli tra le fronde scoppiarono a ridere, a ridere, tanto che qualcuno per poco non cadeva dal ciliegio, e qualcuno si buttava indietro tenendosi con le gambe al ramo, e qualcuno si lasciava penzolare appeso per le mani, sempre sghignazzando e urlando.
Con quel chiasso, si capisce, riebbero gli inseguitori alle calcagna.
Anzi doveva esser proprio lì, la squadra di quelli coi cani, perché si levò un alto abbaio e rieccoli lì tutti con le forche. Solo che questa volta, fatti esperti dallo scacco subito, per prima cosa occuparono gli alberi intorno salendoci con scale a pioli, e di là coi tridenti e i rastrelli li circondavano. A terra, i cani, in quel diramare di uomini su per le 1
piante, non capirono subito da che parte aizzarsi e restarono un po’
sparpagliati ad abbaiare a muso all’aria. Così i ladruncoli poterono buttarsi svelti a terra, correre via ognuno da una parte, in mezzo ai cani disorientati, e se qualcuno di loro prese un morso in un polpaccio o una bastonata o una pietrata, i più sgombrarono sani il campo.
Sull’albero restò Cosimo. - Scendi! - gli gridavano gli altri salvandosi. - Che fai? Dormi? Salta a terra finché la via è sgombra! -
Ma lui, stretto coi ginocchi al ramo, sguainò lo spadino. Dagli alberi vicini, gli agricoltori sporgevano le forche legate in cima a bastoni per arrivarlo, e Cosimo, mulinando lo spadino, le teneva lontane, finché non glie ne puntarono una in pieno petto inchiodandolo al tronco.
- Ferma! - gridò una voce. - È il Baroncino di Piovasco! Cosa fa, signorino, costassù? Come mai s’è mischiato con quella marmaglia?
Cosimo riconobbe Giuà della Vasca, un manente di nostro padre.
Le forche si ritirarono. Molti della squadra si tolsero il cappello.
Anche mio fratello sollevò con due dita il tricorno dal capo e s’inchinò.
- Ehi, voi di giù, legate i cani! - gridarono quelli. - Fatelo scendere!
Può scendere, signorino, ma stia attento che l’albero è alto! Aspetti, le mettiamo una scala! Poi la riaccompagno a casa io!
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- No, grazie, grazie - disse mio fratello. - Non v’incomodate, so la mia strada, so la mia strada da me!
Sparì dietro il tronco e riapparve su un altro ramo, girò ancora dietro il tronco e riapparve un ramo più su, risparì dietro il tronco ancora e se ne videro solamente i piedi su un ramo più alto, perché sopra c’erano fitte fronde, e i piedi saltarono, e non si vide più niente.
- Dov’è andato? - si dicevano gli uomini, e non sapevano dove guardare, su o giù.
- Eccolo! - Era in cima a un altro albero, distante, e risparì.
- Eccolo! - Era in cima a un altro ancora, ondeggiava come portato dal vento, e fece un salto.
- È caduto! No! È là! - Se ne vedeva, sopra lo svettare del verde, solo il tricorno ed il codino.
- Ma che padrone ci hai? - chiesero quelli a Giuà della Vasca. - È
uomo o animale selvatico? O è il diavolo in persona?
Giuà della Vasca era restato senza parola. Si segnò.
S’udì il canto di Cosimo, una specie di grido solfeggiato.
- O la Sin-fo-ro-saaa...!
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