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Egli in realtà non aveva una gran provvista di fiato, e faceva impressione vederlo ridere. Quando fu di nuovo in condizione di rispondere, lo ringraziai per l’offerta del rinfresco che rifiutai, perché avevo desinato allora allora; e, aggiungendo che avrei aspettato, giacché era così gentile da permettermelo, il ritorno della figliola e del genero, gli domandai come stesse l’Emilietta.

– Bene, signore –, disse Omer, togliendosi di bocca la pipa, per potersi stropicciare il mento. – Vi dico la verità, sarò contento quando la vedrò maritata.

– Perché?

– Perché ora è distratta – disse Omer. – Non che non sia bella come prima, perché è più bella... vi assicuro 780

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che è più bella. Non che non lavori bene come sempre, perché lavora bene. Valeva sei persone e ne vale ancora sei. Ma le manca la fibra. Se voi comprendeste – disse Omer, dopo essersi stropicciato un’altra volta il mento e aver fumato un poco – ciò che intendo in maniera generale con l’espressione: «Tirate, tirate più forte, più forte ancora, bravi!», vi direi che è questo appunto in maniera generale ciò che manca all’Emilia.

Il viso e il tono di Omer erano così espressivi, che potei coscienziosamente accennar di sì con la testa, per dir che lo comprendevo. La rapidità del mio comprendonio parve riuscirgli gradita, ed egli continuò:

– E la ragione si è, credo, principalmente in questa sua condizione d’incertezza, vedete. Ne abbiamo parlato molto, io e lo zio, io e il suo fidanzato, dopo il lavoro; e credo che la ragione principalmente sia in questa sua condizione d’incertezza. Dobbiamo sempre tener presente che l’Emilia – disse Omer, scotendo dolcemente il capo – è una creatura straordinariamente affezionata. Il proverbio dice che non si può fare una borsa di seta con l’orecchio di un asino. Bene, veramente non so. Credo che si possa, se si comincia di buon’ora. Essa ha fatto di quel vecchio battello una casa che la pietra e il marmo non saprebbero fare.

– Lo credo perfettamente – dissi.

– Vedere come quella bella creatura s’attacca a suo zio –

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disse Omer; – vedere come si stringe a lui sempre più forte, sempre più accosto, è assistere a uno spettacolo.

Ora, sapete, in un caso simile v’è certamente una lotta.

E perché dovrebbe essere più lunga del necessario?

Ascoltavo attentamente il buon vecchio, e assenti-vo, con tutto il cuore, a ciò che diceva. .

– Perciò, dissi – continuò Omer, in tono semplice e bonario – questo. Dissi: «Non considerate ora l’Emilia inchiodata per il fatto del suo impegno. Fate come v’aggrada. Il suo lavoro m’ha reso più di quanto m’a-spettassi; ed essa ha imparato più rapidamente di quanto si potesse sperare; Omer e Joram possono passare un tratto di penna sul tempo che le rimane; ed ella sarà libera quando vorrete. Se a lei piacerà, dopo, di trattare per far qualche cosetta a casa per noi, bene. Se non vorrà, non importa. A ogni modo, noi non perdiamo nulla». Perché... vedete – disse Omer, toccandomi con la pipa – non è verosimile che un uomo senza fiato come me, e nonno per giunta, si metta a fare il pun-tiglioso con un bocciuolo dagli occhi azzurri come lei.

– Certo, non è verosimile – dissi.

– Certo, avete ragione! – disse Omer. – Bene, signore! Suo cugino... sapete che deve sposare il cugino.

– Oh, sì! – risposi. – Lo conosco.

– Naturalmente lo conoscete. – disse Omer. – Bene, signore! Suo cugino che, come sembra, è in buone 782

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condizioni, e guadagna bene, mi ringraziò per questo con molta cordialità (comportandosi in un modo che mi fa pensar molto bene di lui) e appigionò una bella casetta che non si potrebbe desiderare migliore. La casetta è ora arredata, tutta quanta, dal tetto in giù, e pulita ed elegante come il salotto d’una bambola; e già essi sarebbero stati a quest’ora marito e moglie, se la malattia di Barkis, povero diavolo, non avesse preso una cattiva piega. Allo stato delle cose, c’è un rinvio.

– Ed Emilia, signor Omer? – io chiesi. – È diventata più calma.

– Ah, ma questo, sapete – egli rispose, stropicciandosi di nuovo il mento – non si poteva sperare! La prospettiva del mutamento e della separazione è, si può dire, vicina e lontana, nello stesso tempo. La morte di Barkis non ritarderebbe molto le cose; ma le ritarderebbe se andasse per le lunghe. A ogni modo, come vedete, è uno stato di cose molto incerto.

– Vedo – dissi.

– Per conseguenza – proseguì Omer – Emilia è sempre un po’ abbattuta e un po’ agitata; forse, dopo tutto, lo è più che mai. Ogni giorno sembra attaccarsi più tenacemente allo zio, e più riluttante a separarsi da tutti noi. Se le dico una parola gentile, la vedo subito con le lagrime agli occhi; e se voi la vedeste con la piccina di mia figlia Minnie, non la dimentichereste mai più. È, incredibile –

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disse Omer meditabondo – come vuol bene a quella bambina!

L’occasione mi parve favorevole per domandare ad Omer, prima che la nostra conversazione potesse essere interrotta dal ritorno di sua figlia e del genero, se sapesse nulla di Marta.

– Ah! – egli soggiunse, scotendo il capo, con tono d’abbattimento. – Niente di buono. Una storia dolorosa, signore, comunque si voglia considerarla. Io non ho mai creduto che quella ragazza fosse depravata. Non lo direi innanzi a mia figlia Minnie... perché si ribellerebbe immediatamente... ma non l’ho mai creduto. Nessuno di noi l’ha mai creduto.

Omer, sentendo il passo di sua figlia prima che lo udissi io, mi toccò con la pipa, e chiuse un occhio in segno di avvertimento. Ella e il marito entrarono immediatamente dopo.

Le loro notizie furono che Barkis, «peggio di così non poteva stare», che aveva perduto i sensi; e che il signor Chillip aveva tristemente detto nella cucina, mentre essi uscivano, che la Corporazione dei medici, la Corporazione dei chirurghi e tutto l’Ordine dei farmacisti, messi tutti in mazzo, non avrebbero potuto arrecargli giovamento di sorta. I chirurghi e i medici non potevano assolutamente più nulla, e l’Ordine dei farmacisti poteva solo avvelenarlo.

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Sentendo questo, e apprendendo che il signor Peggotty era in casa di Barkis, deliberai d’andarvi subito. Dissi buona sera ad Omer e ai signori Joram, e m’avviai, con un sentimento solenne che mi trasformava Barkis in un essere nuovo e diverso.

Picchiai piano alla porta, e mi venne ad aprire il pescatore Peggotty.

Come se fossi atteso, non si meravigliò di vedermi. Notai che anche Peggotty, quando venne da basso, si comportò allo stesso modo: di poi m’è occorso di veder la stessa cosa; e credo che nell’attesa di quella tremenda sorpresa, ogni altra persona e ogni altro mutamento non significhino più nulla.

Strinsi la mano al pescatore Peggotty, ed entrai nella cucina, mentre egli chiudeva pianamente la porta. L’Emilietta sedeva accanto al fuoco, con le mani innanzi al viso. Cam era in piedi al suo fianco.

Parlammo, sottovoce, fermandoci di tanto in tanto per sentire se si avvertisse qualche rumore nella camera di sopra. Non ci avevo pensato nell’occasione della mia ultima visita; ma come mi sembrava strano ora non vedere Barkis in cucina!

– Siete stato molto gentile, signorino Davy – disse il pescatore Peggotty.

– Oh, sì, molto gentile! – disse Cam.

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