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carezza era come la sua – al mio braccio; e mi sentii così consolato e incoraggiato, che non potei non portar-mela alle labbra, e baciarla con gratitudine.

– Sedetevi – disse lietamente Agnese. – Non vi desolate, Trotwood. Se non avete fiducia in me, in chi avrete fiducia?

– Ah, Agnese! – risposi. – Voi siete il mio buon angelo.

Ella sorrise con un po’ di mestizia, mi parve, e scosse il capo.

– Sì, Agnese, il mio buon angelo. Sempre il mio buon angelo.

– Se davvero lo fossi, Trotwood, – ella rispose, – v’è una cosa alla quale terrei moltissimo.

La guardai con una domanda negli occhi; ma già con una prescienza di quello che intendeva.

– A mettervi in guardia – disse Agnese, con uno sguardo fermo, – contro il vostro cattivo angelo.

– Mia cara Agnese, – cominciai, – se volete alludere a Steerforth...

– Sì, Trotwood, – ella rispose.

– Allora, Agnese, voi gli fate un gran torto. Lui, il mio cattivo angelo, o di chicchessia! Lui, che m’è guida, sostegno e amico! Mia cara Agnese! Ora, è ingiusto 650

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e indegno di voi giudicarlo da ciò che avete visto di me l’altra sera.

– Non da ciò che ho visto di voi l’altra sera lo giudico.

– Da che, allora?

– Da molte cose... inezie in sé stesse, ma che assumono qualche importanza nel loro insieme. Lo giudico in parte da ciò che voi m’avete detto di lui, dal vostro carattere, dall’influenza ch’egli ha su di voi.

Vi era sempre qualche cosa nella sua voce tranquilla che sembrava toccasse entro di me una corda che rispondeva solo a quel suono. La sua era una voce sempre seria; ma quando era specialmente seria, come allora, aveva un accento che mi soggiogava. Mentre teneva gli occhi abbassati sul suo lavoro, io la contemplavo come in atto d’ascoltarla; e Steerforth, nonostante tutta l’affezione che gli portavo, in quell’attimo s’abbuiò.

– È molto audace da parte mia – disse Agnese, levando di nuovo gli occhi, – darvi un parere con tanta sicurezza, anzi adottare un’opinione così recisa. So che son vissuta sempre appartata, e conosco pochissimo il mondo. Ma so da che è dettata, Trotwood: dal tenero ricordo dei nostri anni di convivenza; da una tenera sollecitudine per tutto ciò che vi riguarda. Perciò sono audace. E son sicura che ciò che dico è vero. Ne sono assolutamente certa. Mi sembra che vi parli un altro e non io, quando 651

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vi dico che vi siete fatto un amico pericoloso.

Di nuovo la guardai, di nuovo stetti ad ascoltarla nel suo silenzio, e di nuovo la immagine di Steerforth, benché saldissima nel cuor mio, s’abbuiò.

– Non sono così irragionevole da sperare – disse Agnese, tornando, dopo un poco, al suo solito tono, –

che voi vogliate o possiate, subito, mutare un sentimento che è divenuto in voi una perfetta convinzione; tanto meno un sentimento che è radicato nella vostra indole fiduciosa. E neanche vorrei che lo faceste con leggerezza. Solo vi chiedo, Trotwood, se mai pensate a me... voglio dire, – aggiunse con un tranquillo sorriso, perché stavo per interromperla – di meditare su ciò che vi ho detto. E ora mi perdonerete?

– Io vi perdonerò, Agnese, – risposi, – quando renderete giustizia a Steerforth, e gli vorrete il bene che gli voglio io.

– Non prima d’allora? – disse Agnese.

Vidi un’ombra passarle sul viso quando accennai a lui, ma mi ricambiò il mio sorriso, e di nuovo conversammo senza riserva, reciprocamente fiduciosi, come in antico.

– E quando, Agnese, – dissi, – mi perdonerete il trascorso dell’altra sera?

– Tutte le volte che ci penserò – disse Agnese.

Ella avrebbe fatto cadere quel soggetto, ma io n’ero 652

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troppo pieno per permetterglielo, e insistei narrandole come mi fossi tirato addosso quella vergogna, e passando in rassegna la catena delle circostanze che avevano avuto il teatro per anello finale. E questo mi fu di gran sollievo, come pure il diffondermi sulla riconoscenza che dovevo a Steerforth per avermi assistito amorevol-mente, quando non ero stato più in grado di badare a me stesso.

– Non dovete dimenticare – disse Agnese, cambiando tranquillamente discorso, appena ebbi finito, – che dovete raccontarmi sempre non soltanto tutti i vostri affanni, ma tutti i vostri ardori d’innamorato. Quale donna è succeduta alla signorina Larkins, Trotwood?

– Nessuna, Agnese.

– Qualcuna, Trotwood, – disse Agnese, ridendo, e sollevando l’indice.

– No, Agnese, in parola d’onore. Ecco, c’è una signorina, in casa della signora Steerforth, che ha molta finezza, con la quale mi piace di discorrere... la signorina Dartle.:. ma non l’adoro.

Agnese rise, lieta della sua penetrazione, e mi disse che se io le avessi confidato fedelmente tutto, avrebbe potuto tenermi un piccolo registro delle mie violente accen-sioni, con la data, la durata e il termine di ciascuna, come il quaderno dei regni dei re e delle regine nella storia d’Inghilterra. Poi mi domandò se avessi veduto 653

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