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Charles Dickens

David Copperfield

donna abbondante – o che portava una veste abbondante: non saprei dire esattamente se fosse lei o l’abbigliamento, perché non distinguevo tra l’abbigliamento e lei, entrò a vele spiegate. Avevo un vago ricordo di averla vista a teatro, come se l’avessi scorta in una pallida pro-iezione di lanterna magica; ma ella mostrò subito di ricordarsi perfettamente di me, e di sospettare che fossi ancora in istato di perfetta ebbrezza.

Ma scoprendo gradatamente che non avevo bevuto, e che ero (voglio sperare) un giovane a modo, la signora Waterbrook si rammorbidì sensibilmente a mio riguardo, domandandomi, prima di tutto, se andassi a passeggiar spesso nei parchi, e, secondo, se frequentassi molto la società elegante. Alla mia risposta negativa a tutte e due le domande, m’avvidi d’essere scaduto di nuovo nella sua stima; ma ella nascose la sua impressione con grazia, e m’invitò a desinare per il giorno dopo. Accettai l’invito, e mi congedai, cercando di Uriah Heep nello studio da basso, mentre uscivo, e lasciandogli un biglietto da visita, per non avervelo trovato.

Quando andai a pranzo il giorno dopo, e sulla porta di strada, aperta, m’immersi in un bagno a vapore di cosciotto di castrato, indovinai di non esser l’unico ospite; perché immediatamente ravvisai il fattorino del giorno innanzi, travestito, che dava un aiuto al domestico della famiglia, e aspettava ai piedi della scalinata per portar su il mio nome. Egli fece del suo meglio, per mostrar di 658

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non riconoscermi, quando mi chiese il nome in confidenza; ma io lo avevo riconosciuto, precisamente come m’aveva riconosciuto lui benissimo. La coscienza ci faceva codardi entrambi.

Al signor Waterbrook, che era un signore di media età, con un collo corto e un solino abbondante non occorreva altro che un naso nero per essere il perfetto ritratto di un cagnolino danese. Egli mi disse d’esser felice d’aver l’onore di fare la mia conoscenza; e, dopo che ebbi presentato i miei omaggi alla signora Waterbrook, mi trascinò con molta solennità al cospetto di una formidabile signora in veste di velluto nero e un gran cappello di velluto nero, la quale, ricordo, rassomigliava perfettamente a una parente prossima di Amleto – sua zia, forse.

Si chiamava la signora Henry Spiker; ed era con suo marito: un uomo così freddo, che, invece d’aver la testa grigia, la portava cosparsa di una brinata; Una grande deferenza veniva usata verso i signori Spiker, maschio e femmina; e Agnese me ne disse il perché: il signor Henry Spiker era l’avvocato di qualche cosa o di qualcuno, dimentico che o chi, in remota dipendenza dal Tesoro.

Trovai Uriah Heep nella comitiva, in abito nero e in profonda modestia. Nell’atto che gli stringevo la mano, mi disse che era orgoglioso d’essere oggetto della mia attenzione, e riconoscente per la mia condiscendenza.

Avrei desiderato che mi fosse stato meno riconoscente, perché nella effusione della sua gratitudine mi gravitò 659

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intorno per tutto il resto della serata: tutte le volte che io dicevo una parola ad Agnese ero certo di vedermelo lì di dietro, con quei suoi occhi senza ciglia e quel suo viso cadaverico.

V’erano altri ospiti – tutti, come osservai, in ghiaccio, per l’occasione, al pari del vino. Ma uno attrasse la mia attenzione prima d’entrare, non appena ne fu pronunciato il nome: il signor Traddles. La mia mente volò subito a Salem House: non poteva forse essere Tommaso Traddles che soleva disegnare gli scheletri?

Attesi l’ingresso del signor Traddles con vivo interesse.

Vidi un giovane calmo, compassato, di maniere modeste, con una chioma ribelle, e gli occhi un po’ troppo aperti. Si ritirò così presto in cantuccio oscuro, che durai fatica a rintracciarlo. Finalmente potei esaminarlo in pieno, e... bene, o la mia vista prendeva un grosso abbaglio, o quegli era veramente l’antico disgraziato Tommaso Traddles.

M’avvicinai al signor Waterbrook, e gli dissi che con piacere credevo d’aver scoperto in casa sua un mio vecchio compagno di scuola.

– Veramente! – disse il signor Waterbrook, sorpreso.

– Non siete troppo giovane per essere stato a scuola col signor Spiker?

– Oh, non alludo a lui! – risposi. – Dico di quel signore che si chiama Traddles.

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– Ah, già, già, davvero! – disse il mio ospite, con minor calore. – Può esser bene.

– Se realmente è lui – dissi, guardando verso il supposto Traddles – fummo insieme nel convitto di Salem House, ed era un bravo giovane.

– Oh, già, Traddles è un bravo giovane! – rispose il mio ospite, facendo col capo un cenno di condiscendenza. – Traddles è veramente un bravo giovane.

– È una strana combinazione – dissi.

– Già – rispose il mio ospite – è un mero caso che Traddles si trovi qui: Traddles è stato invitato soltanto stamattina al posto del fratello della signora Spiker, che è dovuto rimanere a casa per un’indisposizione. Un vero signore, il fratello della signora Spiker, signor Copperfield.

Mormorai un assenso pieno di cordialità, considerando che non conoscevo affatto il fratello della signora Spiker; e domandai quale fosse la professione di Traddles.

– Traddles – rispose il signor Waterbrook – si prepara per entrare nel Foro. Già. È veramente un bravo giovane. Non ha altri nemici che se stesso.

– Come? – domandai, dolente d’apprendere una cosa simile.

– Già – rispose il signor Waterbrook, arrotolando la bocca, e scotendo la catena dell’orologio con un’aria 661

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beata,e magnanima – direi che è una di quelle persone che non arrivano mai a far molto. Già, direi che egli non arriverà mai a possedere cinquecento sterline. Mi fu raccomandato da un mio amico avvocato. Già, già. Ha un certo ingegno per studiare le cause, ed esporre chiaramente una questione per iscritto. Di tanto in tanto posso dargli da fare qualche cosetta... che per lui rappresenta molto. Già, già!

Mi fece molta impressione la maniera disinvolta e soddisfatta con cui il signor Waterbrook di tanto in tanto pronunziava quella paroletta «già». V’era in essa una meravigliosa espressione. Dava l’idea d’un uomo che fosse nato non con un cucchiaio d’argento in bocca, come si dice, ma con una macchina da scalare le fortez-ze in mano, e che avesse percorso tutti gli scalini della vita l’uno dopo l’altro, per guardare ora dalla vetta delle fortificazioni, dov’era giunto, le persone giù nei fossi, con l’occhio del filosofo e del protettore.

Riflettevo ancora a questo, quando fu annunciato il pranzo. Il signor Waterbrook offrì il braccio alla zia d’Amleto. Il signor Spiker prese la signora Waterbrook.

Agnese, alla quale avrei dato volentieri il braccio io, toccò a un signore dalle gambe deboli che sorrideva sempre. Uriah, Traddles e io, come i più giovani della brigata, discendemmo gli ultimi, senza formar coppia.

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