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David Copperfield

spetto di qualche cosa di male. Presi ieri la diligenza di Londra, mentre traversava Norwich, e sono arrivata questa mattina. Ah, troppo tardi!

La povera piccola Mowcher sentiva tanto freddo, a forza di piangere e di gemere, che si voltò sul parafuoco per scaldarsi i piedi nella cenere, e se ne stette a guardar fissa il fuoco come una gran bambola. Io ero seduto dall’altro lato del caminetto, smarrito in tristi riflessioni, e contemplando un po’ il fuoco, un po’ lei.

– Debbo andarmene – disse finalmente, levandosi. – È

tardi. Voi non diffidate di me?

Incontrando una sua occhiata penetrante, che era più penetrante che mai nell’istante che mi mosse quella domanda, non potei rispondere un «No» franco.

– Eppure – ella disse, accettando l’offerta della mia mano che l’aiutò a passare sul parafuoco, e guardandomi supplichevole in viso – non diffidereste di me, se io fossi una donna di statura regolare.

Sentii che in questo c’era molta verità, ed ebbi quasi rossore di me stesso.

– Voi siete ragazzo – ella disse, con un cenno della testa.

– Ascoltate due parole di avvertimento anche da una inezia di novanta centimetri come sono io. Cercate di non scambiare i difetti corporali con quelli mentali, mio buon amico, se non avete delle solide ragioni per farlo.

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Quando ella fu oltre il parafuoco, io fui libero dai miei sospetti. Le dissi che non dubitavo che m’avesse descritto fedelmente i suoi sentimenti, e che entrambi eravamo stati due strumenti ciechi in mani ben determina-te. Ella mi ringraziò e mi disse che ero un bravo giovane.

– Ora, badate! – essa esclamò, voltandosi, nell’atto di arrivare alla porta, e guardandomi di nuovo con piglio astuto e l’indice levato. – Ho qualche ragione di sospettare, da ciò che ho sentito... ho sempre le orecchie aperte, io, e faccio sempre tesoro delle facoltà in mio possesso... che essi siano partiti per il continente. Ma se mai ri-tornano, se mai qualcuno di loro ritorna, ed io sono ancora viva, ho più probabilità di tanti altri, andando in giro come faccio, di saperlo subito. Ciò che saprò io, lo saprete voi. Se mai potrò far qualcosa per la povera ragazza tradita, lo farò con tutto il cuore, che il Signore m’aiuti! E Littimer starebbe meglio ad avere un molosso alle calcagna che la piccola Mowcher.

Ebbi una gran fiducia in quest’ultima asserzione, osservando lo sguardo che l’accompagnava.

– Abbiate in me la fede che avreste in una donna di struttura normale, né più né meno – disse la piccola creatura, prendendomi la mano con aria supplichevole.

– Se mai vi capitasse di vedermi diversa da ciò che sono ora, e tal quale mi vedeste la prima volta, tenete conto della compagnia in cui mi trovo. Ricordatevi che sono 825

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un piccolo essere senza soccorso e senza difesa. Pensate che quando rientro in casa la sera, finito il mio lavoro, ho un fratello che mi somiglia. Forse allora non penserete male di me, e non vi sorprenderete più dei miei affanni e delle mie tristezze. Buona sera!

Diedi la mano alla signorina Mowcher con un’opinione di lei diversa da quella avuta sino allora, e apersi la porta per lasciarla uscire. Non fu un’inezia aprirle l’ombrello, e lasciarglielo bene equilibrato in mano; ma finalmente me la cavai onorevolmente, e lo vidi allontanarsi dondolando sotto la pioggia, senza far parere che avesse nulla al di sotto, eccetto quando la violenta cascata d’una grondaia troppo piena lo faceva traboccare da un lato, scoprendo la signorina Mowcher che lottava energicamente per raddrizzarlo. Dopo aver fatto una o due sortite in suo soccorso, rese inutili dallo strano contegno dell’ombrello, che si metteva a saltellare come un uccellaccio, prima di farsi raggiungere, rientrai in casa, andai a letto, e dormii fino alla mattina.

La mattina presto mi vennero a trovare il pescatore Peggotty e la mia vecchia governante, e andammo subito all’ufficio della diligenza, dove ci aspettavano per sa-lutarci la signora Gummidge e Cam.

– Signorino Davy – bisbigliò Cam, traendomi in disparte, mentre il pescatore Peggotty metteva il suo sacco fra i bagagli: – la sua vita è come infranta. Egli non sa dove vada; non sa ciò che l’aspetta; e parte per un 826

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viaggio che durerà per tutto il resto dei suoi giorni, sia-tene pur certo, se non troverà ciò che va cercando. Son sicuro che avrà in voi un buon amico, signorino Davy.

– Fida su me – io dissi, stringendogli affettuosamente la mano.

– Grazie, signore. Grazie di cuore. Un’altra cosa. Io guadagno abbastanza, sapete, signorino Davy, e ora non avrei modo di spendere ciò che guadagno. Tranne quel poco che mi serve per campare, il resto m’è inutile. Se voi poteste spenderlo per lui, lavorerei con più tranquillità. Benché, quanto a questo, signore – continuò con tono dolce e fermo – siate pur certo che lavorerò sempre come un uomo, e m’ingegnerò meglio che sarà possibile.

Gli dissi che n’ero persuaso; e gli accennai che avevo la speranza di vederlo col tempo rinunciare alla vita solitaria che allora conduceva.

– No, signore – egli disse, scotendo il capo: – per me è finita assolutamente. Il vuoto che è in me non si riempi-rà più. Ma vi ricorderete del denaro, che sarà sempre in serbo per lui.

Promisi di ricordarmene, pur rammentandogli che il pescatore Peggotty godeva, per il lascito di suo cognato, una rendita modesta, ma sicura. Allora ci congedammo.

E neanche ora posso lasciarlo, senza sentire una trafittura, ricordando il suo coraggio semplice e insieme il suo 827

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gran cordoglio.

Quanto alla signora Gummidge, mi sarebbe molto difficile descrivere la sua corsa al fianco della diligenza, mentre non guardava ad altro che al pescatore Peggotty sull’imperiale, a traverso le lagrime che si sforzava di reprimere, urtando contro i passanti che arrivavano dal lato opposto. È meglio quindi lasciarla seduta sui gradini della bottega d’un fornaio, senza più fiato, col cappello che non aveva più forma, e una scarpa a una certa distanza sul lastricato.

Alla fine del nostro viaggio, prima nostra cura fu di cercare un piccolo alloggio per Peggotty, dove suo fratello potesse avere un letto. Fummo abbastanza fortunati da trovarne uno, molto pulito e a buon mercato, sulla bottega d’un droghiere, lontano soltanto due vie dal mio. Appigionata la casetta, comprai un po’ di carne in una trattoria, e condussi i miei compagni di viaggio a prendere il tè in casa mia, la qual cosa, mi rincresce di dire, non andò a verso della signora Crupp, tutt’altro! Debbo osservare, però, a spiegazione del sentimento di quella brava donna, che fu molto scandolezzata nel vedere Peggotty, dopo neppure dieci minuti ch’era in casa, rimboccarsi la veste vedovile, e mettersi alacremente a spolverare la mia camera da letto. Quest’atto fu giudicato dalla signora Crupp della massima libertà, ed ella non permetteva mai, mi disse, simili arroganze in casa sua.

Il pescatore Peggotty m’aveva comunicato, durante 828

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il viaggio, una risoluzione che m’attendevo. Questa: che si proponeva di fare una visita alla signora Steerforth.

Comprendendo esser mio dovere aiutarlo in questa impresa, e farmi mediatore fra loro due, cercando di non offendere, per quanto mi fosse possibile, i sentimenti d’una madre, le scrissi quella sera stessa. Spiegai, con la delicatezza che seppi maggiore, l’oltraggio fatto al pescatore Peggotty, e la mia parte nelle circostanze. Dissi ch’egli era di condizione umile, ma di carattere mite e nobile; e che m’avventuravo ad esprimere la speranza che ella non gli avrebbe rifiutato la consolazione di dargli udienza, nella sventura che lo accasciava. La prega-vo di riceverci alle due del pomeriggio, e mandai io stesso la lettera con la prima diligenza della mattina.

All’ora designata, noi stavamo alla porta – alla porta di quella casa, dove io ero stato così felice pochi giorni prima, e dove avevo goduto tanta fiducia e tanta cordialità; – a quella porta che d’allora in poi sarebbe stata chiusa per me, e che in quel momento mi sembrava una rovina desolata.

Littimer non apparve. Si vide al cancello il viso più piacevole che aveva sostituito il suo, in occasione della mia ultima visita, e ci condusse, precedendoci, nel salotto.

La signora Steerforth ci attendeva seduta. Rosa Dartle guizzò mentre noi entravamo, da un altro lato della stanza, e andò a mettersi in piedi dietro la poltrona della signora.

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Vidi subito, nel viso della madre, che sapeva tutto direttamente da suo figlio. Pallidissima, i suoi lineamenti mostravano tracce d’una commozione che la sola mia lettera, coi dubbi che le sarebbero stati certamente sug-geriti dalla sua tenerezza, non avrebbe potuto con tutta probabilità creare. In quel momento mi parve più che mai rassomigliante al figlio; e compresi, più che vedere, che al mio compagno quella rassomiglianza non era sfuggita.

Are sens