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Camminò un po’ innanzi, e stette discosto da noi per alcuni minuti. In quell’intervallo, osservai Cam di nuovo, e scorgendogli in viso la stessa espressione, e l’occhio sempre fisso al chiarore lontano, gli toccai il braccio.

Due volte lo chiamai a nome, in un tono col quale mi sarei provato a scuotere un dormiente, prima che egli mostrasse di sentirmi. Quando finalmente gli chiesi a che pensasse mai, egli rispose:

– A ciò che mi sta davanti, signorino Davy, e a ciò che c’è laggiù.

– Alla vita che hai dinanzi, intendi? – Egli aveva indicato vagamente il mare.

– Sì, signorino Davy. Non so veramente; ma mi sembra che da laggiù debba venir la fine di tutto questo; – e nell’atto mi guardava come se si svegliasse, ma con lo stesso aspetto di fredda determinazione in viso.

– La fine di che? – domandai, invaso dallo stesso ti-812

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more di prima.

– Non so – egli disse, pensoso; – ricordavo che qui è cominciato tutto, e che qui deve finire. Ma non ci pensiamo più, signorino Davy – egli aggiunse, come rispondendo e interpretando il mio sguardo: – non abbiate paura di me; ma sono così confuso, che mi sembra di non sapere se io esista più. – Il che equivaleva a dire che non aveva una chiara idea di se stesso.

Il pescatore Peggotty si fermò per attenderci; noi lo raggiungemmo, e non pronunziammo più sillaba. Ma la memoria di quelle parole e del mio primo pensiero mi si ravvivò di tanto in tanto sin che, nel tempo designato, non giunse la catastrofe inesorabile.

Ci avvicinammo pian piano al vecchio battello, ed entrammo. La signora Gummidge, non più raccolta a gemere nel suo solito angolo, era occupata a preparare la colazione. Tolse di mano al pescatore Peggotty il cappello, gli trasse innanzi la sedia, e gli parlò con tanta amorevolezza, che non la riconoscevo più.

– Daniele caro – ella disse, – tu devi mangiare e bere, e tenerti in forze; se no, non potrai far nulla. Fatti coraggio, Daniele caro. E se ti disturbo con le mie chiacchiere, dimmelo, che mi starò zitta.

Dopo che ci ebbe serviti tutti, andò a riparare le camicie e gli abiti del pescatore Peggotty, e poi a piegarli accuratamente e a chiuderli in un vecchio sacco di tela 813

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incerata, di quelli che adoperano i marinai. Intanto continuava a parlare, con la medesima pacatezza:

– In ogni tempo e in ogni stagione, Daniele caro, ri-tieni per certo – disse la signora Gummidge – che io me ne starò qui, e tutto sarà fatto secondo il tuo desiderio.

Io non so scrivere bene, ma di tanto in tanto, mentre sarai via, ti farò qualche lettera, e la manderò al signorino Davy. Anche tu, spero, mi scriverai di tanto in tanto, Daniele, e mi dirai tutti i viaggi che farai così solo.

– Temo che starai male qui, sola sola! – disse il pescatore Peggotty.

– No, no, Daniele – ella rispose: – non ci sarà pericolo. Non pensare a me. Avrò abbastanza da fare nel tener la casa in ordine per quando ritorni... e nel tenerla in ordine per il ritorno di chi può tornare, Daniele. Quando sarà bel tempo, starò fuori sulla porta, com’è mio solito.

Se certa persona s’avvicinasse, vedrebbe da lontano che la povera vedova le è rimasta fedele e affezionata.

Che rapido cambiamento nella signora Gummidge! Era diventata un’altra. Si mostrava così devota, così sagace nel comprendere ciò che si poteva dire, e ciò che non si doveva; così dimentica di sé, e così sollecita dell’affanno altrui, che io la guardavo darsi da fare con una specie di venerazione. Quanto lavoro non fece quel giorno!

V’erano tante cose da portare dalla spiaggia alla tettoia

– come remi, reti, vele, sartie, alberature, vasi da gam-814

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beri, sacchi di zavorra e tanti altri oggetti; – e benché non mancasse l’aiuto, e non vi fosse un paio di mani su tutta la spiaggia che non lavorasse con ardore per il pescatore Peggotty, solo per il piacere di farlo, ella si af-fannò tutto il giorno a trasportar carichi sproporzionati alle sue forze, e a correre di qua e di là per fare un monte di cose utili. Quanto a piangere le sue disgrazie, sembrava che avesse perduto fin la memoria che l’avessero mai colpita. Nel calore della sua simpatia, conservava una tranquilla serenità che non era la parte meno sorprendente del mutamento avvenuto in lei. Non c’era da parlare più di piagnistei. Non mi avvenne mai d’accorgermi, nell’intera giornata, che una volta le tremasse la voce, o che una lagrima le spuntasse sul ciglio; soltanto la sera, quando rimasi solo con lei e col pescatore Peggotty, e questi, esausto, si fu addormentato profondamente, ella, frenando il pianto e i singhiozzi, mi trasse alla porta, dicendo: «Che il Signore vi benedica, signorino Davy, siategli sempre amico, poveretto!» Poi corse fuori a lavarsi la faccia, per potergli stare chetamente a fianco, e perché, risvegliandosi, egli la trovasse occupata a lavorare. In breve, quando la lasciai la sera, ella era il sostegno e il conforto del pescatore Peggotty in ambascia; e meditai a lungo sull’insegnamento e la nuova prova datimi dalla signora Gummidge.

Erano le nove o le dieci, quando gironzando melanconicamente per la città, mi fermai alla porta di Omer. Omer era così rattristato per l’avvenuto, mi disse sua figlia, 815

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che era stato depresso e abbattuto tutto il giorno, e se n’era andato a letto senza fumare.

– Una ragazza perversa e senza cuore – disse la signora Joram. – In lei non ci fu mai alcun seme di bene.

– Non lo dite – risposi. – Voi non lo pensate.

– Altro che lo penso – ribatté irata la signora Joram.

– No, no – io dissi.

La signora Joram scosse il capo, sforzandosi d’esser severa e crudele; ma non poté dominare la sua commozione intima, e cominciò a piangere. Io ero giovane, certo; ma ebbi migliore opinione di lei per questa sua simpatia, che giudicai si confacesse meglio a una madre e sposa irreprensibile.

– Che cosa farà mai? – singhiozzava Minnie. – Dove andrà? Che ne sarà di lei? O come s’è potuta mostrare così crudele con se stessa e con lui?

Ricordavo il tempo che Minnie era giovane e bella, ed ero lieto ch’ella se ne ricordasse con tanta commozione.

– La mia piccola Minnie – disse la signora Joram – è andata a letto or ora. Anche nel sonno singhiozza per l’Emilia. In tutta la giornata, la piccola Minnie ha pianto per lei, domandandomi ripetutamente se l’Emilia fosse cattiva. Che posso dirle, se l’ultima sera che l’Emilia fu qui si tolse un nastro dal collo e lo mise alla mia Minnie e si pose con la testa sul guanciale accanto a lei 816

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per farla addormentare? Il nastro ora sta intorno al collo della mia Minnie. Non ci dovrebbe stare, forse, ma che ci posso fare? Emilia, certo, è cattiva, ma esse si volevano bene. E la bambina non sa nulla.

La signora Joram era così triste, che il marito venne a consolarla. Lasciatili insieme, mi avviai verso la casa della mia Peggotty, più melanconico, se mai, di quanto già fossi.

Quella buona creatura – intendo Peggotty – non ancora stanca delle angosce recenti e delle sue veglie, s’e-ra recata in casa del fratello per restarvi fino alla mattina. Una vecchia che s’era occupata di tutte le faccende nei giorni in cui Peggotty non era stata in grado di accudirvi, era in casa sola con me. Siccome non avevo bisogno di nulla, la mandai a letto, ed ella v’andò di buon grado; io mi sedetti accanto al fuoco in cucina, per meditare un po’ su quanto era accaduto.

Confusi i recenti avvenimenti con la morte di Barkis, e correvo con la marea verso la lontananza così stranamente contemplata da Cam la mattina, quando un colpo dato alla porta mi riscosse dalla mia fantasticheria. V’e-ra un martello sulla porta, ma non s’era picchiato con esso. Aveva picchiato una mano, e in basso, forse quella di un bambino.

Mi levai in fretta come se fosse il picchio discreto d’un valletto a un signore ragguardevole. Apersi, e a primo 817

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aspetto non vidi, con mio gran stupore, che un vasto ombrello che pareva fosse arrivato lì solo. Ma subito scopersi, riparata al di sotto, la signorina Mowcher.

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