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Charles Dickens David Copperfield

– Come state? – disse il signor Dick, con uno sguardo pieno d’ansia.

– Così così, mio caro signore – rispose il signor Micawber, sospirando.

– Dovete farvi coraggio – disse il signor Dick – e consolarvi come meglio vi sarà possibile.

Il signor Micawber, assolutamente soverchiato da queste gentili parole, prese un’altra volta la mano che gli tendeva il signor Dick.

– È stato mio destino – egli osservò – incontrare, nel vario panorama dell’esistenza umana, di tanto in tanto un’oasi, ma non mai una più verde e rinfrescante della presente.

In altra occasione questa immagine m’avrebbe molto divertito; ma avvertivo che ci sentivamo tutti impacciati e a disagio, e osservavo con tanta ansia il signor Micawber che oscillava fra un evidente desiderio di rivelar qualcosa e la riluttanza a dar la stura al tutto, che avevo quasi la febbre. - Traddles, seduto sull’orlo della sedia, guardava, con gli occhi spalancati e i capelli più energicamente irti che mai, a volta a volta il pavimento e il signor Micawber, senza neanche tentare di pronunziare una parola. Mia zia, benché concentrasse tutto il suo più acuto spirito d’osservazione sul nuovo ospite, era l’unica fra noi che avesse qualche padronanza di sé; perché ella riusciva a tenerlo in conversazione, e a costringerlo 1263

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a parlare, volente o nolente.

– Voi siete un vecchio amico di mio nipote, signor Micawber – disse mia zia. – Da tanto tempo avrei voluto conoscervi.

– Signora – rispose il signor Micawber – vorrei che m’aveste conosciuto tempo fa. Non fui sempre quel miserabile naufrago che ora potete vedere.

– Spero che la signora Micawber e tutti in famiglia stia-no bene, signore – disse mia zia.

Il signor Micawber chinò la testa.

– Stanno bene, signora – osservò disperatamente, dopo un istante di silenzio – come i proscritti e i banditi possono mai sperare di stare.

– Che Dio vi benedica, signore! – esclamò mia zia nella sua maniera brusca. – Di che cosa mai state parlando?

– La esistenza della mia famiglia, signora – rispose il signor Micawber – è sospesa a un debole filo. Il mio padrone...

A questo punto il signor Micawber s’interruppe deliberatamente, e cominciò a sbucciare i limoni che gli avevo fatti mettere innanzi con tutti gli altri ingredienti per il ponce.

– Il vostro padrone, dunque – disse il signor Dick, toc-candogli il braccio, come per rammentarglielo dolcemente.

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– Mio buon signore – rispose il signor Micawber – ora mi ricordo, grazie. – Essi si strinsero di nuovo la mano.

– Il mio padrone, signora... il signor Heep... una volta ebbe la bontà di farmi osservare che se io non avessi ricevuto gli emolumenti dello stipendio connesso all’impiego datomi da lui, avrei girato probabilmente per la provincia come saltimbanco, ingoiando sciabole e mangiando l’elemento divoratore. Per quanto io possa augu-rarmi il contrario, è ancora probabile che i miei figliuoli sian costretti a procurarsi un pane per mezzo delle contorsioni corporali, mentre la signora Micawber accom-pagnerà i loro esercizi girando la manovella d’un orga-nino.

Il signor Micawber, con un vago ma espressivo gesto del coltello, fece intendere che si sarebbe potuto certamente assistere, dopo ch’egli non fosse più, a quelle rappresentazioni; poi riprese a sbucciare i limoni con aria disperata.

Mia zia poggiò il gomito sul tavolinetto rotondo che si teneva di solito accanto, squadrando intenta il signor Micawber. Nonostante l’avversione con la quale consideravo il proposito di allettarlo insidiosamente a una rivelazione ch’egli non aveva intenzione di fare, l’avrei certo in quel momento costretto a parlare, se non l’avessi visto intento ad atti e movimenti strani, come per esempio a metter la buccia di limone nel calderotto, lo zucchero nel vassoio, lo spirito in una brocchetta vuota, 1265

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e a tentar con la massima fiducia di versar l’acqua da un candeliere. Sentii la crisi prossima, e la crisi scoppiò.

Egli respinse tutto ciò che aveva dinanzi, si levò dalla sedia, cavò di tasca il fazzoletto e ruppe in pianto.

– Mio caro Copperfield – disse il signor Micawber, nascondendo il viso – questa è un’operazione che più d’ogni altra richiede lo spirito sereno e il rispetto di sé medesimo. Non mi sento capace di eseguirla. Non m’è possibile.

– Signor Micawber – dissi – che cosa avete? Parlate, vi prego. Pensate che siete fra amici.

– Fra amici, signore! – ripeté il signor Micawber; e tutto ciò che aveva tenuto nascosto gli scappò fuori. – Santo Cielo, è appunto perché sono fra amici che mi vedete in questo stato. Che c’è, signori? Che non c’è? C’è la malvagità, ecco che c’è; c’è la vigliaccheria, l’inganno la frode, il complotto, ecco che c’è; e il nome di questo cumulo di porcherie si chiama... Heep.

Mia zia batté le mani, e noi sussultammo tutti come degli ossessi.

– La lotta è finita! – disse il signor Micawber, gestico-lando violentemente col fazzoletto, e stendendo le braccia di tanto in tanto, come se nuotasse in mezzo a difficoltà sovrumane. – Io non farò più questa vita. Sono uno sciagurato, separato da tutto ciò che può fare tollerabile la vita. In servizio di quel briccone d’inferno sono stato 1266

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sotto l’influsso d’un tabù. Restituitemi mia moglie, re-stituitemi i figli, rimettete Micawber al posto del disgraziato che oggi va intorno coi piedi in queste scarpe, e domani ditemi di inghiottire una sciabola, e lo farò con appetito. Non avevo visto mai un uomo così eccitato.

Tentai di calmarlo, per fargli dir qualche cosa di più sensato; ma non volle sentir nulla e si eccitò sempre più.

– Io non metterò più questa mano nella mano di nessuno

– disse il signor Micawber, ansando, soffiando e singhiozzando, come se lottasse con una corrente d’acqua

– se non avrò fatto a pezzi quell’o... quell’odioso serpente di Heep!... non accetterò più l’ospitalità di nessuno, se non avrò deciso il Vesuvio a vomitar la sua lava su quello sce... su quello scellerato di Heep... Non potrò mandar giù il minimo rinfresco... sotto questo... specialmente il ponce... se prima non avrò cavato gli occhi a quel ladro... a quel bugiardo di Heep... Non vedrò nessuno... non dirò nulla... non dormirò in nessuna parte...

se prima non avrò ridotto in polvere... in atomi impalpa-bili quell’ipocrita infernale... quel farabutto immortale di Heep!

Temei un momento che il signor Micawber stramazzas-se lì morto. La foga con cui pronunciava quelle frasi, che quasi lo soffocavano, l’ardore e la velocità con cui s’avvicinava al nome li Heep, pronunciato con veemenza poco meno che meravigliosa, erano terribili; ma quando si lasciò cadere su una sedia, tutto in sudore e 1267

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fumante, e guardò in giro, con una faccia su cui s’avvi-cendavano tutti i colori dell’arcobaleno, e un’infinita successione di bernoccoli che gli apparivano in fretta sul collo e poi andavano a germogliargli in fronte, aveva tutta l’aria d’essere sotto un colpo mortale. Feci l’atto di soccorrerlo, ma m’allontanò con un cenno della mano e continuò:

– No, Copperfield!... Nessuna comunicazione fra noi... se prima la signorina Wickfield... non avrà ottenuto riparazione del male fattole da quel briccone consumato di Heep. (Io son persuaso ch’egli non avrebbe avuto la forza di pronunziare tre parole, se non fosse stato per la meravigliosa energia che gl’infondeva la vicinanza di quel nome)... Sia un segreto inviolabile... per tutti... senza alcuna eccezione... Oggi a otto, all’ora della colazione... che tutti i qui presenti... compresa vostra zia... e questo gentilissimo signore ... si trovino all’albergo di Canterbury... dove sarò anch’io con mia moglie...

Canteremo in coro il ricordo dei bei giorni passati... e smaschererò quell’infame, quello scellerato di Heep.

Non ho più nulla da dire... nulla più da sentire... Corro immediatamente... non posso stare in compagnia... sulle peste di quel dannato traditore di Heep!

Con quest’ultima ripetizione, nella quale superò tutti i suoi sforzi anteriori, della parola magica che l’aveva sostenuto fino a quel momento, il signor Micawber uscì a precipizio dal villino di mia zia, lasciandoci in un tale 1268

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stato di eccitazione, d’aspettazione e di meraviglia, che ci ridusse a una condizione poco migliore della sua. Ma anche allora, egli non poté resistere alla sua passione epistolare; perché mentre eravamo ancora nel colmo della nostra eccitazione, della nostra attesa e della nostra meraviglia, la seguente nota pastorale mi fu portata da un vicino caffè, dov’era stata scritta:

«Segretissima e confidenziale.

«Mio caro signore,

Are sens