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– Ditemi che non pensate a una cosa simile, Agnese cara, più cara d’una sorella. Pensate all’impareggiabile dono d’ un cuore come il vostro, d’un amore come il vostro.

Oh, per molto, molto tempo dopo, vidi quel viso levarsi innanzi a me col suo grave sguardo, senza stupore, né rimprovero, né rimpianto! Oh, per molto, molto tem-1031

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po dopo, vidi quello sguardo mitigarsi, come fece allora, in un sorriso, dicendomi che ella non aveva alcun timore di se stessa... che io non dovevo avere alcun timore per lei... e andò via chiamandomi fratello, e scomparve!

Era ancor buio la mattina quando salii nella diligenza alla porta dell’albergo. Spuntava l’alba al momento della partenza, e allora, nell’atto che ripensavo a lei, vidi, tra il lusco e il brusco, la testa di Uriah che s’arrampicava accanto a me.

– Copperfield – egli disse, in un bisbiglio gracidante, mentre s’afferrava al ferro dell’imperiale: – ho pensato che sareste stato contento di sapere, prima d’andarvene, che tutto era stato accomodato. Già sono stato in camera sua, e abbiamo appianato tutto. Bene, benché io sia umile, gli sono utile, sapete; e, quando non è ubbriaco, lui sa qual è il suo interesse. Dopo tutto, è una cara persona, signorino Copperfield.

Mi sentii in obbligo di dirgli che ero lieto che egli si fosse scusato presso di lui.

– Oh, certo! – disse Uriah, – Quando uno è umile, sapete, che è mai domandare scusa? È così facile! Che fa?.

Immagino – aggiunse con una contorsione – che qualche volta vi sia accaduto di cogliere una pera prima che fosse matura, signorino Copperfield.

– Forse sì – risposi.

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– A me è accaduto ieri sera – disse Uriah; – ma mature-rà. Ci vuol tempo.

Prolisso nei suoi saluti, discese mentre il cocchiere saliva. A quanto mi parve, egli masticava qualche cosa per evitar d’ingoiare la rigida aria mattutina; ma moveva la bocca come se la pera fosse già matura, e se ne leccasse le labbra.

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XL.

IL PELLEGRINO

Quella sera ebbi una importantissima conversazione in Buckingham Street intorno alle faccende domestiche, minutamente riferite nell’ultimo capitolo. Mia zia le prese profondamente a cuore, e dopo si mise a passeggiare, su e giù per la stanza, con le braccia conserte per più di due ore. In tutte le occasioni di speciale importanza, ella compiva una di tali gesta pedestri; e l’intensità dei suoi dubbi e delle sue apprensioni poteva esser sempre commisurata all’intensità della sua passeggiata.

Quella sera si sentì tanto sconvolta di spirito che stimò necessario aprire la porta della camera da letto e farvi un ippodromo che comprendesse le due camere da un muro all’altro; e mentre io e il signor Dick ce ne stavamo cheti accanto al fuoco, ella continuava a fare su e giù la stessa rotta, a passo invariabile, con la regolarità d’un pendolo.

Quando il signor Dick se ne fu uscito per andare a letto, e io rimasi solo con mia zia, mi misi a trascriver la lettera preparata per le due zitellone. Allora ella si sentì stanca di camminare, e si sedette accanto al fuoco con la gonna rimboccata secondo il solito. Ma invece di stare, 1034

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come era sua abitudine, col bicchiere sul ginocchio, tollerò che esso rimanesse abbandonato sulla mensoletta del caminetto; e intanto, tenendo il gomito sinistro sul braccio destro e il mento nella mano sinistra, mi fissava pensosa. Tutte le volte che levavo gli occhi dalla carta, incontravo i suoi. «Io sono nella più tenera disposizione, mio caro – ella m’assicurava con un cenno – ma sono agitata e triste».

Ero stato troppo affaccendato per osservare, prima che ella fosse andata a letto, che aveva lasciato sul caminetto, senza neanche toccarla, la sua pozione serale, come la chiamava. Venne alla porta con maggior tenerezza del solito, quando picchiai per parteciparle la mia scoperta, ma mi disse soltanto: «Stasera non ho voglia di prenderla, Trot», e scotendo il capo, si ritirò.

La mattina dopo lesse la mia lettera alle due zie di Dora e l’approvò. Io la impostai, e allora non ebbi altro da fare che aspettare, più pazientemente che potessi, la risposta. Ero ancora in quelle condizioni d’attesa, e c’ero stato circa una settimana, quando una sera nevosa uscii dal dottore per andarmene a casa a piedi.

Era stata una giornata rigida, e aveva soffiato per qualche tempo un vento di nord-est che staffilava il viso.

S’era acchetato la sera, e aveva cominciato a nevicare.

Una nevicata, ricordo, folta e pesante, che veniva giù a larghi fiocchi, e aveva già coperto il suolo. Il rumore delle ruote e dei passi era attutito, come se le vie fossero 1035

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sparse di piume.

La strada più corta per andare a casa – in una sera simile, naturalmente, prendevo la via più breve – era per Saint Martin’s Lane. Allora la chiesa che dà il nome al vicolo aveva meno spazio libero intorno, e il vicolo faceva un gomito per arrivare allo Strand. Rasentando la gradinata del portico, m’imbattei, nell’angolo, con un viso femminile, il quale mi fissò, traversò il vicolo, e scomparve. Lo conoscevo, l’avevo certo veduto altre volte, ma non ricordavo dove. Si legava in me con qualche memoria che mi metteva in tumulto il cuore. Ma siccome nel momento che l’avevo incontrato pensavo ad altro, la mia idea era confusa.

Sui gradini della chiesa v’era la reclinante figura d’un uomo, che aveva deposto un fardello sulla neve per rias-settarlo: nell’atto che avevo visto la donna, avevo visto lui. Non credo che la sorpresa m’avesse fermato; ma ad ogni modo, mentre continuavo la strada, egli si levò, si volse, e mi si fece incontro. Stavo di fronte al pescatore Peggotty.

Allora conobbi chi fosse il viso femminile. Era Marta, alla quale Emilia aveva dato del denaro quella sera nella cucina; Marta Endell, con la quale il pescatore Peggotty non avrebbe mai voluto vedere la sua cara nipote, neppure per tutti i tesori sepolti in mare, come mi aveva detto tante volte Cam.

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Ci stringemmo affettuosamente la mano. Per qualche istante, nessuno di noi due poté dire una parola.

– Signorino Davy – egli disse, tenendomi stretto, – mi fa bene al cuore vedervi. Ben rivisto, ben rivisto!

– Ben rivisto, mio vecchio amico! – gli dissi.

– Avevo pensato di venire a trovarvi stasera, signore –

egli disse – ma sapendo che vostra zia abitava con voi...

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