perché sono stato laggiù sulla strada di Yarmouth... temevo che fosse troppo tardi. Sarei venuto domani mattina presto, signore, prima d’andar via.
– Andate via di nuovo? – dissi.
– Sì, signore – rispose, scotendo pazientemente il capo –
vado via domani.
– E dove volete andare? Chiesi.
– Ah! – rispose, scotendosi la neve dai lunghi capelli. –
Andrò a fare un giro in qualche parte.
In quei giorni v’era un ingresso laterale nel cortile del Golden Cross, l’albergo così strettamente legato nel mio spirito alla disgrazia del mio povero amico, quasi di fronte al punto dove noi eravamo fermati. Gl’indicai l’atrio, gli presi il braccio sotto il mio ed entrammo. Due o tre sale dell’albergo s’aprivano sul cortile; affacciando-mi in una, e vedendola vuota e riscaldata da un bel fuoco, me lo trassi dentro.
Quando lo vidi alla luce, osservai non solo che aveva i 1037
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capelli lunghi e in disordine, ma che aveva il viso arso dal sole. Egli era più grigio, con le rughe sul viso e sulla fronte più profonde, e pareva che si fosse affannato ad errare sotto i climi più diversi; pure mostrava alcun che di forte e come una saldezza di propositi che nulla poteva fiaccare. Si scosse la neve dal cappello e dagli abiti, si asciugò il viso, e si sedette a una tavola di fronte a me con la schiena alla porta per la quale eravamo entrati, stendendomi di nuovo la mano, e stringendo cordialmente la mia.
– Vi dirò, signorino Davy – egli disse – dove sono stato e tutto ciò che ho saputo. Sono stato lontano, ed ho saputo poco; ma vi dirò.
Sonai il campanello per ordinar qualcosa da bere. Egli non volle che un po’ di birra, ma aspettando che gliela portassero e venisse scaldata al fuoco, rimase in atteggiamento meditabondo. V’era nel suo viso una bella, solenne gravità che non m’arrischiavo a turbare.
– Quand’ero ragazzo – egli disse, sollevando la testa non appena fummo soli – ella soleva parlarmi molto del mare, e di quelle coste dove il mare diventava turchino, e dove scintillava, scintillava al sole. Io pensai varie volte che suo padre, che era morto annegato, le mettesse in mente queste idee. Non so, sapete, ma forse essa credeva... o sperava... che egli fosse stato trasportato verso quelle rive dove le piante fioriscono sempre, e il sole è sempre lucente.
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– Dev’essere stata una fantasia infantile – risposi.
– Quand’ella si... smarrì – disse il pescatore Peggotty –
ritenni per sicuro che lui l’avrebbe condotta in quei paesi. N’ero sicuro, perché le aveva detto meraviglie di quei paesi, e che laggiù essa doveva essere sua moglie, e con simili ciance s’era fatto ascoltar da lei. Quando andammo a trovar la madre, m’accorsi subito che avevo ragione. Andai dunque in Francia, e vi sbarcai come se cadessi dal cielo.
Vidi la porta muoversi e la neve entrarvi. La porta si mosse un po’ di più; v’era una mano che la teneva pianamente socchiusa.
– Là trovai un autorevole signore inglese – disse il pescatore Peggotty – e gli dissi che ero andato a cercarvi mia nipote. Egli mi fece aver le carte che m’occorreva-no per viaggiare – non so veramente come son chiamate
– e voleva darmi del denaro, ma fortunatamente non ne avevo bisogno. Gli sono veramente riconoscente per quanto egli fece per me. «Ho già scritto delle lettere per raccomandarvi al vostro arrivo – egli mi disse – e parlerò a molti che faranno lo stesso viaggio, e molti sapran-no, molto lungi di qui, che voi viaggiate solo». Gli espressi, come meglio mi fu possibile, la mia gratitudine, e mi misi in viaggio a traverso la Francia.
– Solo e a piedi? – dissi.
– Quasi sempre a piedi – egli soggiunse; – qualche volta 1039
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in qualche carro con gente che sì recava al mercato; qualche volta in vetture che facevano vuote il viaggio di ritorno. Molte miglia al giorno a piedi, e spesso con qualche povero soldato o dell’altra povera gente che si recava a rivedere i parenti. Io non potevo parlare con nessuno e nessuno poteva parlare con me; ma ad ogni modo era sempre una compagnia, per quelle lunghe strade polverose.
Certo quel suo accento affettuoso gli avrebbe fatto trovare degli amici dovunque.
– Quando arrivavo in qualche città – egli continuò – andavo in cerca dell’albergo e aspettavo nel cortile finché arrivasse qualcuno (e qualcuno c’era sempre) che conosceva l’inglese. Allora dicevo che ero in viaggio in cerca di mia nipote, e mi facevo dire quali viaggiatori fossero nell’albergo, e aspettavo per veder entrare o uscire qualcuna che le somigliava. Quando vedevo che non era Emilia, mi rimettevo di nuovo in viaggio. A poco a poco, arrivando nei paesi nuovi, fra la povera gente, m’accorgevo d’esser già conosciuto. Mi facevano fermare alle porte delle loro case, e mi davano qualche cosa da mangiare e bere, e m’indicavano dove poter dormire; e molte donne, signorino Davy, che avevano una figliuola dell’età di Emilia, mi stavano aspettando innanzi alla Croce del nostro Salvatore fuori del villaggio, per usarmi le stesse gentilezze. Ad alcune erano morte le figliuole. E il Cielo sa quanta bontà materna 1040
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m’addimostrarono!
Marta era alla porta. Vedevo il suo viso selvaggio e intento in ascolto. Il mio timore era ch’egli dovesse volger la testa e vederla.
– Spesso mi mettevano i loro bambini... specialmente le bambine – disse il pescatore Peggotty – sulle ginocchia; e molte volte si sarebbe potuto vedermi sulle loro soglie, la sera, quasi come se fossero stati i figliuoli della mia Diletta. Oh, la mia Diletta!
Oppresso da un’improvvisa angoscia, egli singhiozzava forte. Misi la mia mano tremante sulla mano con cui si copriva il viso.
– Grazie, signore – egli disse – scusatemi.
Dopo un momento si scoprì il viso, si mise la mano sul petto e continuò il racconto.
– La mattina – egli disse – spesso ero accompagnato da quella buona gente per un miglio o due di strada; e quando li lasciavo, e dicevo: «Io vi son tanto grato! Dio vi benedica!» sembrava che capissero ciò che dicevo, e rispondevano benevolmente. Finalmente mi misi in mare. Non fu difficile, potete crederlo, a un marinaio come me, guadagnarsi il passaggio fino in Italia. Quando vi arrivai, andai errando come avevo fatto prima. La gente con me si mostrò buona lo stesso, e sarei andato di città in città, e anche di paese in paese, se non avessi avuto notizia che ella era stata vista fra le montagne 1041
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svizzere. Uno che conosceva il servo di lui li aveva visti tutti e tre: mi disse come viaggiavano, e dove erano.
Camminai verso quelle montagne, signorino Davy, giorno e notte. Più lontano andavo, e più mi pareva che quelle montagne si allontanassero da me. Ma finalmente fui su e le attraversai. Non lontano dal luogo del quale mi s’era parlato, cominciai a dire fra me e me: «Che farò quando la vedrò?».
Il viso intento, insensibile alla notte inclemente, si abbassò accanto alla porta, e le mani mi pregarono –