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egli disse – ma le mie gambe non hanno più le molle d’una volta, e sto tutto il giorno su una poltrona a ruote.

Tranne le gambe, però, e la difficoltà del respiro, grazie a Dio, meglio non potrei stare.

Mi congratulai con lui del suo bell’aspetto e della sua soddisfazione, e guardai la poltrona a ruote.

– È ingegnosa, non è vero? – egli disse, seguendo la direzione dei miei sguardi, e ripulendo con la mano un bracciuolo. – Va leggera come una piuma, ed è sicura come una diligenza. La mia piccola Minnie, che Dio la benedica! La mia nipotina, sapete, la figlia di Minnie, non ha che da appoggiarsi un poco allo schienale, e dargli una spinta, per farla andare lietamente in giro. E vi 1303

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dico una cosa... che è una poltrona straordinaria per fu-marvi la pipa.

Non avevo mai conosciuto un altro come Omer, capace di veder le cose sotto il miglior aspetto e sentirsene soddisfatto. Era raggiante, come se la poltrona, l’asma e la debolezza delle gambe fossero le varie parti d’una grande invenzione per aumentargli il piacere d’una pipata.

– Vi assicuro – disse Omer – che, stando in questa poltrona, veggo molte più persone di prima. Vi stupireste a veder quanta gente in un giorno ha bisogno di fare un po’ di chiacchiere. Veramente! E poi nei giornali, da che mi son seduto qui, vi son molte più notizie di prima. E

poi leggo tante cose, un mondo di cose! E questo mi consola, sapete! Se avessi perduto gli occhi, che avrei fatto? Se fossi diventato sordo, che avrei fatto? Ho perduto l’uso delle gambe, ma che importa? Le gambe, quando le potevo usare, non servivano che ad alimentar-mi l’asma. E ora, se voglio uscire o andare giù alla spiaggia, non ho che da chiamare Dick, il più giovane apprendista di Joram, e via nella mia carrozza come il sindaco di Londra.

E si sgolava dal ridere.

– Che Dio vi benedica – disse Omer, ripigliando la pipa

– in questa vita si deve accettare il grasso e il magro. È

necessario che ciascuno si persuada di questo. Joram fa degli ottimi affari, veramente ottimi.

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– Son contento di saperlo – dissi.

– Lo so, lo so – disse Omer. – E Joram e Minnie sono sempre come due sposi freschi. Che si può desiderare di più? Che importano le gambe?

Il suo supremo disprezzo per le gambe mi parve la cosa più comica alla quale avessi mai assistito.

– E da che io mi son messo a leggere, voi vi siete messo a scrivere, eh? – disse Omer, dandomi uno sguardo d’ammirazione. – Che bel lavoro che avete fatto! Quanta espressione! L’ho letto parola per parola. E quanto a sentir sonno, neanche per l’idea.

Io espressi ridendo la mia soddisfazione, ma confesso che quella sua associazione di idee non mi parve senza significato.

– Vi do la mia parola d’onore, signore – disse Omer –

che quando metto quel libro sul tavolo e lo guardo dal di fuori, compatto in tre separati e grossi volumi... uno, due, tre; mi sento come Pulcinella, orgoglioso di pensare che una volta ebbi l’onore d’essere in relazione con la vostra famiglia. Ohimè, è già gran tempo! Fu a Blunderstone. Si trattava di un bimbo sepolto con la mamma. E

neppur voi eravate molto grande. Ohimè, ohimè!

Cambiai discorsi, col parlare dell’ Emilia. Dopo avergli detto che non avevo dimenticato con quanta bontà egli l’avesse sempre trattata, gli raccontai brevemente come suo zio, con l’aiuto di Marta, l’avesse ritrovata; e il po-1305

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vero vecchio se ne compiacque. M’ascoltò con la massima attenzione, e poi mi disse commosso:

– Ne sono lieto, signore. È che si può fare ora per quella povera Marta?

– Voi toccate un argomento al quale sto pensando da ieri

– dissi – ma sul quale non posso darvi ancora nessuna informazione, signor Omer. Il pescatore Peggotty non me ne ha detto nulla, e io ho ritegno a parlargliene. Ma son certo che non l’ha dimenticata, perché non dimentica nulla di disenteressato e di buono.

– Perché, sapete – disse Omer, ripigliando il filo del discorso dove l’aveva troncato – quando si farà qualche cosa per lei, intendo di parteciparvi. Contate su di me per quella somma che credete ragionevole, e fatemelo sapere. Non ho mai creduto che quella ragazza fosse cattiva, e son lieto di apprendere che non mi sono ingannato. E anche mia figlia Minnie, ne sarà lieta. Le donne a volte dicono delle cose che non pensano... sua madre era precisamente come lei... ma di cuore, sono tenere e buone. È tutto apparenza quello che Minnie dice di Marta. Perché debba creder necessaria quell’apparenza, non saprei dire. Ma non è che apparenza, Dio la benedica!

Di nascosto, poi, farebbe ogni cosa per lei. Dunque, contate su me per quella somma che crederete ragionevole, ricordatevene e scrivetemi un rigo per farmi sapere dove debba mandarvela. Ahimè – disse Omer – quando si arriva a un’età in cui i due capi della vita s’incontra-1306

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no; quando uno si trova, anche in buona salute, ad esser scarrozzato la seconda volta in una specie di carrettino, deve essergli dolce far del bene, se può. Ha bisogno di farne molto. E non parlo di me in particolare – disse Omer – perché, signore, il modo con cui considero le cose si è che noi precipitiamo sempre per i fianchi della collina, a qualunque età, ché il tempo non sta fermo un istante. Così cerchiamo di far sempre il bene, e d’esser felici. Proprio!

Scosse le ceneri della pipa, e la mise accanto allo schienale della poltrona, su una mensoletta fatta espressamente per quello scopo.

– Il cugino di Emilia, per esempio, quello che doveva sposarla – disse Omer, sfregandosi lentamente le mani –

uno dei più bei giovanotti di Yarmouth, viene a trattenersi con me la sera o a leggermi qualche cosa per più di un’ora di seguito. Questo io lo direi far del bene. Tutta la sua vita è una vita di bontà.

– Ora andrò a trovarlo – dissi.

– Sì? – disse Omer. – Ditegli che io sto bene e che gli mando i miei saluti. Minnie e Joram sono andati al ballo. Sarebbero stati, come me, felici di vedervi, se fossero stati in casa. Minnie non voleva assolutamente uscire, sapete, «a motivo di papà», com’essa dice. Così stasera ho detto che se non fosse andata al ballo, io mi sarei messo a letto alle sei. In conseguenza di che – Omer 1307

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scosse se stesso e la poltrona con l’accesso d’ilarità su-scitatogli da quell’espediente – lei e Joram sono al ballo.

Gli strinsi la mano, e gli augurai la buona notte.

– Un momento, signore – disse Omer. – Se ve n’andaste senza vedere il mio piccolo elefante, perdereste uno degli spettacoli più straordinari. Non avete visto mai una cosa simile! Minnie!

Rispose una piccola vocetta musicale, dall’alto della scala: «Vengo, nonno!» e una graziosa ragazzina con una capigliatura lunga, riccia e bionda, scese di corsa nella bottega.

– Ecco il mio piccolo elefante, signore – disse Omer, carezzando la fanciulla. – Ragazza siamese, signore. Su, piccolo elefante.

Il piccolo elefante spalancò la porta del salotto, che, vidi, era stato trasformato in una camera da letto per Omer, il quale non poteva esser facilmente trasportato in su; e poi chinò la bella fronte, e la picchiò, coi lunghi capelli pendenti, contro lo schienale della poltrona a ruote.

– L’elefante cozza, sapete, signore – disse Omer, con una strizzatina d’occhio – quando mira a un oggetto.

Uno, elefante. Due. Tre!

A questo segnale il piccolo elefante, con una destrezza che era quasi meravigliosa in un animale così 1308

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piccolo, fece correr rapidamente la poltrona con Omer, e la mandò a rotar lontano nel salotto, confusamente, senza toccar lo stipite della porta, mentre Omer si mostrava straordinariamente soddisfatto di quella evolu-zione, seguendomi con l’occhio all’uscita, come se quel rotolìo fosse il successo trionfale degli sforzi di tutta la sua vita.

Are sens