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Charles Dickens David Copperfield

Non ero arrivato ancora molto lontano e non avevo, per-correndo la strada di Ramsgate, dove era piacevole passeggiare, lasciato la città, quando nell’ombra di dietro sentii una voce chiamarmi. Al passo sregolato e al soprabito svolazzante era impossibile non dire di chi fosse. Mi fermai, e fui raggiunto da Uriah Heep.

– Bene? – dissi.

– Come camminate presto! – egli disse – Le mie gambe sono piuttosto lunghe, ma ce n’è voluto per raggiungervi!

– Dove andate? – dissi.

– Vengo con voi, signorino Copperfield, se mi volete ac-cordare il piacere di passeggiare con una vecchia conoscenza. – Così dicendo, con una scossa di tutto il corpo che poteva esser presa come un gesto di propiziazione o di derisione, si mise a camminare accanto a me.

– Uriah! – dissi, più cortesemente che potei, dopo un istante di silenzio.

– Signorino Copperfield! – disse Uriah.

– A dirvi la verità (vi prego di non offendervene) sono uscito per passeggiare solo, perché sono stanco d’essere stato tanto tempo in compagnia.

Mi diede un’occhiata obliqua, e mi disse con la più orribile smorfia:

– Voi intendete la mamma.

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– Sì, proprio – dissi.

– Ah! Ma voi sapete che noi siamo umilissimi – egli rispose. – E avendo tanta coscienza della nostra umiltà, abbiamo il dovere di badare a non farci cacciare contro il muro da quelli che non lo sono. In amore ogni strata-gemma è ammesso, signore.

Levando le mani sino al mento, se lo grattò pianamente, e pianamente sogghignò; e rassomigliava, mi parve, per quanto è umanamente possibile, a un babbuino maligno.

– Vedete – egli disse, continuando a carezzarsi il mento e scotendo la testa – voi siete un rivale pericoloso, signorino Copperfield. E lo siete sempre stato, con-fessatelo.

– Ah, è per questo che montate la guardia intorno alla signorina Wickfield, e le togliete la libertà in casa propria? – dissi.

– Oh, signorino Copperfield! Le vostre sono parole dure! – egli rispose.

– Chiamatele come vi pare e piace – dissi. – Voi comprendete ciò che intendo, Uriah.

– Oh, no! Bisogna che vi spieghiate – egli disse. – Veramente non vi capisco.

– V’immaginate, forse – dissi cercando, per riguardo d’Agnese, di mostrarmi urbano e calmo – che io consi-1019

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deri la signorina Wickfield diversamente da come considererei una sorella?

– Signorino Copperfield – egli rispose – voi comprenderete che non ho il dovere di rispondere a questa domanda. Non lo potete pretendere. Forse sì e forse no.

Non avevo mai visto nulla di simile alla ignobile malizia di quella faccia e di quegli occhi nudi senza l’ombra d’un ciglio.

– Allora, su! – dissi. – Per l’amore della signorina Wickfield...

– La mia Agnese! – egli esclamò con una morbosa contorsione. – Volete esser così buono da chiamarla Agnese, signorino Copperfield?

– Per l’amore di Agnese Wickfield... il Cielo la benedica!

– Vi son grato della vostra benedizione! – egli interruppe.

– Vi dico ciò che, in altre circostanze, avrei subito pensato di dire a... Jack Ketch.

– A chi, signore? – disse Uriah, stendendo il collo, e mettendosi la mano all’orecchio.

– Al boia – risposi. – All’ultima persona alla quale si penserebbe (benché il volto di lui suggerisce naturalmente il paragone). Io sono fidanzato a un’altra signorina. Spero che questo vi lascerà soddisfatto.

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– Parola d’onore? – disse Uriah.

Stavo per confermargli indignato la mia affermazione, quando s’impadronì della mia mano e le diede una stretta.

– Oh, signorino Copperfield! – egli disse. – Se aveste avuto la bontà di farmi questa confidenza quella notte che versai nel vostro cuore la pienezza del mio e che vi diedi tanto disturbo dormendo innanzi al vostro caminetto, non avrei mai dubitato di voi. Stando così le cose, sarò felice di togliere immediatamente mia madre dal fianco di Agnese. Voi scuserete la precauzione dell’affetto, non è vero? Che peccato, signorino Copperfield, a non dirmi il vostro segreto! E non ve n’è mancata l’occasione. Ma voi non vi siete mai confidato con me, come sarebbe stato mio desiderio. So che voi non mi avete mai voluto bene, come io ve ne ho voluto.

Nel frattempo, con le dita umide e viscide, m’andava stringendo la mano, e invano io mi sforzavo di di-strigarnela. Se la trasse sotto la manica del suo soprabito color mattone scuro, e camminai, quasi trascinato, a braccetto con lui.

– Vogliamo tornare indietro? – disse Uriah, facendomi fare una giravolta verso la città sulla quale splendeva la luna, inargentando le finestre lontane.

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