– No, no, no! – rispose il dottore, con voce angosciata.
– Pensai, allora – disse il signor Wickfield che voi desi-deravate di mandar via dall’Inghilterra Maldon, perché avvenisse un distacco che vi stava a cuore.
– No, no, no! – rispose il dottore. – Per far piacere ad Annie, per dare un’occupazione al compagno della sua infanzia. Per null’altro.
– Così giudicai dopo – disse il signor Wickfield. – Non potevo più dubitarne, quando voi me lo diceste. Ma pensavo... vi supplico di ricordarvi il principio ristrettissimo che è stato il mio difetto abituale... che in un caso in cui vi era tanta disparità di anni...
– Questo è il modo d’arrivare al punto, signorino Copperfield – osservò Uriah, con pietà insolente e ipocrita.
– ... una signora così giovane, e così attraente, per quanto rispetto vi portasse, poteva aver obbedito, nello sposarvi, soltanto a considerazioni mondane. Io non am-mettevo altri innumerevoli sentimenti e circostanze che potevano averla decisa. Per amor del Cielo, non dimenticate questo!
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– Con quanto tatto lo dice! – osservò Uriah, scotendo il capo.
– Giudicandola sempre al lume dell’unico mio principio
– disse il signor Wickfield – ma io vi supplico, mio buono amico, per quanto avete di più caro, di considerar questo; ora son costretto a confessarlo, non potendo farne a meno...
– No! È impossibile, signor Wickfield – osservò Uriah –
giacché siamo arrivati dove siamo arrivati.
– ... che io – disse il signor Wickfield, dando un’occhiata di sgomento e di disperazione al suo socio – che io avevo dubitato di lei; e che avevo creduto ella mancasse ai suoi doveri verso di voi; e che a volte, se debbo dir tutto, non vedevo di buon occhio che Agnese mantenes-se con lei rapporti molto familiari, perché non scoprisse ciò che io vedevo, o ciò che la mia teoria mi faceva vedere. Di questo non feci parola a nessuno. Mi sarei ben guardato dal dirlo a nessuno. E pel quanto possa esser terribile per voi l’udirlo – disse il signor Wickfield, completamente affranto – se sapeste come è terribile per me dirlo, sentireste compassione di me.
Il dottore, nella perfetta bontà della sua natura, gli tese la mano. Il signor Wickfield la tenne per un po’ nella sua, a testa bassa.
– Lo so – disse Uriah, contorcendosi nel silenzio come un’anguilla – che questo è un argomento penoso per tut-1098
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ti. Ma giacché siamo arrivati fin qui, mi prendo la libertà di dire che anche Copperfield se n’era accorto.
Mi volsi a lui,domandandogli come osasse di tirarmi in ballo.
– Oh, è un tratto della vostra gentilezza, Copperfield! –
rispose Uriah, con un’ignobile ondulazione. – Sappiamo tutti come siete amabile; ma non ignorate che quando vi parlai l’altra sera, mi comprendeste benissimo. Mi comprendeste benissimo, Copperfield. Perché negarlo? Lo negate con le migliori intenzioni, ma non negatelo, Copperfield.
Vidi il mite occhio del vecchio e buon dottore volgersi a me per un istante, e sentii che la confessione dei miei antichi dubbi e sospetti era troppo chiaramente scritta sul mio viso per tentar di negarlo. Era inutile andare in furia. Non potevo contraddirmi, non potevo cancellar nulla.
Ci fu di nuovo silenzio, e si rimase così, finché il dottore non si levò e passeggiò due o tre volte su e giù nella stanza. Tornò poi alla poltrona, e appoggiandosi alla spalliera, e portandosi di tanto in tanto il fazzoletto agli occhi, disse, con una lealtà schietta che gli faceva più onore di qualunque simulazione:
– Sono stato meritevole d’ogni biasimo. Credo d’aver meritato ogni biasimo. Ho esposto una persona che tiene il primo posto nel cuor mio a sospetti e a 1099
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calunnie... le chiamo calunnie, anche se furono concepite nell’imo dei cuori... delle quali, senza di me, ella non sarebbe mai stata l’oggetto...
Uriah Heep soffiò fortemente per il naso; forse per esprimere la sua simpatia.
– ... delle quali la mia Annie – disse il dottore – senza di me, non sarebbe mai stata l’oggetto. Signori, io sono vecchio ora, come sapete; e sento, stasera, che non mi rimane molto da vivere. Ma io rispondo sulla mia vita...
sulla mia vita... della felicità e dell’onore della cara donna che è stata l’oggetto di questa conversazione.
La più felice incarnazione della cavalleria, la perso-nificazione della più bella e più romantica figura immaginata mai da un pittore, non si sarebbe mai comportata con una dignità più commovente di quella del vecchio e buon dottore.
– Ma io non ho l’intenzione di negare – egli continuò –
di negare... forse posso anche essere, senza saperlo, disposto in qualche modo ad ammettere... di aver potuto contro la mia volontà, attrarre quella donna nella rete d’un matrimonio infelice. Non sono un individuo dotato di una grande facoltà d’osservazione, e non posso non ammettere che l’osservazione di parecchi, di diverse età e condizioni, tutti concordi in una stessa cosa, sia naturalmente migliore della mia.
Avevo spesso ammirato, come ho già detto altrove, la 1100
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benevolenza delle sue maniere verso la sua giovane moglie; ma la rispettosa tenerezza da lui manifestata in ogni accenno a lei, in quella occasione, e il modo quasi di riverenza col quale allontanava da sé ogni dubbio sull’onestà di lei, lo levarono ai miei occhi a un’altezza indicibile.
– Io la sposai – disse il dottore – quando ella era molto giovane. La presi con me quando il suo carattere era appena formato. Ero stato felice d’aver contribuito al suo sviluppo. Conoscevo bene suo padre. Conoscevo bene lei. Le avevo insegnato ciò che avevo potuto, per l’amore di tutte le sue belle e virtuose qualità. Se le ho fatto del male, come temo, nell’approfittare (senza volerlo, giuro) della sua gratitudine e del suo affetto, io le chieggo sinceramente perdono.
Traversò la stanza, e ritornò allo stesso punto: la mano stringeva la poltrona tremando; la voce vibrava d’una commozione frenata.
– Mi considerai come un rifugio, per lei, dai pericoli e dalle insidie della vita. Ero persuaso che ella, nonostante fossimo d’età disparata, avrebbe vissuto tranquilla e soddisfatta di me.
Ma non crediate che io non abbia pensato che un giorno l’avrei lasciata libera di sé, e ancora giovane e ancora bella, ma con un più maturo giudizio... no, signori... in parola d’onore.
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