Uriah. – Chi direbbe che siete stato capace di percuoter-mi, quando vi sono stato sempre amico? Ma per litigare bisogna essere in due, e io non voglio litigare. Io continuerò ad esservi amico, a vostro dispetto. Così ora sapete ciò che potrete aspettarvi da me.
La necessità di disputare a bassa voce (la sua parte era lenta, la mia vivace) per non turbare la casa a quell’ora, non mi rendeva migliore, benché la mia ira andasse sbollendo. Dicendogli semplicemente che m’aspettavo da lui ciò che sempre m’ero aspettato, senza aver sperimentato la minima delusione, spalancai la porta su di lui, come fosse stato una grossa noce messa li per essere schiacciata, e uscii. Ma anche lui doveva uscire per andare a coricarsi in casa di sua madre; e prima che avessi fatto un centinaio di passi, me lo sentii alle costole.
– Voi sapete, Copperfield – mi disse in un orecchio (io non voltai la testa) – che vi mettete dalla parte del torto (io avvertivo che era così, e me ne sentivo maggiormente irritato) – voi non credete che la vostra sia stata una bell’azione, e non potete proibirmi di perdonarvi. Non ho intenzione di dir nulla a mia madre, o ad anima viva. Son risoluto di perdonarvi. Ma mi domando come abbiate avuto il coraggio di levar la mano contro una persona che voi conoscete così umile!
Mi sentivo appena meno vile di lui. Egli mi conosceva meglio di quanto mi conoscessi io stesso. Se avesse ritorto le mie ingiurie o mi avesse apertamente irritato, 1106
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n’avrei avuto un sollievo e una giustificazione; ma mi aveva messo a cuocere a fuoco lento, e ne fui tormentato tutta la notte.
La mattina, uscendo al primo tocco della campana mattutina, lo vidi camminare su e giù con la madre. Egli mi salutò come se nulla fosse accaduto, e non potei fare a meno di rispondere. Lo avevo percosso abbastanza forte da dargli il mal di denti, credo. A ogni modo aveva la faccia legata in un fazzoletto di seta nera, che, sotto il cappello che lo copriva, non contribuiva ad abbellirlo.
Seppi poi che il lunedì mattina era andato a Londra da un dentista a farsi cavare un dente. Avrei voluto che fosse stato un molare.
Il dottore ci fece dire che non stava bene; e se ne rimase appartato quasi sempre in tutto il periodo della visita della famiglia Wickfield. Prima che riprendessimo il nostro lavoro, Agnese e suo padre erano già via da una settimana. Il giorno prima il dottore mi aveva personalmente consegnato una letterina aperta, a me diretta, nella quale mi raccomandava, con poche affettuose parole, di non fare allusioni al colloquio di quella sera. Io l’avevo riferito a mia zia, ma a nessun altro. Non era cosa di cui potessi parlare ad Agnese, e Agnese non aveva il minimo sospetto di ciò che era accaduto.
E non l’ebbe allora, n’ero sicuro, neppure la signora Strong. Passarono parecchie settimane prima che io no-tassi in lei il minimo mutamento, che apparve lentamen-1107
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te come una nuvola quando non c’è vento. In principio, sembrò meravigliarsi della pietosa tenerezza con cui il dottore le parlava, e del suo desiderio ch’ella facesse venir la madre, per rompere un po’ la monotonia di quella vita. Spesso, quando noi eravamo al lavoro ed ella ci sedeva accanto, la vedevo ferma a guardare il marito con la memorabile espressione di quella sera.
Dopo, a volte, la vedevo levarsi con gli occhi umidi di pianto e uscir dalla stanza. Gradatamente, un’ombra di infelicità velò la sua bellezza, e diventò più densa ogni giorno. La signora Markleham era allora una regolare inquilina della casa; ma essa non faceva che ciarlare, non accorgendosi di nulla.
A misura che avveniva quel lento mutamento in Annie, la quale una volta era come un raggio di sole nella casa del dottore, questi diventava più vecchio all’aspetto e più grave; ma la dolcezza del suo carattere, la placida gentilezza dei suoi tratti, e la sua benevola sollecitudine per lei, erano, se mai, aumentate. Lo vidi una volta, presto, la mattina del genetliaco della moglie, nel momento ch’ella venne a sedersi nel vano della finestra della stanza dove lavoravamo (come soleva sempre, ma come fece allora con un’aria timida e incerta che mi sembrò molto commovente), prenderle la testa fra le mani, baciarla, e andar frettolosamente via, troppo commosso per rimanere. Vidi lei rimanere nel punto dove egli l’aveva lasciata, rigida come una statua, e poi chinar la testa, e giungere le mani, e piangere, non so dire come an-1108
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gosciosamente.
In appresso, immaginai talvolta nei momenti che rimanevamo soli, ch’ella volesse parlarmi. Ma non disse mai una parola. Il dottore aveva sempre qualche nuovo progetto per farla partecipare, a divertimenti fuori di casa, con la madre; e la signora Markleham, che andava matta per i divertimenti, e che non cercava altro, vi correva con indicibile slancio, e lodava altamente il genero. Ma Annie si lasciava condurre triste e svogliata dove la madre la conduceva, e sembrava non curarsi di nulla.
Non sapevo che pensare, e neppure mia zia, che doveva aver camminato, in varie volte, un centinaio di miglia nella sua incertezza. Il più bizzarro si era che la sola persona che sembrasse arrecare un vero sollievo nella regione segreta di questa infelicità domestica, era il signor Dick.
Mi sarebbe impossibile dire, come sarebbe stato impossibile a lui stesso, quali fossero i suoi pensieri al riguardo, o le sue osservazioni. Ma la venerazione ch’egli aveva per il dottore, come ho ricordato nella narrazione della mia vita scolastica, era illimitata; e vi è una sottigliezza di percezione nel vero affetto, che si lascia indietro, anche quando si tratti dell’affetto di qualche povero animale per l’uomo, perfino l’intelligenza più alta. Nel signor Dick questo spirito del cuore, se così posso chiamarlo, vide qualche raggio della verità.
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Egli aveva orgogliosamente ripreso a esercitare il suo privilegio, in molte delle sue ore di riposo, di passeggiare su e giù nel giardino col dottore; appunto come soleva passeggiare nel giardino di Canterbury.
Ma non appena le cose furono nella condizione già detta, egli dedicò tutte le sue ore di riposo (e si levava più presto per averne di più) a quelle passeggiate. Se non era mai stato più felice di quando il dottore gli leggeva la sua prodigiosa opera, il Dizionario, egli appariva ora veramente infelice, se il dottore non lo traeva di tasca e cominciava. Quando il dottore e io eravamo occupati, egli aveva contratto l’abitudine di passeggiare su e giù nel giardino con la signora Strong, aiutandola a coltiva-re i suoi fiori prediletti, o a ripulire le aiuole. Forse quell’interessamento e il suo affettuoso sguardo trova-vano sempre una rispondenza nei cuori dei due coniugi; ciascuno sapeva che l’altro voleva bene al signor Dick, e ch’egli voleva bene a entrambi; ed egli diventò ciò che nessun altro poteva diventare... un legame fra loro.
Quando penso a lui, e lo veggo, col volto saggio e impenetrabile, passeggiare su e giù col dottore, felice di tutte le parole incomprensibili del Dizionario; quando penso a lui, e lo veggo portare dietro Annie un colossale annaffiatoio, o trascinarsi carponi, occupato in pazienti e microscopici lavori fra le foglioline, esprimendo, come nessun filosofo avrebbe potuto, in tutto ciò che faceva, un delicato desiderio di rendersi utile, mostrando simpatia, fedeltà ed affetto da ogni buco, per così dire, del-1110
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l’annaffiatoio; quando mi dico che in quei momenti, la sua anima, tutta compresa dalla muta tristezza dei suoi amici, non si smarriva più nelle antiche follie, e che neppure una volta introdusse nel giardino l’infelice re Carlo, che non inciampò un momento nella sua buona volontà riconoscente, che non dimenticò mai che v’era lì qualche malinteso da appianare, mi sento quasi confuso d’aver potuto credere ch’egli non fosse sempre con la testa a posto, specialmente se tengo conto del poco che ho fatto con la mia.
– Soltanto io so, Trot, quanto valga quell’uomo! –
osservava orgogliosamente mia zia, allorché se ne parlava. – Dick farà ancora di più.
Prima di chiudere questo capitolo, bisogna che passi a un altro soggetto. Mentre in casa del dottore c’erano ancora gli ospiti, osservai che il portalettere ogni mattina portava due o tre missive per Uriah Heep, che rimaneva a Highgate con gli altri, essendosi in tempo di vacanza.
L’indirizzo era sempre di mano del signor Micawber, che adottava per gli affari il rondo. Ero lieto di conchiudere, da quei leggeri indizi, che il signor Micawber se la passava bene; e quindi fui molto sorpreso il giorno che ricevei la seguente lettera da parte della sua amabile moglie:
« Canterbury, lunedì sera.
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«Indubbiamente sarete meravigliato, mio caro signor Copperfield, di ricevere questa lettera. Forse lo sarete ancora più dal suo contenuto, e molto più ancora dalla preghiera di segreto assoluto che mi onoro di farvi. Ma i miei sentimenti di moglie e di madre han bisogno d’uno sfogo; e giacché non voglio consultare la mia famiglia (già poco favorevole alle idee del signor Micawber), non conosco altri che il mio amico ed ex-pensionario al quale ricorrere per consiglio.
«Voi forse sapete, mio caro signor Copperfield, che fra me e il signor Micawber (che io non abbandonerò mai), ha regnato sempre un sentimento di reciproca fiducia. Il signor Micawber avrà potuto di tanto in tanto firmare una cambiale senza consultarmi o inesattamente informarmi sul termine della scadenza. Questo si è potuto dare; ma, in generale, il signor Micawber non ha tenuto nulla nascosto al seno dell’affetto – alludo a sua moglie
– e ha invariabilmente, nell’atto di andare a coricarsi, ri-capitolato gli avvenimenti del giorno.
«Ora immaginate, mio caro signor Copperfield, tutta l’amarezza dei miei sentimenti, se vi dico che il signor Micawber è interamente mutato. Egli è riservato. Egli è segreto. La sua vita è un mistero alla compagna delle sue gioie e delle sue tristezze – alludo di nuovo a sua moglie – e io posso assicurarvi che oltre al sapere che egli sta mattina e sera nello studio, di lui so ora meno di quanto sappia di quell’uomo favoloso, del quale si rac-1112
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conta ai bambini che viveva leccando i muri.
«Ma questo non è tutto. Il signor Micawber è accigliato, è severo, vive come un estraneo col nostro figliuolo maggiore e con la nostra figliuola, non parla più con orgoglio dei suoi gemelli, e guarda con un’occhiata fredda perfino l’innocente diventato recentemente un membro del nostro circolo familiare. I mezzi pecuniari per far fronte alle nostre spese, ridotte al minimo necessario, li ottengo da lui con gran difficoltà. Egli mi minaccia continuamente d’andar lontano a farsi colono (è la sua esatta espressione); e inesorabilmente rifiuta di darmi la minima spiegazione d’una condotta che mi fa male.