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– Che venga avanti – dissi.

Tosto apparve, e si fermò, nell’ombra della porta, un vecchio robusto dai capelli grigi. La piccola Agnese, attratta dagli sguardi dello straniero, gli era corsa incontro per farlo entrare, e io non lo avevo visto ancora distintamente in faccia, quando mia moglie, balzando in piedi, mi gridò, agitata e commossa, che era il pescatore Peggotty.

Era lui. Vecchio, ma d’una vecchiezza vegeta e vigorosa. Calmata la nostra prima commozione, egli si sedé accanto al fuoco coi miei bambini sulle ginocchia e i riflessi delle fiamme in viso, e mi parve così forte e così robusto, e bello anche, direi, come nessun vecchio mai.

– Signorino Davy – egli disse; e l’antico appellativo nell’antico tono mi sonava così naturale all’orecchio! – Signorino Davy, è una gran gioia per me rivedervi con la vostra buona signora.

– Anche per noi, mio vecchio amico! – esclamai.

– E questi bei piccini! – disse il pescatore Peggotty. –

Sembrano tanti fiori! Non eravate più alto del più piccolo di questi bambini quando vi vidi la prima volta, si-1541

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gnorino Davy. E l’Emilia non era più grande neppure lei, e il nostro povero ragazzo era ancora piccino.

– Il tempo m’ha cambiato molto più che non abbia cambiato voi da allora – dissi. – Ma lasciate andare questi monelli a letto; e siccome non posso permettere che in tutta l’Inghilterra vi dia ricetto un’altra casa che non sia la mia, ditemi dove debbo mandare a prendere il vostro bagaglio (scommetto che v’è compreso anche il sacco nero che ha viaggiato tanto!), e poi, bevendo un po’

d’acquavite e d’acqua come si fa a Yarmouth, passere-mo in rassegna tutti gli avvenimenti del trascorso decen-nio.

– Siete solo? – chiese Agnese.

– Sì, signora – egli disse, baciandole la mano – sono solo.

Lo facemmo sedere fra noi, non sapendo come espri-mergli il nostro piacere; e cominciando ad ascoltare quella voce che m’era così familiare, quasi mi sembrava che egli fosse ancora in viaggio in cerca della sua diletta nipote.

– V’è un bel tratto d’acqua da attraversare disse il pescatore – Peggotty – per dover poi rimanere soltanto poche settimane. Ma l’acqua, specialmente quando è salata, mi è familiare; e gli amici sono così cari, che si passano i mari. Ho fatto un verso – disse il pescatore Peggotty, sorpreso di quella scoperta – ma senza accorger-1542

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mene.

– E pensate di rifare così presto un viaggio così lungo?

– chiese Agnese.

– Sì, signora – egli rispose. – L’ho promesso ad Emilia prima di partire. Vedete, non ridivento più giovane mentre passano gli anni, e se non fosse stato ora, forse non l’avrei fatto più. Avevo desiderato di venire a trovare il signorino Davy e voi nella vostra casa felice, prima di diventar troppo vecchio.

Egli ci contemplava come se non potesse saziare abbastanza gli occhi. Agnese, ridendo, gli allontanò dalla fronte alcune ciocche della grigia capigliatura, perché egli potesse guardarci a suo agio.

– E ora narrateci – dissi – tutto ciò che riguarda la vostra vita laggiù.

– La nostra vita, signorino Davy – egli soggiunse – si narra in due parole. – Non abbiamo fatto fortuna, ma con l’aiuto di Dio ce la caviamo bene. Tutti ce la siamo magnificamente cavata. Abbiamo dovuto lavorar molto, questa è la verità, e in principio s’è tribolato un po’, ma siamo andati coraggiosamente innanzi. Un po’ con l’allevamento delle pecore, un po’ con la coltivazione dei terreni, un po’ con una cosa e un po’ con l’altra, siamo arrivati a star che meglio non potevamo sperare. Il Signore ci ha voluto aiutare – disse il pescatore Peggotty, chinando rispettosamente la testa – e siamo andati in-1543

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nanzi un po’ per volta. Se non era ieri, era oggi:se non oggi, domani.

– E l’Emilia? – domandammo insieme io ed Agnese.

– L’Emilia, signora, non ha mai, dopo la nostra partenza, pregato la sera, prima d’andarsi a coricare, laggiù, nei boschi dove ci eravamo stabiliti, dall’altro lato del sole, che io non l’abbia sentita mormorare il vostro nome. Quando, la sera della nostra partenza, voi la la-sciaste e noi perdemmo di vista il signorino Davy, ella appariva molto abbattuta, e son certo che se avesse saputo allora ciò che il signorino Davy ebbe la prudenza e la bontà di nasconderci, non avrebbe potuto resistere al colpo. Ma a bordo v’era della povera gente malata, ed essa s’improvvisò infermiera; v’erano dei bambini, e si mise ad accudirli con tanto amore. Tutto questo la di-strasse; e facendo del bene agli altri, ella ne fece a se stessa.

– E la disgrazia, quando la seppe? – domandai.

– Gliela nascosi, dopo che l’avevo saputa io, per circa un anno – disse il pescatore Peggotty. – Abitavamo in un luogo solitario, ma fra i più begli alberi del mondo e fra le rose che s’arrampicavano fin sul tetto. Arrivò un giorno, mentre lavoravo dei campi, un viaggiatore del Norfolk o del Suffolk, non ricordo bene, e naturalmente lo facemmo entrare in casa per dargli da bere e da mangiare, come si fa tutti nella colonia. Aveva addosso un 1544

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vecchio giornale che parlava della burrasca. E fu così ch’essa seppe tutto. Quando tornai a casa la sera, trovai che lo sapeva.

Abbassò la voce dicendo quelle parole, e il suo viso assunse quella gravità che tante volte avevo notata in lui.

– E questo la cambiò molto? – chiedemmo.

– Sì, per lungo tempo – egli disse, scotendo il capo –

se non fino a oggi. Ma credo che la solitudine le abbia fatto bene. E poi ha molto da fare con le galline e i tac-chini e le altre bestie. Ne fu abbattuta, ma poi si riebbe.

Non so – disse con aria pensosa – se riconoscereste più l’Emilia, signorino Davy.

– È così cambiata? – chiesi.

– Non so. Vedendola tutti i giorni, non so; ma certe volte, ci ho pensato. Magra, magra – disse il pescatore Peggotty, contemplando il fuoco – consumata, tenera, mesta, con quei suoi occhi azzurri; un viso delicato, una bella testa un po’ curva; una voce tranquilla... quasi timida. Ecco com’è diventata l’Emilia.

Noi l’osservammo in silenzio, mentre egli contemplava il fuoco con aria pensosa.

– Alcuni credono – ripigliò – che avesse mal collocato il suo affetto; altri che il suo matrimonio fosse rotto dalla morte. Nessuno sa la verità. Ella si sarebbe potuta mari-1545

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tare molte volte, «Ma, zio – mi dice – per me è finita».

Si mostra allegra con me, ma è molto riservata quando ci sono degli estranei. È capace di fare un viaggio, se si tratta di dare una lezione a un bambino, o di vegliare un malato o di rendere qualche servigio a una ragazza che va sposa (ne ha fatti molti di matrimoni, ma non ha mai voluto assistere ad uno). Essa vuol molto bene a suo zio... è paziente. Tutti le vogliono bene, giovani e vecchi. Tutti quelli che soffrono, la invocano. Questa è l’Emilia.

Si passò le mani sugli occhi, e con un sospiro represso levò il viso dal fuoco.

– E Marta è ancora con voi? – chiesi.

– Marta – egli rispose – si maritò, signorino Davy, due anni dopo. Un giovane, un giovane lavoratore, che passava innanzi a casa nostra andando al mercato con le derrate del padrone... un viaggio di cinquecento miglia, andata e ritorno... le offerse di sposarla (le mogli sono molto rare in quei posti), e poi di stabilirsi per conto loro nelle foreste. Ella mi chiese di raccontare la sua storia a quel giovane. Io gliela raccontai. Si sposarono e abitano quattrocento miglia lontano da qualunque voce umana. Non sentono che la loro e quella degli uccelli.

– E la signora Gummidge? – domandai. Toccai un tasto piacevole, perché il pescatore Peggotty scoppiò in una risata, e si stropicciò le mani lungo le gambe, come era 1546

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solito fare quando era di buon umore nell’antica casa-battello.

– Lo credereste? – egli disse. – Ebbene, ci fu uno che le fece la proposta di sposarla. Se un cuoco di bastimento, che s’è fatto coltivatore laggiù, non ha domandato la mano della signora Gummidge, signorino Davy, voglio essere impiccato... e non posso dire più di così.

Are sens