– Entrò qui – disse il cameriere, continuando a guardar la luce attraverso il bicchiere; – ordinò una tazza di questa birra... la volle ordinare... io gliel’avevo sconsiglia-to... la bevve,e stramazzò morto. Era troppo forte per lui. Non doveva berla, ecco tutto.
Mi commossi molto al racconto di quel triste caso, e 123
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dissi che forse avrei fatto meglio ad accontentarmi dell’acqua semplice.
– Ma vedete – disse il cameriere, sempre fissando la luce attraverso il bicchiere, e chiudendo un occhio – ai miei padroni non piace che si ordini la roba e poi si lasci. Se ne offendono. La berrò io, se non vi dispiace. Mi ci sono abituato, e l’abitudine è tutto. Non pensate che mi possa far male, se butto la testa all’indietro e la tra-canno subito. La bevo?
Risposi che m’avrebbe fatto un vero piacere a berse-la, se credeva di poterlo fare impunemente; ma se no, no per carità. Quando buttò la testa indietro e subito la tracannò, ebbi un’orribile paura, confesso, di vederlo far la fine del compianto signor Topsawyer, e cadere esani-me sul tappeto. Ma non gliene venne male, anzi mi parve più arzillo di prima.
– Che avete qui? – disse, puntando una forchetta sul piatto. – Costolette, forse?
– Costolette – dissi.
– Che il signore vi benedica! – egli esclamò. – Non sapevo che fossero costolette! Ebbene, una costoletta è proprio ciò che ci vuole per scongiurare i cattivi effetti di quella birra. Non è una fortunata combinazione?
Così con una mano prese dalla parte dell’osso una costoletta e con l’altra una patata, e cominciò a mangiare con ottimo appetito, con mia grande soddisfazione.
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Dopo si prese un’altra patata; e dopo ancora un’altra costoletta e un’altra patata. Quand’ebbe finito, mi portò un budino e messomelo innanzi, parve meditare e distrarsi per alcuni istanti.
– Che cosa è questo pasticcio? – disse, svegliandosi.
– Un budino – risposi.
– Budino – egli esclamò. – To’, che il Signore mi benedica, proprio un budino! Che! – esaminandolo più da presso. – Non mi volete dare a intendere che sia un budino ripieno.
– Sì, ripieno.
– Ebbene, il budino ripieno – disse, afferrando un cucchiaio – è la mia passione. Che combinazione fortunata!
Avanti, piccino, facciamo a chi ne piglia di più.
Certamente ne pigliò più lui. Più d’una volta mi spronò, e mi supplicò di vincere; ma con quel suo cucchiaio da tavola contro il mio cucchiaino, la sua destrezza contro la mia, il suo appetito contro il mio, fui lasciato indietro al primo boccone, e non mi rimase alcuna probabilità di vittoria. Credo che nessun altro mai sapesse goder tanto d’un budino; e si mise a ridere, quando la vivanda fu tutta sparita, come se il piacere durasse ancora.
Vedendolo così affabile e socievole, m’arrischiai a chiedergli la penna, l’inchiostro e la carta per scrivere a Peg-125
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gotty. Non solo me li portò immediatamente, ma fu tanto buono da legger la lettera mentre la scrivevo. Quando l’ebbi finita, mi chiese a quale istituto fossi diretto.
Dissi «Vicino a Londra», che era tutto ciò che sapevo.
– Oh, veramente! – disse con tono d’abbattimento. – Me ne dispiace molto.
– Perché? – gli chiesi.
– Oh, signore! – disse, scotendo il capo. – È l’istituto dove ruppero le costole d’un ragazzo... due costole...
d’un ragazzino. Mi pare che avesse... aspettate... quanti anni avete voi, presso a poco?
Gli dissi fra gli otto e i nove.
– Appunto otto o nove anni – disse. – Aveva otto anni e sei mesi quando gli ruppero la prima costola; otto anni e otto mesi quando gli ruppero la seconda, e fu spacciato.
Non potei nascondere né a me, né al cameriere l’impressione di quel caso doloroso, e gli chiesi in che modo gliele avessero rotte. La sua risposta non mi ralle-grò molto, perché consisteva di due terribili parole: «A nerbate».
Il suono della cornetta della diligenza nel cortile fu una opportuna diversione. Mi levai da tavola e chiesi con esitazione, col sentimento, misto d’orgoglio e di diffidenza, di essere in possesso d’un borsellino (l’avevo tratto di tasca), se vi fosse qualche cosa da pagare.
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– Un foglio di carta da lettere – egli rispose. – Avete mai comprato un foglio di carta da lettere?
Non potevo ricordare d’averlo mai fatto.