vecchio giornale che parlava della burrasca. E fu così ch’essa seppe tutto. Quando tornai a casa la sera, trovai che lo sapeva.
Abbassò la voce dicendo quelle parole, e il suo viso assunse quella gravità che tante volte avevo notata in lui.
– E questo la cambiò molto? – chiedemmo.
– Sì, per lungo tempo – egli disse, scotendo il capo –
se non fino a oggi. Ma credo che la solitudine le abbia fatto bene. E poi ha molto da fare con le galline e i tac-chini e le altre bestie. Ne fu abbattuta, ma poi si riebbe.
Non so – disse con aria pensosa – se riconoscereste più l’Emilia, signorino Davy.
– È così cambiata? – chiesi.
– Non so. Vedendola tutti i giorni, non so; ma certe volte, ci ho pensato. Magra, magra – disse il pescatore Peggotty, contemplando il fuoco – consumata, tenera, mesta, con quei suoi occhi azzurri; un viso delicato, una bella testa un po’ curva; una voce tranquilla... quasi timida. Ecco com’è diventata l’Emilia.
Noi l’osservammo in silenzio, mentre egli contemplava il fuoco con aria pensosa.
– Alcuni credono – ripigliò – che avesse mal collocato il suo affetto; altri che il suo matrimonio fosse rotto dalla morte. Nessuno sa la verità. Ella si sarebbe potuta mari-1545
Charles Dickens David Copperfield
tare molte volte, «Ma, zio – mi dice – per me è finita».
Si mostra allegra con me, ma è molto riservata quando ci sono degli estranei. È capace di fare un viaggio, se si tratta di dare una lezione a un bambino, o di vegliare un malato o di rendere qualche servigio a una ragazza che va sposa (ne ha fatti molti di matrimoni, ma non ha mai voluto assistere ad uno). Essa vuol molto bene a suo zio... è paziente. Tutti le vogliono bene, giovani e vecchi. Tutti quelli che soffrono, la invocano. Questa è l’Emilia.
Si passò le mani sugli occhi, e con un sospiro represso levò il viso dal fuoco.
– E Marta è ancora con voi? – chiesi.
– Marta – egli rispose – si maritò, signorino Davy, due anni dopo. Un giovane, un giovane lavoratore, che passava innanzi a casa nostra andando al mercato con le derrate del padrone... un viaggio di cinquecento miglia, andata e ritorno... le offerse di sposarla (le mogli sono molto rare in quei posti), e poi di stabilirsi per conto loro nelle foreste. Ella mi chiese di raccontare la sua storia a quel giovane. Io gliela raccontai. Si sposarono e abitano quattrocento miglia lontano da qualunque voce umana. Non sentono che la loro e quella degli uccelli.
– E la signora Gummidge? – domandai. Toccai un tasto piacevole, perché il pescatore Peggotty scoppiò in una risata, e si stropicciò le mani lungo le gambe, come era 1546
Charles Dickens David Copperfield
solito fare quando era di buon umore nell’antica casa-battello.
– Lo credereste? – egli disse. – Ebbene, ci fu uno che le fece la proposta di sposarla. Se un cuoco di bastimento, che s’è fatto coltivatore laggiù, non ha domandato la mano della signora Gummidge, signorino Davy, voglio essere impiccato... e non posso dire più di così.
Non avevo mai visto Agnese ridere tanto! La improvvisa ilarità del pescatore Peggotty l’aveva tanto divertita ch’ella non poteva tenersi; e più essa rideva, e più mi faceva ridere, e maggiore diventava l’ilarità del pescatore Peggotty, e più egli s’affannava a stropicciarsi le gambe.
– E che fece la signora Gummidge? – chiesi, dopo essermi in qualche modo ricomposto.
– Lo credereste? – rispose il pescatore Peggotty. – La signora Gummidge, invece di dire: «Grazie, vi sono molto obbligata, ma non mi sento alla mia età di cambiar metodo di vita», prese un secchio d’acqua che le stava accanto, e glielo vuotò in testa. Il disgraziato cuoco, inzuppato che pareva un naufrago, si mise a gridare aiuto, e io corsi a salvarlo.
Il pescatore Peggotty scoppiò in un’altra grossa risata, e Agnese e io gli tenemmo compagnia.
– Ma debbo far giustizia a quella povera donna –
egli ripigliò, asciugandosi il volto, quand’ebbe riso fino alle lagrime. – Ella ha mantenuto tutto ciò che aveva 1547
Charles Dickens David Copperfield
promesso e ha fatto anche di più. È stata la più volonte-rosa, la più fedele, la più attiva donna, che abbia mai respirato, signorino Davy. Non l’ho mai più sentita lagnarsi d’esser sola e abbandonata, neppure per un istante, neppure quando la colonia era ancora da formare ed eravamo appena sbarcati. E non ha pensato più al vecchio, vi giuro, da che ha lasciato l’Inghilterra.
– Ora, del signor Micawber – dissi. – Egli ha pagato tutte le cambiali che aveva lasciate, anche quella di Traddles, ricordi, mia carissima Agnese? E perciò im-maginiamo che tutto gli vada a seconda. Ma quali sono le sue ultime notizie?
Il pescatore Peggotty sorridendo portò la mano alla tasca della giacca, e ne cavò un involtino di carta, dal quale trasse, con molta cura, uno strano giornaletto.
– Bisogna che sappiate, signorino Davy – egli aggiunse – che noi abbiamo lasciato le foreste, per andare ad abitare vicino a Port Middlebay, dove sta ciò che noi chiamiamo una città.
– E il signor Micawber era nelle foreste con voi? –
domandai.
– Sì, con noi – disse il pescatore Peggotty – e si mise a lavorare di gran lena. Non avevo visto mai nulla di simile. Lo vedevo a testa nuda, grondante sotto il sole, come se si stesse liquefacendo. E ora è magistrato.
– Magistrato? – dissi.
1548
Charles Dickens David Copperfield
Il pescatore Peggotty m’indicò un certo articolo nel giornale, ed io lessi ad alta voce ciò che segue, dal Times di Port Middlebay:
«Il solenne pubblico banchetto offerto al nostro colono e concittadino WILKINS MICAWBER, magistrato del distretto di Port Middlebay, ebbe luogo ieri nella gran sala dell’albergo, spettacolosamente gremita. Si calcola che non vi fossero meno di quarantasette persone a tavola, senza contare quelle che ingombravano il corridoio e le scale. Vi s’era data convegno, per fare onore a quell’uo-mo così meritamente stimato, così largamente popolare e di così vasto ingegno, la società più ragguardevole, più elegante e più riservata di Port Middlebay. Presiedeva il dottor Mell (della scuola coloniale di Salem House, a Port Middlebay), e aveva a destra il festeggiato. Dopo che venne tolta la tovaglia, e il canto del Non nobis (splendidamente eseguito, e nel quale non era difficile distinguere le note squillanti di quel geniale dilettante che è WILKINS MICAWBER, juniore), furono pronunciati, secondo l’uso, e acclamati parecchi brindisi vibranti di alto patriottismo. Il dottor Mell, con un discorso pieno di sentimento, brindò alla salute del nostro ragguardevole ospite, ornamento della nostra città. «Possa egli non mai lasciarci, se non per diventar più grande, e possa il suo successo fra noi esser tale da rendergli impossibile una grandezza maggiore!» Gli applausi che coronarono 1549
Charles Dickens David Copperfield