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Dopo sparecchiò la tavola; dopo si presentò con un altro 202

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cappello in testa, e la scatola da lavoro, e la fettuccia della misura; e il moccolo di candela, precisamente come una volta.

Ci sedemmo intorno al fuoco, e conversammo deliziosamente. Io parlai della crudeltà di Creakle e mi compian-sero molto. Le intrattenni sulla bellezza di Steerforth e della protezione ch’egli mi accordava, e Peggotty disse che avrebbe fatto un viaggio di venti miglia per vederlo.

Mi presi il bimbo nelle braccia quando si svegliò e lo cullai teneramente. Quando si riaddormentò, mi feci a fianco di mia madre, secondo l’antica abitudine, da lungo tempo interrotta, e me ne stetti con le braccia intorno alla sua vita, e il capo sulla sua spalla, e ancora una volta sentii la sua bella chioma avvolgermi – come l’ala d’un angelo, pensavo, ricordo – e mi sentii veramente beato.

Mentre me ne stavo così, fissando il fuoco, e contemplando delle figurazioni nei carboni accesi, credevo quasi di non essermi allontanato mai; che il signore e la signorina Murdstone fossero in quelle figurazioni del focolare e sarebbero svaniti a un nuovo movimento dei carboni; e che non c’era nulla di vero in ciò che ricordavo, tranne mia madre, Peggotty e me.

Peggotty se ne stette a rammendare una calza finché poté vederci, e poi se la tenne infilata nella sinistra come un guanto, pronta, con l’ago nella destra, a dare un altro punto tutte le volte che c’era una fiammata.

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Non indovino a chi appartenessero tutte quelle calze che Peggotty era sempre affaccendata a rammendare, o donde le venisse quella inesauribile provvista di calze in necessità di rammendi. Dalla mia prima infanzia ella s’era sempre occupata di quella branca di cucito, e mai di nessun’altra, neppure per eccezione.

– Vorrei sapere – disse Peggotty, che a volte veniva presa dalla smania di parlare di argomenti assolutamente estranei e imprevisti – che n’è avvenuto della zia di Davy.

– Signore Iddio, Peggotty – osservò mia madre, che si riscosse come da un sogno: – che sciocchezze ti passano per la testa?

– Sì, ma veramente vorrei saperlo, signora – disse Peggotty.

– Come mai ti viene in mente? – disse mia madre. –

Non puoi pensare a qualche altra cosa?

– Non so come sia – disse Peggotty. – Forse perché son stupida, ma la mia testa non sa scegliersi le persone.

Vengono e vanno, e vanno e vengono, come piace a loro. Vorrei sapere che n’è di lei.

– Come sei assurda, Peggotty! – rispose mia madre. – Ti piacerebbe forse una sua seconda visita?

– Dio ce ne scampi! – esclamò Peggotty.

– Allora fammi il favore di non parlare di cose tristi –

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disse mia madre. – La zia Betsey è chiusa nel suo villino accanto al mare, certamente, e continuerà a starsene lì.

A ogni modo non è probabile che voglia venire a inco-modarci una seconda volta.

– No! – osservò Peggotty. – Questo non si darà... ma vorrei sapere, se venisse a morire, se lascerebbe mai qualcosa a Davy.

– Santo Cielo, Peggotty – rispose mia madre: – che sciocca sei! Sai bene che si offese perfino della nascita di questo povero ragazzo.

– Immagino che sarebbe disposta a perdonargli ora – accennò Peggotty.

– E perché dovrebbe essere disposta a perdonargli ora?

– disse mia madre con qualche vivezza.

– Ora ch’egli ha un fratello, intendo – disse Peggotty.

Mia madre subitamente cominciò a piangere, dicendo come mai Peggotty avesse l’ardire di dire una cosa simile.

– Come se questa povera creaturina in culla avesse mai fatto del male a te o ad altri. Tu sei gelosa – ella disse. –

Faresti meglio se tu te ne andassi a sposare Barkis, il vetturale. Va’, corri.

– Farei felice la signorina Murdstone, se me n’andassi –

disse Peggotty.

– Come sei cattiva, Peggotty – rispose mia madre. – Tu 205

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sei incredibilmente gelosa della signorina Murdstone. Io credo che vorresti tener le chiavi tu e dare a tutti la roba nostra. Non me ne meraviglierei affatto affatto. E tu sai bene ch’ella lo fa per un semplice tratto di gentilezza e con le migliori intenzioni. Tu sai che è così, Peggotty...

tu lo sai bene.

Peggotty mormorò qualche cosa che equivaleva: «Al diavolo le migliori intenzioni!» e qualche cosa per dire che via via ce n’erano un po’ troppe di buone intenzioni.

– So che vuoi dire, lingua cattiva – disse mia madre. –

Ti capisco perfettamente, Peggotty. Tu lo sai bene, e mi meraviglio che tu non diventi rossa come il fuoco. Ma una cosa alla volta. Ora si tratta della signorina Murdstone, Peggotty, e qui ti voglio. Non l’hai sentita sempre dire e ripetere ch’essa mi crede troppo sventata e troppo... troppo...

– Bella – interruppe Peggotty.

– Bene – rispose mia madre, con un mezzo sorriso – se ella è così sciocca da dirlo, che c’entro io?

– Nessuno dice che c’entriate voi – disse Peggotty.

– M’auguro di no, veramente! – ribatté mia madre. –

Are sens