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David Copperfield

grembiule. – Non me n’ha parlato mai. E fa bene. Se avesse la faccia di dirmi una parola, sentirebbe gli schiaffi!

Non ho visto mai un viso rosso come il suo in quel momento; ma di nuovo se lo coprì, presa da un nuovo violento scoppio di risa: e dopo due o tre di quelle ma-novre corrispondenti ad altrettanti scoppi, riprese il desinare interrotto.

Notai che mia madre, benché sorridesse quando Peggotty la guardava, si faceva sempre più seria e pensosa.

Avevo già visto in principio che era mutata. Aveva ancora il viso molto bello, ma con un’aria troppo delicata e stanca; aveva la mano così sottile e bianca che mi sembrava quasi trasparente. Ma il mutamento al quale ora io alludo era qualche cosa di più: nelle sue maniere piene d’ansia, e di agitazione. Finalmente ella disse, allungando la mano e mettendola affettuosamente su quella della sua vecchia domestica:

– Peggotty cara, tu non pensi a maritarti? – Io, signora?

– rispose Peggotty, fissandola in viso. – Che il Signore vi benedica, no!

– No per adesso? – disse mia madre con tenerezza.

– Né adesso, né mai! – esclamò Peggotty. Mia madre le prese la mano, e disse:

– Non mi lasciare, Peggotty. Statti con me. Non sarà per molto tempo, forse. Che farei senza di te?

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– Lasciarvi, tesoro mio! – esclamò Peggotty. – No, per tutto l’oro del mondo. Chi ha potuto mettervi in testa una cosa simile? – Giacché Peggotty era da gran tempo abituata a parlar qualche volta a mia madre come a una bambina.

Mia madre non rispose; soltanto la ringraziò, e Peggotty continuò a discorrere a suo modo:

– Lasciarvi! Mi par di vedermi! Peggotty andar via dalla sua padrona! Mi piacerebbe di vederla. No, no, no – disse Peggotty, scotendo la testa e piegando le braccia; – lei no, mia cara. C’è qualche gatta che gongolerebbe se se n’andasse; ma Peggotty non gongolerebbe. Peggotty sarebbe disperata. Starò con voi finché non sarò una vecchia bacucca. E quando sarò troppo sorda, e troppo zop-pa, e troppo cieca, e senza neanche un dente, quando non sarò più buona a nulla, neppure a farmi rimproverare, allora andrò dal mio Davy, e lo pregherò di tenermi con lui.

– E io, Peggotty – dissi – sarò lieto di riceverti e ti farò un’accoglienza da regina.

– Dio ti benedica! – esclamò Peggotty. – Lo so, lo so. –

E mi baciò in anticipazione, in segno di gratitudine per la mia ospitalità. Dopo, si coperse di nuovo la testa col grembiule, e si fece un’altra risata a spese di Barkis.

Dopo, prese il bimbo dalla culla, e si mise a cullarlo.

Dopo sparecchiò la tavola; dopo si presentò con un altro 202

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cappello in testa, e la scatola da lavoro, e la fettuccia della misura; e il moccolo di candela, precisamente come una volta.

Ci sedemmo intorno al fuoco, e conversammo deliziosamente. Io parlai della crudeltà di Creakle e mi compian-sero molto. Le intrattenni sulla bellezza di Steerforth e della protezione ch’egli mi accordava, e Peggotty disse che avrebbe fatto un viaggio di venti miglia per vederlo.

Mi presi il bimbo nelle braccia quando si svegliò e lo cullai teneramente. Quando si riaddormentò, mi feci a fianco di mia madre, secondo l’antica abitudine, da lungo tempo interrotta, e me ne stetti con le braccia intorno alla sua vita, e il capo sulla sua spalla, e ancora una volta sentii la sua bella chioma avvolgermi – come l’ala d’un angelo, pensavo, ricordo – e mi sentii veramente beato.

Mentre me ne stavo così, fissando il fuoco, e contemplando delle figurazioni nei carboni accesi, credevo quasi di non essermi allontanato mai; che il signore e la signorina Murdstone fossero in quelle figurazioni del focolare e sarebbero svaniti a un nuovo movimento dei carboni; e che non c’era nulla di vero in ciò che ricordavo, tranne mia madre, Peggotty e me.

Peggotty se ne stette a rammendare una calza finché poté vederci, e poi se la tenne infilata nella sinistra come un guanto, pronta, con l’ago nella destra, a dare un altro punto tutte le volte che c’era una fiammata.

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Non indovino a chi appartenessero tutte quelle calze che Peggotty era sempre affaccendata a rammendare, o donde le venisse quella inesauribile provvista di calze in necessità di rammendi. Dalla mia prima infanzia ella s’era sempre occupata di quella branca di cucito, e mai di nessun’altra, neppure per eccezione.

– Vorrei sapere – disse Peggotty, che a volte veniva presa dalla smania di parlare di argomenti assolutamente estranei e imprevisti – che n’è avvenuto della zia di Davy.

– Signore Iddio, Peggotty – osservò mia madre, che si riscosse come da un sogno: – che sciocchezze ti passano per la testa?

– Sì, ma veramente vorrei saperlo, signora – disse Peggotty.

– Come mai ti viene in mente? – disse mia madre. –

Non puoi pensare a qualche altra cosa?

– Non so come sia – disse Peggotty. – Forse perché son stupida, ma la mia testa non sa scegliersi le persone.

Vengono e vanno, e vanno e vengono, come piace a loro. Vorrei sapere che n’è di lei.

– Come sei assurda, Peggotty! – rispose mia madre. – Ti piacerebbe forse una sua seconda visita?

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