– Mia cara Giovanna! – esclamò mia madre.
– Santo Cielo, Clara, non lo vedi? – esclamò la signorina Murdstone.
– Che cosa, mia cara Giovanna? – disse mia madre. –
Dove?
– Guarda – gridò la signorina Murdstone, – Tuo figlio.
S’è preso il bambino.
Era rimasta inerte per l’orrore, ma si sforzò di dare un balzo verso di me e strapparmelo dalle braccia. Poi s’in-debolì di nuovo, e si sentì così male, che si fu costretti a 211
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soccorrerla con la sua acquavite. Tornata in sé, mi vietò solennemente di toccar mai più mio fratello, per nessuna ragione al mondo; e la mia povera madre, che, lo comprendevo bene, la pensava diversamente, confermò il di-vieto, dicendo: «Senza dubbio hai ragione, mia cara Giovanna».
Un’altra volta che ci trovavamo tutti e tre insieme, quello stesso caro bimbo – che m’era veramente caro, per amor di mia madre – fu l’innocente occasione di far montare in bestia la signorina Murdstone. Mia madre, che gli aveva osservato gli occhi mentre le giaceva in grembo disse:
– Davy, vieni qui.
Vidi la signorina Murdstone interrompere la sua operazione d’infilzar perline.
– Ecco – disse gentilmente mia madre – sono perfettamente simili. Credo che siano i miei occhi. Hanno il color dei miei, ma sono meravigliosamente simili.
– Clara – disse la signorina Murdstone, levandosi con un gesto di collera – a volte tu sei veramente sciocca.
– Mia cara Giovanna... – protestò mia madre.
– Una vera sciocca – confermò la signorina Murdstone. – A chi altri poteva mai venire in mente di para-gonare il figlio di mio fratello con tuo figlio? Non si so-212
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migliano affatto. Sono esattamente diversi in tutto. E
spero che rimarranno così. Non è possibile che io me ne stia qui a sentir certi paragoni. – E così dicendo, uscì indignata dalla stanza, sbattendo violentemente la porta.
In poche parole, io non ero visto di buon occhio dalla signorina Murdstone. In poche parole, non ero visto di buon occhio da nessuno, neppur da me stesso; perché quelli che mi volevano bene non lo mostravano, e quelli che non mi volevano bene lo mostravano con tanta evidenza, che avevo la chiara coscienza di apparire innanzi a loro sempre impacciato, goffo e intontito.
Sentivo che la mia presenza li infastidiva, precisamente com’essi infastidivano me. Se io andavo nella stanza dove si trattenevano a conversare, e mia madre si mostrava di buon umore, m’accorgevo che al momento del mio ingresso una nube d’ansia le velava la faccia. Se il signor Murdstone era allegro, io lo facevo immusoni-re. Se la signorina Murdstone era nei suoi momenti peggiori, io glieli aggravavo. Avevo abbastanza percezione da comprendere che la vittima era sempre mia madre; ch’ella temeva di parlarmi o di mostrarmisi gentile, per tema di offenderli in un modo o nell’altro, e d’esserne rimproverata dopo; che non soltanto era in continuo timore di far loro dispiacere, ma del dispiacere che potesse derivar loro da me, e osservava trepidante i loro sguardi, se mai accennavo soltanto un gesto. Perciò risolsi di starmene lontano da loro più che mi fosse possi-213
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bile, e molte ore invernali sentii battere all’orologio della chiesa, seduto nella mia camera malinconica, avvolto nel mio piccolo soprabito e immerso nella lettura.
A volte la sera me ne andavo a trovare Peggotty in cucina, dove stavo a mio agio, e non temevo di mostrarmi qual ero. Ma in salotto non si parlava con lode né dell’uno né dell’altro di questi rimedi. L’istinto tormen-tatore che vi dominava me li interdisse entrambi. Ero ancora giudicato necessario all’educazione di mia madre, e, come una delle sue prove, non si poteva tollerare che io mi assentassi.
– Davide – disse il signor Murdstone, mentre dopo il desinare m’apparecchiavo come il solito ad andarmene;
– mi rattrista osservare che hai un carattere antisocievole.
– Come quello d’un orso! – disse la signorina Murdstone.
Non risposi, e chinai la testa.
– Ora, Davide – disse il signor Murdstone – una natura ostinata e antisocievole, è la peggiore che si possa dare.
– E la sua, fra quante ne ho conosciute di simili – osservò la sorella – è la più irremovibile e ostinata. E anche tu, mia cara Clara, dovresti riconoscerlo.
– Scusami, mia cara Giovanna – disse mia madre – ma sei assolutamente sicura... son certa che mi scuserai, mia 214
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cara Giovanna... di capire Davy?
– Arrossirei un po’ per me stessa, Clara – rispose la signorina Murdstone – se non potessi capir lui o qualunque altro ragazzo. Non mi stimo d’esser profonda, ma credo d’aver del buon senso.
– Certo, mia cara Giovanna – rispose mia madre, – tu hai una grande intelligenza.
– Oh, cara, no! Ti prego, non dir così, Clara – interruppe accalorata la signorina Murdstone.