– Ah, dunque m’avevi riconosciuto – risposi.
– E anche tu m’avevi riconosciuta – disse l’Emilietta.
Stavo per baciarla, ma ella si mise le mani sulle ciliege delle labbra, e, dicendo che non era più una bambina, si rifugiò in casa, correndo più che mai.
Pareva ch’ella si compiacesse di stuzzicarmi; e questo cambiamento nelle sue maniere mi stupiva molto. Il tavolino del tè era pronto, e il nostro piccolo baule era stato rimesso al posto di prima; ma invece di venire a 254
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sedersi con me, ella andò a rallegrare della sua compagnia quella brontolona della signora Gummidge; e interrogata da suo zio del perché, si scompigliò i capelli sul viso per nasconderlo, e non fece altro che ridere.
– È capricciosa come un gattino – disse il pescatore Peggotty, carezzandola con la larga mano.
– Proprio, proprio! – esclamò Cam. – Proprio, signorino Davy! – E gorgogliò di risate per qualche tempo, guardandola deliziato e ammirato, con la faccia più rossa d’un carbone acceso.
L’Emilietta era veramente viziata da tutti; e, più che dagli altri, dal pescatore Peggotty, che ella poteva indurre a far tutto, soltanto con lo sfregar la gota contro l’ispida barba di lui. Questo almeno pensai io, quando la vidi in quell’atto; e giudicai che il pescatore Peggotty avesse perfettamente ragione. Ma ella era così affettuosa e mite, e aveva un così bel modo d’essere insieme birichi-na e timida, che m’attrasse più che mai.
Aveva il cuore tenero inoltre; perché quando il pescatore Peggotty, fumando accanto al fuoco dopo il tè, alluse alla sventura che m’aveva colpito, la vidi con le lagrime agli occhi guardarmi con tanta pietà a traverso la tavola, che sentii per lei un impeto di riconoscenza.
– Ah! – disse il pescatore Peggotty, toccandole con la mano i riccioli e facendoli scorrere fra le dita come l’acqua. – Ecco un’altra orfana, vedete. E qui – disse il 255
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pescatore Peggotty, dando a Cam un pugno nel petto –
eccone un altro, benché non ne abbia la faccia.
– Se io avessi voi per tutore, signor Peggotty – dissi, scotendo il capo – non credo che mi sentirei tanto orfano.
– Bravo, signorino Davy! – esclamò Cam, estasiato.
– Bravo, bene! Proprio così! Bene, bene! – E rese al pescatore Peggotty il pugno con un colpo nel fianco, e l’
Emilietta si levò e baciò il pescatore Peggotty.
– E il vostro amico come sta? – mi disse il pescatore Peggotty.
– Steerforth? – domandai.
– Sì, si chiama così! – esclamò il pescatore Peggotty, volgendosi a Cam. – Sapevo che era qualche cosa di simile.
– Tu dicevi Rudderford – osservò Cam ridendo.
– Bene – ribatté il signor Peggotty: – è quasi lo stesso. E come sta intanto?
– Stava benissimo quando l’ho lasciato.
– Un vero amico, quello! – disse il pescatore Peggotty, togliendosi di bocca la pipa. – Un vero amico, se si tratta d’amici. Che il Signore mi perdoni, se non fa piacere soltanto a guardarlo.
– E bellissimo, non è vero? – dissi col cuore infervo-256
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rato dalla lode.
– Bello! – esclamò il pescatore Peggotty. – Ti guarda come... come un... non so, veramente, come ti guarda...
È così risoluto.
– Sì, proprio così – io dissi. – È coraggioso come un leone, e d’una sincerità che potete facilmente immaginare, signor Peggotty.
– Ed io immagino – disse il pescatore Peggotty, guardandomi a traverso una nuvola di fumo – che in fatto di studio, lasci indietro tutti.
– Sì – dissi, incantato – egli sa tutto ed ha un’abilità straordinaria.
– Un vero amico! – mormorò il pescatore Peggotty, scotendo gravemente il capo.
– Sembra che nulla gli costi fatica – io dissi. – Impara una lezione soltanto a leggerla una volta. È il miglior giocatore di palla che si sia mai visto. A dama vi darà quante pedine vorrete, e vi batterà con la maggior facilità possibile.
Il pescatore Peggotty scosse un’altra volta il capo, come per dire: «È naturale».
– Parla poi – proseguii – che non c’è chi lo sorpassi; e non so che direste, se lo sentiste cantare, signor Peggotty.