"Unleash your creativity and unlock your potential with MsgBrains.Com - the innovative platform for nurturing your intellect." » » David Copperfield- Charles Dickens-eBook online free

Add to favorite David Copperfield- Charles Dickens-eBook online free

Select the language in which you want the text you are reading to be translated, then select the words you don't know with the cursor to get the translation above the selected word!




Go to page:
Text Size:

– Sarò incantato – disse il signor Dick – d’esser tutore del figlio di Davide.

– Benissimo – rispose mia zia – questo è stabilito. Son stata a pensare, sai, Dick, che potrei chiamarlo Trotwood?

– Certo, certo. Chiamatelo Trotwood, certo – disse il signor Dick. – Trotwood del figlio di Davide.

– Trotwood Copperfield, vuoi dire – rispose mia zia.

– Sì, certo, sì... Trotwood Copperfield – disse il signor Dick, un po’ confuso.

A mia zia piacque tanto l’idea, che il vestito bell’e fatto che fu comprato per me nel pomeriggio, fu contrassegnato prima che lo indossassi, «Trotwood Copperfield»

di mano sua con inchiostro indelebile; e fu stabilito che tutti gli altri vestiti ordinati su misura in quel pomeriggio (si contrattò per un corredo completo) dovessero essere contrassegnati nello stesso modo.

Così cominciai la mia nuova vita, con un nome nuovo, e 382

Charles Dickens

David Copperfield

ogni cosa nuova intorno a me. Scomparso il mio senso d’incertezza, mi sentii, per molti giorni, come in un sogno. Non pensai mai che in mia zia e nel signor Dick avessi una coppia di tutori veramente originale. Non pensavo chiaramente a nulla che mi riguardasse. Le due cose più chiare nel mio spirito erano che l’antica vita di Blunderstone mi sembrava una cosa molto remota, perduta nella nebbia di una distanza incommensurabile; e che era caduta una cortina su quella che avevo condotta nel magazzino di Murdstone e Grinby. Nessuno ha mai più sollevato quella cortina. Io l’ho fatto, per un istante, in questa narrazione, con mano riluttante, e l’ho lasciata ricadere con gioia. Il ricordo di quella vita m’è così grave di sofferenze, pieno di tanta angoscia e così vuoto di speranze, che non ho mai avuto il coraggio di calcolarne la durata. Non so se si fosse prolungata un anno, o più, o meno. So soltanto che fu, e cessò, e che l’ho narrata per non tornarci mai più.

383

Charles Dickens

David Copperfield

XV.

UN ALTRO INIZIO

Il signor Dick e io diventammo subito i migliori amici del mondo. Spessissimo, quando egli aveva finito il suo lavoro quotidiano, uscivamo insieme a sciogliere a volo il gigantesco aquilone. Tutti i giorni egli si occupava lungamente al memoriale che non procedeva mai del minimo passo, per quanto lavorasse accanitamente, perché prima o poi ci si insinuava Carlo I e allora lo metteva da parte per incominciarne un altro. La pazienza e la speranza con cui sopportava quei continui disappunti, la sua malferma convinzione che Carlo I non ci dovesse entrare, i vaghi sforzi che faceva per allontanarnelo, e la persistenza con cui quegli si presentava, mandando a ca-tafascio l’intero memoriale, tutto questo mi faceva una grande impressione. Che cosa il signor Dick si proponesse di fare con quel memoriale, dopo che l’avesse finito, dove pensasse di condurlo, o a che cosa gli dovesse servire, non credo lo sapesse neppur lui. Ma non era necessario che egli stesse a pensare a simili inezie, perché se c’era una cosa certa sotto il sole, era questa: che il memoriale non sarebbe stato mai finito. Era uno spettacolo commovente, solevo pensare, veder il signor Dick 384

Charles Dickens

David Copperfield

con l’aquilone quando questo si sollevava a una grande altezza in aria. Ciò che mi aveva detto nella sua stanza, di credere, cioè, di diffondere le notizie che vi erano in-collate, coi vecchi fogli di tutti i suoi precedenti memo-riali lasciati a mezzo, aveva potuto, forse, qualche volta passargli per la mente in casa, ma non fuori, nell’atto di guardare l’aquilone in cielo e sentirsi tirare violentemente la corda in mano. Egli non sembrava mai più sereno d’allora. Solevo pensare, sedendogli accanto la sera, su un poggetto verde, e vedendolo seguir l’aquilone nell’aria calma, che questo gli liberasse lo spirito da ogni confusione (era una mia fantasticheria infantile), e lo portasse alto nei cieli. Mentr’egli arrotolava la corda, e l’aquilone, calando gradatamente, usciva dalla luce del tramonto per agitarsi sul terreno e giacervi come un uccello morto, sembrava ch’egli si svegliasse pian piano da un sonno. Ricordo di averlo veduto raccogliere l’aquilone e guardarsi intorno con aria così smarrita, quasi fossero caduti insieme, che io lo compiangevo con tutto il cuore. Mentre si faceva sempre più forte la mia amicizia, e più stretta la mia intimità col signor Dick, non rimanevo indietro nelle grazie della sua fedele amica, mia zia. Ella mi prese tanto a cuore che, nel termine di poche settimane, abbreviò il mio nome adottivo di Trotwood in quello di Trot, ed io fui, inoltre, incoraggiato a sperare che se le cose fossero continuate ad andare come erano incominciate, avrei potuto mettermi allo stesso livello, nel suo affetto, con mia sorella Betsey 385

Charles Dickens

David Copperfield

Trotwood.

– Trot – disse mia zia una sera, dopo che, secondo il solito, fra lei e il signor Dick era stato messo il giuoco della dama – non dobbiamo dimenticare la tua educazione.

Questa era l’unica causa della mia inquietudine, e fui incantato di quella allusione di mia zia.

– Ti piacerebbe di andare a scuola a Canterbury? – disse mia zia.

Risposi che mi sarebbe piaciuto moltissimo, anche perché così sarei rimasto vicino a lei.

– Bene – disse mia zia – ti piacerebbe di andarvi domani?

Oramai, non essendo più ignaro della rapidità di tutte le risoluzioni di mia zia, non fui sorpreso da una proposta così improvvisa, e dissi: «Sì».

– Bene – disse mia zia di nuovo. – Giannina, va’ a fissare il cavallino grigio e la vetturetta per domani alle dieci, e prepara questa sera le valige del signorino.

Sussultai, a quest’ordine, di viva gioia; ma il cuore mi punse per il mio egoismo, assistendo all’effetto prodotto da esso sul signor Dick, che era tanto afflitto all’idea della nostra separazione e giocò per conseguenza così male, che mia zia, dopo avergli dati parecchi buffetti d’ammonimento con le pedine sulle giunture delle dita, chiuse la scatola e dichiarò di non voler giocare più con 386

Charles Dickens

David Copperfield

lui. Ma il signor Dick, sentendo da mia zia che io sarei ritornato qualche volta il sabato, e che egli avrebbe potuto qualche volta venire a vedermi il mercoledì, riprese coraggio e fece voto di fabbricare per quell’occasione un aquilone di dimensioni molto più grandi di quello esistente. La mattina era abbattuto di nuovo, e si sarebbe sostenuto col darmi tutto il denaro che aveva in tasca, oro e argento compresi; ma mia zia s’interpose e limitò il dono a cinque soli scellini, i quali, per le vive preghiere di lui, furono portati a dieci. Ci separammo al cancello del giardino nella maniera più affettuosa, e il signor Dick non rientrò in casa che quando ci perse di vista.

Mia zia, che era perfettamente indifferente all’opinione pubblica, guidava il cavallino grigio a traverso Dover con mano maestra, sedendo rigida e impettita come il cocchiere di un principe, e seguendo con occhio fermo tutti i movimenti del cavallo, risoluta a non lasciarlo fare a suo capriccio in nessun modo. Quando arrivammo in una strada di campagna, però, gli permise qualche libertà e, gettando uno sguardo su me, che stavo in una valle di guanciali accanto a lei, mi domandò come stessi.

– Veramente bene, zia, grazie – io dissi.

Ella ne fu così soddisfatta, che per aver ambo le mani occupate, mi fece una carezza sulla testa col manico dello staffile.

387

Charles Dickens

David Copperfield

– È una scuola grande, zia? – domandai.

– Non so – disse mia zia. – Andremo prima dal signor Wickfield.

– Ha una scuola? – domandai.

– No, Trot, ha un ufficio.

Non chiesi altre informazioni sul signor Wickfield, perché ella non sembrava disposta a darmene, e parlammo d’altro, finché non arrivammo a Canterbury, dove, essendo giorno di mercato, mia zia ebbe una bella occasione per cacciare il cavallino grigio fra carri, panieri, ortaglie e chincaglieria minuta. Gli strettissimi serpeg-giamenti che esso faceva, ci attirarono dalla gente lì intorno una bella varietà d’apostrofi non sempre compli-mentose; ma mia zia andava innanzi con perfetta indifferenza, e avrebbe attraversato, credo, con la stessa freddezza un paese ostile.

Finalmente ci fermammo innanzi a una casa molto antica, che si sporgeva tutta sulla strada: un edificio dalle finestre lunghe e basse che si sporgevano ancora più innanzi e con travi sotto il tetto, con delle teste intagliate all’estremità, le quali si sporgevano anch’esse: mi parve che tutta la casa si chinasse innanzi, tentando di vedere i passanti sull’angusta via lastricata. Era una casa vecchia, ma linda e immacolata: il martello d’ottone alla vecchia foggia, sulla porta bassa ad arco, ornata di ghir-lande di frutti e fiori scolpiti, splendeva come una stella; 388

Charles Dickens

David Copperfield

i due gradini di pietra che conducevano alla soglia erano così bianchi che sembravano coperti d’una candida tela; e tutti gli angoli e i cantucci, e gl’intagli e le sculture, e le bizzarre piccole lastre di vetro, e le bizzarre finestri-ne, benché vecchi come le colline, erano puri come la più pura neve caduta mai sulle colline.

Quando la vetturetta si fermò alla porta, e i miei occhi si misero ad osservar la casa, vidi a un finestrino del pianterreno (in una torretta rotonda su un lato dell’edificio) apparire un viso cadaverico, e rapidamente sparire. Poi la bassa porta ad arco s’aprì, e il viso uscì fuori. Era cadaverico, com’era apparso al finestrino, benché nel colorito vi fosse quella sfumatura di rosso che a volte si osserva nella pelle delle persone dai capelli rossi. Apparteneva a un giovane dai capelli rossi – d’una quindicina d’anni, come seppi poi, ma all’apparenza maggiore

Are sens