piuttosto che per lettera. Questo infelice ragazzo, che è fuggito lontano dai suoi amici e dalle sue occupazioni...
– E il cui aspetto – interruppe la sorella, richiamando l’attenzione generale sul mio indefinibile costume – è assolutamente orrido e repugnante.
– Giovanna Murdstone – disse suo fratello – abbi la 372
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bontà di non interrompermi. Questo infelice ragazzo, signora Trotwood, è stato la causa di molti fastidi e affanni in casa, sia durante la vita della mia cara moglie de-funta, sia dopo. Egli ha uno spirito ostinato e ribelle; un carattere violento, un’indole intrattabile. Tanto mia sorella che io ci siamo sforzati di correggere i suoi vizi, ma invano; e io ho sentito, entrambi l’abbiamo sentito, posso dire, perché mia sorella ha la mia piena fiducia, che è giusto che voi riceviate direttamente dalle nostre labbra questa grave asserzione, detta senza alcun rancore.
– Non è necessario, credo, che io confermi alcunché di tutto ciò che mio fratello asserisce – disse la signorina Murdstone; – ma io ho l’onore di osservare che di tutti i cattivi ragazzi di questo mondo credo che questo sia di gran lunga il peggiore.
– È un po’ forte – disse mia zia, recisa.
– No, se si tien conto dei fatti – rispose la signorina Murdstone.
– Ah! – disse mia zia. – Ebbene, signore?
– Io ho le mie opinioni – ripigliò il signor Murdstone, il cui viso tanto più s’abbuiava, quanto più lui e mia zia s’andavano a vicenda osservando. – Son fondate in parte sulla conoscenza che ho di lui e in parte sui mezzi e le risorse di cui dispongo. Io non ne ho da rispondere che a me stesso. Mi son regolato e mi regolo in forza delle 373
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mie opinioni, e non ho più nulla da dire. È abbastanza se dico che ho affidato questo ragazzo alla sorveglianza d’un amico in un commercio onorevole; ma questo a lui non è garbato, ed è fuggito, e s’è dato a vagabondare per la campagna, ed è venuto qui coperto di cenci ad appel-larsene a voi, signora Trotwood. Desidero di farvi considerare dignitosamente le esatte conseguenze, fin dove m’è possibile vederle, del vostro patrocinio in questa faccenda.
– Ma parliamo prima del commercio onorevole – disse mia zia. – Se fosse stato vostro figlio, credete che lo avreste messo nello stesso commercio onorevole?
– Se fosse stato il figlio di mio fratello – rispose la signorina Murdstone, entrando in discussione – il suo carattere, ne son certa, sarebbe stato assolutamente diverso.
– O se quella povera piccina, sua madre, fosse stata viva, credete che egli sarebbe stato messo in quel commercio onorevole?
— Credo – disse il signor Murdstone, con una inclinazione della testa – che Clara non si sarebbe opposta che io e mia sorella Giovanna Murdstone ci fossimo ac-cordati sul miglior partito da prendere.
La signorina Murdstone confermò ciò che diceva suo fratello, con un brontolìo.
– Uhm! – disse mia zia – disgraziata piccina!
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Il signor Dick, che nel frattempo s’era occupato a far tintinnare in tasca il suo denaro, ora lo faceva tintinnare così rumorosamente, che a mia zia parve necessario di frenarlo con uno sguardo prima di dire:
– Il vitalizio della povera piccina è morto con lei?
– Morto con lei – rispose il signor Murdstone.
– La sua piccola proprietà, la casa e il giardino, non è stata lasciata al ragazzo?
– Fu lasciata a lei dal suo primo marito incondizionatamente... – cominciava a dire il signor Murdstone, quando mia zia lo interruppe con la maggiore irascibilità e impazienza.
– Signore Iddio, è inutile dire «lasciata a lei incondizionatamente». Mi par di vedere Davide Copperfield che si metta a pensare a una condizione qualsiasi anche nelle più difficili circostanze. È naturale che le fosse lasciata incondizionatamente. Ma quand’essa si rimaritò...
Quando ebbe, insomma, la disgrazia di sposarvi – disse mia zia per dirlo sinceramente... nessuno disse allora una parola in favore di questo ragazzo?
– Mia moglie buon’anima voleva bene al suo secondo marito – disse il signor Murdstone – e aveva piena fiducia in lui.
– Vostra moglie buon’anima, era una bambina disgraziatissima che non conosceva il mondo – rispose mia zia, 375
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scotendo il capo. – Ecco che cos’era. E ora che altro avete da dire?
– Semplicemente questo, signora Trotwood – egli rispose. – Son venuto qui per riprender Davide, per ripren-derlo incondizionatamente, per dispor di lui come crederò opportuno, e per trattarlo come crederò giusto. Non son qui per fare alcuna promessa o dare alcuna garanzia a nessuno. Voi potete probabilmente aver qualche intenzione, signora Trotwood, di scusar la sua fuga e d’ascoltare le sue proteste. Le vostre maniere, che, debbo dire, non mi sembrano concilianti, m’inducono a crederlo possibile. Ora debbo avvertirvi che una volta che voi lo scusiate, per me sarà bell’e finito: se ora vi frapponete fra lui e me, vi frapponete, signora Trotwood, per sempre. Io non scherzo, non voglio che si scherzi con me, ed eccomi qui per la prima e l’ultima volta disposto a condurlo via. È disposto a venire? Se non è disposto, e voi mi dite che non è, qualunque ne sia il motivo, in questo non voglio entrare, è già bell’e stabilito che la mia porta d’ora in poi gli sarà chiusa in faccia e che gli è aperta la vostra.
Mia zia aveva ascoltato questo discorso con la più viva attenzione, sedendo più impettita che mai, con le mani sulle ginocchia e l’occhio intensamente fisso sull’inter-locutore. Quand’egli ebbe finito, ella volse gli occhi verso la signorina Murdstone, senza spostarsi da quell’atteggiamento e disse:
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