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sto (l’occupazione di due ore) per un gran ballo dato in casa Larkins (che ho aspettato da tre settimane), abbandono la mia fantasia a piacevoli immagini. Mi figuro d’esser tanto coraggioso da fare una dichiarazione alla signorina Larkins. Mi figuro che la signorina Larkins m’abbandoni la testa sulla spalla e dica: «Oh, signor Copperfield, posso credere alle mie orecchie?». Mi figuro il signor Larkins che mi aspetta il giorno dopo, e dice: «Mio caro Copperfield, mia figlia m’ha detto tutto.

La giovinezza non è un impedimento. Ecco dodicimila sterline. Siate felici!». Mi figuro mia zia che si inteneri-sce, e ci benedice; e il signor Dick e il dottor Strong sono presenti alla cerimonia del matrimonio. Credo d’essere una persona di buon senso – credo, guardando al passato, intendo – e certo modesta e pure tutto questo si svolge nel modo che ho detto!

Arrivo alla casa incantata, piena di lumi, di chiacchiere, di musica, di fiori, di ufficiali (mi rattristo vedendoli), e della maggiore delle signorine Larkins, che è uno splendore di bellezza. Ella è in azzurro, con fiori azzurri nei capelli – nontiscordardimé, come se ci fosse la minima necessità di portare dei nontiscordardimé!

È la prima serata di adulti alla quale io sia stato invitato; e mi sento un po’ a disagio; sembra ch’io non apparten-ga a nessuno, e nessuno sembra ch’abbia nulla da fare con me, eccetto il signor Larkins, che mi chiede notizie della salute dei miei compagni di scuola, cosa che non 480

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dovrebbe fare, perché non sono andato lì per essere in-sultato.

Ma dopo che sono stato per qualche tempo presso la porta a pascer gli occhi della dea del cuor mio, ella mi si avvicina – lei, la maggiore delle signorine Larkins! – e mi chiede, dolcemente, se ballo.

Balbetto con un inchino:

– Con voi, signorina Larkins.

– Con nessun’altra? – chiede la signorina Larkins.

– Io non avrei alcun piacere a ballare con un’altra.

La signorina Larkins ride e arrossisce (o credo che ar-rossisca), e dice:

– Non per questo giro, ma per l’altro, sarò lietissima.

Il tempo arriva.

– È un valzer, credo – osserva dubbiosa la signorina Larkins, quando io mi presento. – Ballate il valzer? Se no, il capitano Bailey...

Ma io ballo il valzer (piuttosto bene, anche, a quanto sembra), e ottengo la signorina Larkins. La tolgo con austerità dal fianco del capitano Bailey, che ne rimane intimamente angosciato, non ne ho il minimo dubbio.

Ma che importa? Anch’io ho sofferto moltissimo. Io ballo il valzer con la maggiore delle signorine Larkins.

Non so dove, fra chi, o per quanto tempo. So soltanto 481

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che nuoto nello spazio, con un angelo azzurro, in uno stato di beata ebbrezza, finché mi trovo solo con lei in una salettina, a riposare su un divano. Ella ammira il fiore (la rosea camelia del Giappone, pagata mezza corona), che porto all’occhiello. Gliela dò, e dico:

– La cedo a carissimo prezzo, signorina Larkins!

– Veramente! E che volete? – risponde la signorina Larkins.

– Uno dei vostri fiori, per custodirlo come un avaro il suo tesoro.

– Voi siete un ragazzo audace – dice la signorina Larkins. – Ecco.

Ella me lo dà con piacere; e io me lo porto alle labbra, e poi sul seno. La signorina Larkins, ridendo, infila la mano nel mio braccio e dice:

– Ora riconducetemi dal capitano Bailey. Sono smarrito nel ricordo di questo delizioso colloquio, e del valzer, quando ella torna di nuovo da me, a braccetto di un signore alla buona, abbastanza attempato, e dice:

– Oh, ecco il piccolo temerario! Il signor Chestle vuole conoscervi, signor Copperfield.

Comprendo subito ch’egli è un amico della famiglia, e sono assai lusingato.

– Ammiro il vostro gusto, signore – dice il signor Chestle. – Esso vi onora. Immagino che voi non v’interes-482

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siate molto ai luppoli; ma io non sono che un coltivatore di luppoli; e se mai vi venisse il ticchio di passare per quelle parti... le parti di Ashford... per farci una visitina, saremo contenti se vorrete stare con noi quel tempo che vi piacerà.

Ringrazio caldamente il signor Chestle, e gli stringo la mano. Credo d’essere in un sogno incantato. Ballo di nuovo il valzer con la maggiore delle signorine Larkins.

E torno a casa in uno stato di beatitudine ineffabile, e ballo con l’immaginazione tutta la notte, cingendo col braccio la vita azzurra della mia cara divinità. Dopo, per alcuni giorni mi smarrisco in estatiche riflessioni; ma non la veggo né per via né quando vado in casa sua a fare una visita. Sono imperfettamente consolato, per questa delusione, dal sacro pegno, il fiore appassito.

– Trotwood – dice Agnese, un giorno, dopo desinare. –

Indovinate chi si marita domani? Una che voi ammirate!

– Non voi, credo, Agnese?

– Io no – dice Agnese, levando il viso dalla musica che era occupata a copiare. – L’hai saputo, papà?... . La maggiore delle signorine Larkins.

– Col... col capitano Bailey? – ho appena la forza di balbettare.

– No, con nessun capitano. Col signor Chestle, un gran coltivatore di luppoli.

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Precipito in un profondo abbattimento per una settimana o due. Mi tolgo l’anello, indosso gli abiti peggiori, non uso più grasso d’orso, e sospiro sul fiore appassito dell’ex-signorina Larkins. Dopo, piuttosto stanco di questa specie di vita, avendo ricevuto una nuova sfida dal macellaio, getto via il fiore, esco in campo col macellaio, e gloriosamente lo sconfiggo.

Questo, e la ripresa dell’uso dell’anello come del grasso d’orso in moderata quantità, sono gli ultimi segni che m’è dato di discernere nel mio cammino verso i diciassette anni.

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