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– No, perché voi siete come nessun’altra. Voi siete così buona, e di carattere così dolce. Voi avete un’indole così nobile, e avete sempre ragione.

– Parlate – disse Agnese, scoppiando in una bella risata, mentre lavorava – come se io fossi l’ex-signorina Larkins.

– Via! non sta bene abusare delle mie confidenze – risposi, arrossendo al ricordo della mia azzurra incantatri-490

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ce. – Ma io confiderò sempre in voi, precisamente come prima, Agnese. Non posso perderne l’abitudine. Tutte le volte che avrò qualche affanno o, che m’innamorerò, ve lo dirò sempre, se voi me lo permettete... anche quando m’innamorerò sul serio.

– Come? vi siete sempre innamorato sul serio! disse Agnese, sempre ridendo.

– Oh, mi son sempre innamorato come un ragazzo, uno studente – dissi, ridendo a mia volta, ma non senza un po’ di confusione. – I tempi sono cambiati ora, e immagino che un giorno o l’altro m’innamorerò in modo terribilmente serio. La mia meraviglia, Agnese, si è che a quest’ora anche voi non siate nella stessa condizione.

Agnese rise di nuovo, e scosse il capo.

– Oh, io so che non ci siete! – dissi – perché se ci foste, me lo avreste detto. O almeno – poiché le vidi un tenue rossore nel volto – me lo avreste lasciato indovinare. Ma non c’è nessuno che io conosca, che meriti di amarvi, Agnese. Deve presentarsi qualcuno di carattere più nobile e d’una dignità maggiore di quanti ne ho visti qui, perché io vi dia il mio consenso. In avvenire terrò d’occhio tutti i vostri ammiratori; e, v’assicuro, che sarò esi-gentissimo con quello che sarà prescelto.

Avevamo parlato, fino allora, un po’ scherzosamente, un po’ seriamente, nel tono che ci era abituale nelle nostre relazioni familiari, cominciate al tempo dell’in-491

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fanzia. Ma Agnese, levando improvvisamente gli occhi ai miei, e parlando in tono diverso, disse:

– Trotwood, ho una cosa da domandarvi, e forse, per lungo tempo, non avrei più l’occasione di domandarve-la. È una cosa che non domanderei a nessun altro. Avete osservato un graduale cambiamento in papà?

Io lo avevo osservato, e m’ero spesso domandato se anche lei non se ne fosse accorta. E dovetti mostrarlo, allora, in viso; perché nei suoi occhi, che si abbassarono subito, scorsi delle lagrime.

– Ditemi che cos’è – ella disse con voce piana.

– Credo... Debbo essere sincero, Agnese?... Voi sapete quanto gli voglia bene.

– Sì – disse.

– Credo che non gli giovi quella sua abitudine, diventata sempre più forte, dal primo giorno della mia venuta qui.

Spesso è agitato, o immagino che sia così.

– Non è immaginazione – disse Agnese, scotendo il capo.

– La mano gli trema, la parola gli è penosa, e i suoi occhi hanno uno sguardo strano. Ho notato che quando egli non è nelle sue condizioni naturali, vien sempre chiamato per questa o quella faccenda.

– È Uriah! – disse Agnese.

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– Sì, e il sentimento di non essere in grado di sbrigarla, o di non averla compresa, o di essersi fatto vedere in quello stato, par lo sconvolga così, che il giorno dopo sta peggio, e il seguente peggio ancora, e così ha assunto quell’aria che gli si nota di spossatezza e di smarrimento. Non v’impensierite per ciò che dico, Agnese, ma sere fa lo vidi, in simile condizione, abbandonare la testa sulla scrivania, e mettersi a piangere come un bambino.

La mano di lei mi sfiorò le labbra, mentre ancora parlavo, e l’istante dopo ella era andata incontro al padre sulla soglia dell’uscio, e aveva poggiato la testa sulla spalla di lui. L’espressione del viso di lei, nell’atto che entrambi mi guardavano, era molto commovente. Vi era nel suo sguardo tal profondo amore e tanta gratitudine per lui in compenso dell’amore e della sollecitudine ch’egli le dimostrava; v’era una così fervida preghiera per me di trattarlo con indulgenza anche nell’intimo pensiero, e di non dar posto a nessun giudizio amaro contro di lui; ella era così orgogliosa del padre, e insieme, così devota, e pure così pietosa e dolente, e così fiduciosa della mia simpatia, che nessuna parola avrebbe potuto dirmi tanto, o commuovermi di più.

Dovevamo recarci a prendere il tè dal dottore. Andammo all’ora solita; e trovammo, innanzi al caminetto dello studio, il dottore, con sua moglie e la madre di lei. Il dottore, che dava alla mia escursione l’importanza di un 493

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viaggio in Cina, mi ricevette come un ospite di grande importanza; e volle che un gran ceppo fosse buttato sul fuoco, per poter vedere il volto del suo ex scolaro arros-sarsi a quella fiamma.

– Io non vedrò molti altri visi nuovi al posto di Trotwood, Wickfield – disse il dottore, scaldandosi le inani;

– sto diventando pigro, e ho bisogno di riposo. Fra sei mesi lascerò i miei ragazzi in altre mani, e condurrò una vita più tranquilla.

– È da dieci anni che dite così, dottore – rispose il signor Wickfield.

– Ma ora lo dico sul serio – rispose il dottore. – L’insegnante capo prenderà il mio posto... Lo dico sul serio, finalmente... e voi dovete redigere il contratto, e legarci ai nostri patti come un paio di bricconi.

– E badare anche – disse il signor Wickfield – che non vi si metta nel sacco, eh? Perché vi ci metterebbero certamente, in un contratto che fosse formulato da voi. Ebbene, son pronto! Vi son compiti peggiori, nella mia professione.

– E allora non avrò da pensare ad altro – disse il dottore, con un sorriso – che al mio dizionario; e a quest’altro contratto già firmato: Annie.

Mentre il signor Wickfield le volgeva lo sguardo sedendo al tavolino da tè accanto ad Agnese, la signora Strong pareva lo sfuggisse con tale insolita esitazione e 494

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timidezza, ch’egli la fissò con maggiore attenzione, come per un pensiero sortogli improvvisamente.

– Veggo ch’è arrivata la posta dall’India – egli disse dopo un breve silenzio.

– A proposito, e le lettere di Jack Maldon? – disse il dottore.

– Veramente!

– Povero caro Jack! – disse la signora Markleham scotendo il capo. – Che clima terribile! Mi si dice che sia lo stesso che vivere in un mucchio di sabbia, sotto una campana di vetro rovente. Egli sembrava forte, ma non era, mio caro dottore. Fu il suo spirito, non la sua costituzione, che lo spinse ad avventurarsi con tanta baldanza. Annie, cara mia, credo che tu debba ricordare perfettamente che tuo cugino non fu mai forte, non fu mai ciò che si può dire robusto, sai – disse la signora Markleham con energia, dando uno sguardo in giro su noi in generale; – dal tempo che mia figlia e lui erano bambini insieme, e passeggiavano a braccetto tutto il giorno quant’era lungo.

Annie, così apostrofata, non rispose.

– Da ciò che dite, signora, debbo arguire che il signor Maldon stia male? – chiese il signor Wickfield.

– Stia male? – rispose il Vecchio Soldato; – mio caro signore, e che cosa non ha?

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