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Charles Dickens

David Copperfield

– E che cosa ha? – disse il signor Wickfield.

– Che cosa ha? Oh, bella! – disse il Vecchio Soldato. –

Ha avuto dei terribili colpi di sole, senza dubbio, e febbre di palude, e malaria, e tutto ciò che potete nominare, e tutto ciò che potete immaginare. Quanto al fegato –

disse il Vecchio Soldato con rassegnazione – ci aveva interamente rinunciato partendo.

– Tutto questo vi scrive? – disse il signor Wickfield.

– Scrivere, mio caro signore – rispose la signora Markleham, scotendo il capo e il ventaglio – come conoscete poco il mio povero Jack Maldon per fare una domanda simile. Scrivere lui? Non gli si caccerebbe di corpo nulla neanche con un paio di tenaglie.

– Mamma! – disse la signora Strong.

– Annie, mia cara – rispose la madre – una volta per tutte, debbo realmente pregarti di non interrompermi, se non per confermare ciò che dico. Tu sai benissimo, come lo so io, che a tuo cugino Maldon non si cavereb-be nulla di corpo, neanche con un paio di tenaglie... Perché debbo limitarmi a un paio? Non basterebbero quattro, otto, sedici, trentadue, a fargli dire una parola che potesse sconvolgere i progetti del dottore.

– I progetti di Wickfield – disse il dottore, carezzandogli il volto, e guardando il suo consigliere con aria contrita:

– vale a dire i nostri comuni progetti, quelli che noi abbiamo fatti per lui. Io avevo detto o all’estero o in pa-496

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tria.

– E io dissi – aggiunse grave il signor Wickfield – all’estero. Fui io che lo mandai all’estero. La responsabilità è tutta mia.

– Oh, la vostra responsabilità! – disse il Vecchio Soldato. – Tutto fu fatto per il meglio, mio caro signor Wickfield, tutto fu fatto con le migliori intenzioni del mondo, lo sappiamo; ma se il caro giovane non può vivere laggiù, non può viverci. E se non può viverci, morirà piuttosto che sconvolgere i progetti del dottore, lo so – disse il Vecchio Soldato, agitando il ventaglio in una specie di calma disperazione profetica. – So che morirà piuttosto che sconvolgere i piani del dottore.

– Bene, bene, mamma – disse il dottore allegramente

– non sono fanatico dei miei progetti, posso sconvolger-li io stesso, posso sostituirli con altri. Se Jack Maldon torna in patria per motivi di salute, non gli si deve permettere di ripartire, e ci dobbiamo sforzare di trovargli un posto in patria più vantaggioso e più conveniente.

La signora Markleham fu così sopraffatta da questo generoso discorso (che, è inutile dirlo, non s’era aspettato) ch’ella poté soltanto osservare al dottore che non si poteva dir di più, mentre faceva parecchie volte l’atto di baciare le stecche del ventaglio e di picchiargli con esso le mani. Dopo di che, nobilmente sgridò sua figlia Annie perché non mostrava la sua gratitudine al dottore, 497

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che per amor suo si mostrava così generoso col suo vecchio compagno di giuochi, e c’intrattenne con alcuni particolari riguardanti altri degni membri della sua famiglia che sarebbe stato bene rimettere sui loro degnissimi piedi.

Nel frattempo sua figlia Annie non aveva detto una parola o levati gli occhi in su. Nel frattempo il signor Wickfield non le aveva mai tolto gli sguardi di dosso, stando da canto ad Agnese. Mi sembrava ch’egli non pensasse affatto di poter essere osservato da qualcuno, e fosse così intento in lei e in tutto ciò che la riguardava, che ne era completamente assorto. Chiese poi che cosa avesse positivamente scritto Jack Maldon di sé e a chi lo avesse iscritto.

– Ebbene qui – disse la signora Markleham, prendendo una lettera dalla mensola del caminetto al di sopra della testa del dottore – quel caro giovine, dice allo stesso dottore... dov’è? Ah! «Mi dispiace d’informarvi che la mia salute soffre molto e che temo potrò esser ridotto alla necessità di ritornare in Inghilterra per qualche tempo, come alla mia sola speranza di guarigione». Questo è piuttosto chiaro, povero giovane... la sua sola speranza di guarigione, ma la lettera ad Annie è più chiara ancora. Annie, dammi la lettera.

– Non ora, mamma – ella pregò sottovoce.

– Mia cara, in certe cose, tu sei assolutamente fra le più 498

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ridicole persone che siano al mondo – rispose sua madre

– e forse la più snaturata verso i diritti della tua stessa famiglia. Tu non avresti parlato per nulla affatto della lettera, se non te l’avessi chiesta. La chiami confidenza, questa, amor mio, con tuo marito? Io casco dalle nuvole.

Non è così che si tratta.

La lettera fu mal volentieri presentata, e quando io la presi per darla alla madre, vidi la mano della figlia tremare riluttante.

– Ora vediamo – disse la signora Markleham, mettendosi gli occhiali: – dov’è quel brano? «Il ricordo dell’antico tempo, mia diletta Annie»... eccetera... non è qui. Il buon vecchio procuratore... » chi è mai? Oh, Annie, la scrittura di tuo cugino Maldon è un disastro. Ah, ho capito! Dice «dottore». Ah, sì, molto buono, in verità! –

Qui s’interruppe per baciar di nuovo il ventaglio, e scuoterlo verso il dottore, che ci fissava con un sentimento di placida soddisfazione. – Ah, ho trovato! «Tu non ti sorprenderai, Annie, se ti dico... » no, certo, sapendo che non fu mai forte; lo dicevo appunto poco fa...

«che ho sofferto tanto in questa lontananza, che son deciso di ripartire a ogni costo, o ottenendo un congedo per motivi di salute, o, se non posso ottenerlo, rasse-gnando le mie dimissioni. Ciò che ho sofferto e soffro qui, è insopportabile». E se non fosse per la pronta generosità tua – disse la signora Markleham, rivolta al dottore, telegrafandogli di nuovo col ventaglio, e ripiegan-499

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do la lettera – non ci potrei assolutamente pensare.

Il signor Wickfield non disse una parola, benché la vecchia signora lo guardasse come in attesa d’un commento a questa notizia, ma se ne rimase austeramente in silenzio, con gli occhi fissi a terra. E se ne stette a lungo così, dopo che già si parlava d’altro; di rado levandoli, e solo per posarli un istante, con aria accigliata, sul dottore, o la moglie, o su entrambi.

Il dottore era appassionatissimo della musica. Agnese cantava con grande dolcezza ed espressione, come pure la signora Strong. Esse cantarono insieme, e sona-rono a quattro mani, e in sostanza noi assistemmo a un piccolo concerto. Ma osservai due cose: primo, che fra Annie e il signor Wickfield, benché ella si fosse ricom-posta nel suo primitivo atteggiamento e avesse ripigliato le maniere usate, s’era determinato un distacco reciso, che li temeva assolutamente a distanza; secondo, che sembrava che al signor Wickfield non garbasse l’intimità fra lei e Agnese, e la sopportasse a disagio. E ora, debbo confessare, ricordando ciò che avevo veduto la sera della partenza di Jack Maldon, cominciai a vedere in tutto questo un significato che non avevo mai scorto, e che mi turbò lo spirito. La innocente bellezza del volto di Annie non mi parve più innocente; diffidai della grazia e dell’incanto delle sue maniere; e quando la vidi al fianco di Agnese, temei a un tratto, pensando all’onesto candore della giovinetta che quella amicizia fosse 500

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male assortita.

Ma ella n’era così felice, e l’altra n’era così beata anche lei, che la serata volò che parve un’ora. Si chiuse con un incidente che ricordo benissimo. Si congedavano l’una dall’altra, e Agnese era sul punto di abbracciare e di baciare l’amica, quando il signor Wickfield s’infilò fra esse come per caso, e si trasse Agnese rapidamente via.

Allora, come se fossi ancora sull’ingresso la sera della partenza di Jack Maldon, e tutto quel lasso di tempo fosse a un tratto abolito, vidi nel volto della signora Strong, che guardava il signor Wickfield, la stessa espressione memorabile di quella sera.

Non so dire che impressione ne avessi, o come trovassi impossibile, dopo, ripensandoci, separare la signora Strong da quello sguardo, e rifigurarmela nella sua amabilità innocente. Quel ricordo m’ossessionava, rien-trando nella mia camera. Mi sembrava d’aver lasciato la casa del dottore sotto la minaccia di una nuvola oscura.

Il rispetto che avevo per i suoi capelli grigi era misto a un sentimento di commiserazione per la sua fiducia in quelli che lo tradivano, e di rancore per quelli che gli facevano torto. L’ombra imminente di una grande sventura e d’una grande vergogna, non ancora distinta nella sua forma, cadeva come una macchia nel luogo tranquillo dove avevo lavorato e m’ero trastullato ragazzo, disonorandolo. Non mi piaceva più neppur di pensare alle due piante di aloè dalle larghe foglie, che rimaneva-501

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