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e poggiandosi, sempre accigliato, contro la cappa del camino, col viso rivolto al fuoco – ch’essere ciò che sono, e anche venti volte più ricco e venti volte più istruito di quel che sono, per tormentarmi come ho fatto da una mezz’ora in questo battello del diavolo!

Ero così confuso dal suo mutamento, che in principio non potei che continuare a guardarlo in silenzio, mentre egli con la testa appoggiata alla mano, non faceva che contemplare tristamente il fuoco. Finalmente lo pregai, con la maggiore sollecitudine, di dirmi che gli fosse accaduto per essere in quello stato, e di farmi partecipe del suo affanno, se non avessi potuto dargli qualche consiglio. Non mi lasciò finire, e si mise a ridere – con evidente sforzo prima, ma poi con la solita gaiezza:

– Zitto, non è nulla, Margheritina, nulla! – egli rispose.

– Già ti dissi all’albergo in Londra che a volte per me stesso non so essere che un compagno uggioso. Ho sofferto un incubo proprio ora... credo proprio d’esser stato soggetto d’un incubo. Certe volte la noia mi riempie la mente delle vecchie fiabe delle nutrici, e le credo vere.

Credo d’essermi considerato, un momento fa, quel cattivo ragazzo, che per non aver ascoltato i consigli della nonna diventò preda dei leoni... una maniera più nobile d’andare al diavolo, credo. Mi son sentito per tutta la persona la pelle d’oca, come si dice. Ho avuto paura di me stesso.

– E credo che tu non tema nient’altro – dissi.

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– Forse no, e pur c’è abbastanza da temere – egli disse.

– Bene, ora è passata. E non mi accadrà più. Davide; ma ti dico, mio caro amico, ancora una volta, che sarebbe stato bene per me (e per altri ancora) se avessi avuto un padre inflessibile e giudizioso.

Il suo aspetto era sempre pieno di espressione, ma non lo avevo visto mai esprimere un sentimento di tanta gravità, come nell’atto che diceva quelle parole, con lo sguardo volto al fuoco.

– E non se ne parli più – disse, facendo l’atto di gettare qualche cosa di leggero in aria.

Ecco dispare.

Uomo io ritorno. Pregovi, sedete come Macbeth. E ora, a desinare, se non ho (come Macbeth) rotto il festino col più bel disordine, Margheritina.

– Ma dove sono andati tutti? – domandai.

– Dio sa – disse Steerforth. – Dopo essere stato fino al-l’approdo ad aspettarti, son venuto qui, e ho trovato la casa abbandonata. Questo mi ha fatto pensare, e tu mi hai sorpreso a pensare.

L’arrivo della signora Gummidge con un paniere spiegò come la casa fosse rimasta vuota. Ella era uscita per andare a comprare qualche cosa, prima che il pescatore Peggotty ritornasse con la marea, e aveva lasciato intanto la porta aperta, pensando che Cam e l’Emilietta, la 573

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quale quella sera smetteva presto il lavoro, potessero arrivare in sua assenza. Steerforth, dopo aver sollevato lo spirito depresso della signora Gummidge con un allegro saluto e uno scherzoso amplesso, mi prese a braccetto, e mi trascinò fuori.

Aveva sollevato il suo stesso spirito non meno di quello della signora Gummidge, perché si mostrò del suo solito umore, per via, e pieno di piacevoli motti.

– E così – disse allegramente – domani abbandoniamo questa vita di corsari, non è vero?

– Così abbiamo deciso – risposi. – Sai che i posti nella diligenza sono già presi.

– Sì, non c’è rimedio, immagino – disse |Steerforth. –

Avevo quasi dimenticato che ci fosse qualche cosa di diverso al mondo dall’andar vagando sul mare qui. Vorrei che così non fosse.

– Finché dura la novità – dissi ridendo.

– Probabile – egli rispose, – benché ci sia certo sarcasmo nella osservazione d’una persona candida e innocente come il mio giovane amico. Bene, sì, sono mute-vole e capriccioso, Davide. Lo so; ma mentre il ferro è caldo, so anche batterlo con qualche energia. Sai che potrei cavarmela bene a un esame come pilota in queste acque.

– Il pescatore Peggotty dice che tu sei una meraviglia –

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risposi.

– Un fenomeno nautico, no? – disse, ridendo, Steerforth.

– Davvero dice così, e tu sai che è sincero. E poi so l’ardore che tu metti in tutto ciò che fai, e con quanta facilità tu t’impossessi di ogni cosa. E quello che mi fa meraviglia di più in te, Steerforth, si è che ti appaghi di questo mobile e capriccioso impiego delle tue facoltà.

– Appagarmi? – egli rispose allegramente. – Io non son mai pago di nulla, tranne che della tua ingenuità, mia gentile Margheritina. Quanto alla mia mobilità, non ho mai imparato l’arte di adattarmi a nessuna delle ruote sulle quali girano e girano gl’Issioni dei nostri giorni.

Non mi son mai messo ad apprenderla, e non me ne importa un fico... A proposito, sai che ho comprato un battello?

– Che uomo straordinario che sei, Steerforth! – esclamai, fermandomi, perché era la prima volta che me ne parlava. – Forse tu non verrai mai più qui.

– Non so – rispose. – Il posto mi piace. Ad ogni modo –

aggiunse, trascinandomi vivamente – ho comprato un battello che si trovava in vendita – un veliero celere, dice il pescatore Peggotty, che lo comanderà in mia assenza.

– Ora ti comprendo, Steerforth! – dissi, esultante. – Tu fingi d’averlo comprato per te, «in realtà l’hai comprato per fargli un regalo. Avrei dovuto immaginarlo subito, 575

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conoscendoti. Mio caro Steerforth, come dirti ciò che penso della tua generosità?

– Zitto – egli rispose, facendosi rosso. – è meglio non parlarne.

– Non lo sapevo, forse? – esclamai. – Non t’ho più volte detto forse che non c’era gioia o affanno o sentimento di quegli onesti cuori che ti lasciasse indifferente?

– Sì, sì – rispose – me l’hai detto. Ma basta, basta, per carità!

Temendo d’offenderlo col continuare sullo stesso tono, mentre egli desiderava che non se ne discorresse, mi contentai di continuare a pensarci, mentre si andava a passo più rapido di prima.

– Bisognerà rinnovare l’attrezzatura – disse Steerforth –

e lascerò Littimer qui con questo incarico, perché tutto sia fatto a modo. T’ho detto che Littimer è qui?

Are sens