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"Ma quello mi porta via...

Mamma ha smesso di rifare il letto e si è voltata. "Che hai detto? Ripeti.

Ho sussurrato. "Mi porta via...

Mi ha scrutato con i suoi occhi neri. "Che vuol dire?

"Voi volete che mi porti via... Tu mi odi. Sei cattiva. Tu e papà mi odiate. Io lo so.

"Chi te le dice queste cose?" Mi ha afferrato per un braccio ma io mi sono divincolato e sono fuggito.

Scendevo le scale e sentivo che mi chiamava.

"Michele! Michele, torna qua!

"Io non ci dormo. No, io non ci dormo con quello.

Sono scappato al torrente e mi sono arrampicato sul carrubo.

Io con quel vecchio non ci avrei dormito mai.

Aveva preso Filippo. E appena mi addormentavo prendeva pure me. Mi infilava in un sacco e via.

E poi mi tagliava le orecchie.

Ma si poteva vivere senza orecchie? Non si moriva? Io alle mie orecchie ci tenevo. A Filippo, papà e il vecchio dovevano avergliele già tagliate.

Mentre io ero sul mio albero, lui, nel suo buco, non aveva più orecchie.

Chissà se gli avevano bendato la testa?

Dovevo andare. E dovevo raccontargli di sua madre, che gli voleva ancora bene e che lo aveva detto alla televisione, così tutti lo sapevano.

Ma avevo paura, se alla casa ci trovavo papà e il vecchio?

Ho guardato l'orizzonte. Il cielo era piatto, grigio e pesava sui campi di grano. La collina era laggiù, gigante, velata dal calore.

Se sto attento non mi vedono, mi sono detto.

"O partigiano, portami via, che mi devon seppellir. O partigiano, portami vi-a. O bella ciao ciao ciao". Ho sentito una voce che cantava.

Ho guardato giù. Barbara Mura trascinava Togo, gli aveva legato uno spago intorno al collo e lo tirava verso l'acqua. "La mamma ora ti fa il bagnetto. Sarai tutto pulito. Sei contento? Sì, che sei contento". Ma Togo non sembrava contento.

Culo a terra, puntava le zampe e agitava la testa cercando di liberarsi dal cappio. "Sarai bellissimo. E ti porterò a Lucignano. Andremo a prendere il gelato e ti comprerò il guinzaglio". Lo ha afferrato, lo ha baciato, si è sfilata i sandali, ha fatto un paio di passi nell'acquitrino e lo ha immerso in quella melma fetente.

Togo ha cominciato a divincolarsi ma Barbara lo teneva bloccato per la col-lottola e la coda. Lo ha spinto sott'acqua. L'ho visto scomparire nel fango.

Ha ripreso a canticchiare. "Una mattina mi son svegliata. O bella ciao! Bella ciao! Bella ciao ciao ciao!

Non lo tirava più fuori.

Lo voleva ammazzare.

Ho urlato. "Che fai? Mollalo!

Barbara ha fatto un salto e per poco non è finita in acqua. Ha lasciato il ca-ne che è riemerso e ha arrancato fino a riva.

Con un balzo sono sceso dall'albero.

"E tu che ci fai qua?" mi ha chiesto Barbara tutta stizzita.

"Che gli stavi facendo?

"Niente. Lo lavavo.

"Non è vero. Tu lo volevi ammazzare.

"No!

"Giuralo.

"Te lo giuro su Dio e tutti i santi!" Si è messa una mano sul cuore. "Le zecche e le pulci se lo mangiano. Per questo gli facevo il bagno.

Non sapevo se crederle.

Ha acchiappato Togo che stava su un sasso e scodinzolava felice. Si era già scordato la brutta esperienza. "Guarda, se dico la verità". Gli ha sollevato un orecchio.

"Oddio che schifo!

Are sens

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