Mi passava le dita sul naso, sulla bocca, sugli occhi.
E'ro paralizzato. "Nove. E tu?
"Nove.
"Quando sei nato?
"Il dodici settembre. E tu?
"Il venti novembre.
"Come ti chiami?
"Michele. Michele Amitrano. Tu che classe fai?
"La quarta. E tu?
"La quarta.
"Uguale.
"Uguale.
"Ho sete.
Gli ho dato la bottiglia.
Ha bevuto. "Buona. Vuoi?
Ho bevuto pure io. "Posso alzare un po' la coperta?" Stavo crepando di caldo e di puzza.
"Poco.
L'ho tirata via quel tanto che bastava a prendere aria e a guardargli la faccia.
Era nera. Sudicia. I capelli biondi e sottili si erano impastati con la terra formando un groviglio duro e secco. Il sangue rappreso gli aveva sigillato le palpebre. Le labbra erano nere e spaccate. Le narici otturate dal moccio e dalle croste.
"Posso lavarti la faccia?" gli ho domandato.
Ha allungato il collo, ha sollevato la testa e un sorriso si è aperto sulle labbra martoriate. Gli erano diventati tutti i denti neri.
Mi sono tolto la maglietta e l'ho bagnata con l'acqua e ho cominciato a pu-lirgli sul viso.
Dove passavo rimaneva la pelle bianca, così bianca che sembrava trasparente, come la carne di un pesce bollito. Prima sulla fronte, poi sulle guance.
Quando gli ho bagnato gli occhi ha detto: "Piano, fa male.
"Faccio piano.
Non riuscivo a sciogliere le croste. Erano dure e spesse. Ma sapevo che erano come le croste dei cani. Quando gliele stacchi i cani riprendono a vedere. Ho continuato a bagnargliele, ad ammorbidirle fino a quando una palpe-bra si è sollevata e subito si è richiusa. Un istante solo, sufficiente perché un raggio di luce gli ferisse l'occhio.
"Aaahhhaa!" ha urlato e ha infilato la testa nella coperta come uno struzzo.
L'ho sbatacchiato. "Lo vedi? Lo vedi? Non sei cieco! Non sei cieco per niente!
"Non posso tenerli aperti.
"E' perché stai sempre al buio. Però ci vedi, vero?
"Si! Sei piccolo.
"Non sono piccolo. Ho nove anni.
"Hai i capelli neri.
"Sì.
Era molto tardi. Dovevo tornare a casa. "Ora però devo andare. Domani torno.
Con la testa sotto la coperta ha detto: "Promesso?
"Promesso.
Quando il vecchio è entrato nella mia camera mi stavo organizzando per fregare i mostri.
Da piccolo sognavo sempre i mostri E anche ora, da adulto, ogni tanto, mi capita, ma non riesco più a fregarli.
Aspettavano solo che mi addormentassi per impaurirmi.