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"Che ti ricordi?

"Che ero a scuola". Dondolava la testa. "Questo me lo ricordo. C'era ginnastica. E poi sono uscito fuori. Una macchina bianca si è fermata. E mi sono trovato qua.

"Ma tu dove abiti?

"In via Modigliani 36. All'angolo con via Cavalier D'Arpino.

"E dove sta?

"A Pavia.

"In Italia?

"Sì.

"Anche qui è Italia.

Ha smesso di parlare. Ho pensato che si era addormentato, ma a un certo punto mi ha chiesto: "Che uccelli sono questi?

Mi sono guardato intorno. "Passeri.

"Sei sicuro che non sono pipistrelli?

"No. Quelli di giorno dormono e fanno un altro rumore.

"Le volpi volanti invece volano anche di giorno e cinguettano come gli uccelli. E pesano più di un chilo. Se si attaccano ai rami piccoli cadono a terra.

Queste, secondo me, sono volpi volanti.

Dopo la storia degli orsetti lavatori non potevo più dire niente, magari in America esistevano anche le volpi volanti. Gli ho domandato: "Ma tu sei mai andato in America?

"Ieri ho visto la mia mamma. Mi ha detto che non può venire a prendermi perché è morta. E' morta con tutta la mia famiglia. Sennò, ha detto, verrebbe subito.

Mi sono tappato le orecchie.

"Filippo, è tardi. Ti devo portare giù.

"Posso tornare giù davvero?

"Sì.

"Va bene. Torniamo.

Era stato mezz'ora muto, con la maglietta legata sugli occhi. Ogni tanto il collo e la bocca gli si irrigidivano e le dita delle mani e dei piedi gli si contrae-vano come per un tic. Era rimasto incantato, fermo, ad ascoltare le volpi volanti.

"Attaccati al mio collo". Si è aggrappato e l'ho trascinato fino al buco. "Adesso scendiamo la scala, reggiti bene. Non mi mollare.

E' stato difficile. Filippo si stringeva così forte che non riuscivo a respirare e non potevo vedere i pioli della scala, ero costretto a cercarli con i piedi.

Quando siamo arrivati giù ero bianco come un lenzuolo e ansimavo. L'ho si-stemato in un angolo.

L'ho coperto e gli ho dato da bere e gli ho detto: "E' tardissimo. Me ne devo andare. Papà mi ammazza.

"Io sto qua. Ma tu mi devi portare i panini. E anche un pollo arrosto.

"Il pollo lo mangiamo la domenica. Oggi mamma fa le polpette. Ti piacciono le polpette?

"Con il pomodoro?

"Sì.

"Mi piacciono molto.

Mi dispiaceva di lasciarlo. "Io vado allora..."

Stavo per aggrapparmi a un piolo, quando la scala è stata tirata via.

Ho sollevato lo sguardo.

Sul ciglio c'era uno con un cappuccio marrone in testa. Era vestito tale e quale a un soldato. "Cucù?

Cucu'! L'aprile non c'è più," ha cantato e ha cominciato a fare le piroette.

"E' ritornato maggio al canto del cucù! Indovina chi sono?

"Felice!

"Bravo!" ha detto, ed è rimasto un po' in silenzio. "Come cazzo hai fatto a capirlo? Aspetta!

Aspetta un attimo.

Se n'è andato e quando è riapparso imbracciava il fucile.

"Eri tu!" Felice batteva le mani. "Eri tu, porcalaputtana! Trovavo sempre le cose messe diverse. Prima credevo di essere pazzo. Poi ho pensato che c'era il fantasma Formaggino. E invece eri tu.

Michelino. Meno male, stavo uscendo scemo.

Ho sentito stringere la caviglia. Filippo mi si era attaccato ai piedi e bisbigliava. "Il signore dei vermi viene e va. Il signore dei vermi viene e va.

Il signore dei vermi viene e va.

Ecco chi era il signore dei vermi!

Felice mi ha guardato attraverso i buchi del cappuccio. "Hai fatto amicizia con il principe? Hai visto come l'ho lavato bene? Faceva i capricci, ma alla fine ho vinto io. La coperta però mica me l'ha voluta dare.

Ero in trappola. Non riuscivo a vederlo. Il sole che filtrava tra il fogliame mi accecava.

"Becca qua!

Are sens