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"Vivono in America". Ha preso la Grande enciclopedia degli animali e l'ha sfogliata. "Eccolo.

Guarda". Mi ha passato il libro.

C'era la fotografia a colori di una specie di volpe. Con il musetto bianco e sugli occhi una mascherina nera come quella di Zorro. Però era più pelosa di

una volpe e aveva le zampe più piccole e ci poteva prendere le cose. Tra le mani stringeva una mela. Era un animale molto carino. "Allora esiste...

"Sì". Salvatore ha letto. "Genere carnivori orsiformi della famiglia dei Pro-cionidi, dal corpo un po' tozzo, con il muso appuntito e la testa grossa, occhi grandi circondati da macchie bruno-nere. Il pelame è grigio e la coda non troppo lunga.

Vive in Canada e negli Stati Uniti. Viene comunemente chiamato orsetto lavatore per la curiosa abitudine di sciacquare i cibi prima di mangiarli.

"Non lava i panni, ma il mangiare... Ecco".

Ero scombussolato. "E io che gli ho detto che non esistevano...

Salvatore mi ha chiesto: "E perché lo tengono là dentro?

"Perché non lo vogliono ridare a sua madre".

Gli ho afferrato un polso. "Vuoi venire a vederlo? Ci possiamo andare subito. Ti va? So una scorciatoia... Ci mettiamo poco.

Non mi ha risposto. Ha rimesso i calciatori nelle loro scatole e ha arrotolato il campo del Subbuteo.

"Allora? Ti va?

Ha girato la chiave e ha aperto la porta. "Non posso. Viene il maestro. Se non ho fatto i compiti glielo dice a quelle due e poi chi le sente.

"Ma come? Non vuoi vederlo? Non ti è piaciuto il mio segreto?

"Non molto. Non mi interessano i pazzi nei buchi.

"Me lo dai il Vicenza?

"Prenditelo. Tanto mi fa schifo". Mi ha cacciato in mano la scatola e mi ha spinto fuori dalla stanza. E ha chiuso la porta.

Pedalavo verso la collina e non capivo.

Come poteva non fregargli di un bambino incatenato in un buco? Salvatore mi aveva detto che il mio segreto gli faceva schifo.

Non glielo dovevo dire. Avevo sprecato il mio segreto. E che ci avevo gua-dagnato? Il Lanerossi Vicenza, che portava pure iella.

Ero peggio di Giuda che aveva barattato Gesù per trenta denari. Con trenta denari chissà quante squadre ci si potevano comprare.

Avevo la scatola infilata dentro i pantaloncini.

Mi dava fastidio. Gli spigoli mi entravano nella pelle. Volevo buttarla, ma non ne avevo il coraggio.

Mi sarebbe piaciuto tornare indietro nel tempo. Avrei dato la torta alla signora Scardaccione e me ne sarei andato via, senza neanche passare da Salvatore.

Ho fatto la salita così di corsa che quando sono arrivato mi veniva da vomi-tare.

Avevo abbandonato la bicicletta poco prima della salita e l'ultimo pezzo me l'ero fatto a piedi correndo nel grano. Mi sembrava che il cuore mi si strappa-

va dal petto. Volevo andare subito da Filippo, ma mi sono dovuto accasciare sotto un albero e aspettare che mi passava il fiatone.

Quando mi sono sentito meglio, ho guardato se Felice stava nei paraggi.

Non c'era nessuno. Sono entrato nella casa, ho preso la corda.

Ho spostato la lastra e l'ho chiamato. "Filippo!

"Michele!" Ha cominciato a muoversi tutto.

Mi stava aspettando.

"Sono venuto, hai visto? Hai visto che sono venuto?

"Lo sapevo.

"Te lo hanno detto gli orsetti lavatori?

"No. Lo sapevo io. Lo avevi promesso.

"Avevi ragione, gli orsetti lavatori esistono.

L'ho letto in un libro. L'ho visto pure in fotografia.

"Bello, vero?

Are sens

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