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Faceva caldo, era umido, e sbuffi improvvisi d'aria smuovevano l'afa. Nella notte delle nuvole grosse e nervose si erano accumulate sull'orizzonte e avevano cominciato ad avanzare su Acqua Traverse.

Siamo rimasti incantati a guardarle. Ci eravamo dimenticati che dal cielo poteva scendere acqua.

Ora stavamo sotto il capannone. Ero sdraiato sui sacchi di grano, con la testa nelle mani, tranquillo, a guardare le vespe che costruivano un alveare. Gli altri si erano messi seduti in cerchio accanto all'aratro. Salvatore era sbracato sul seggiolino di ferro del trattore, con i piedi poggiati sul volante.

Amavo quelle vespe. Remo gli aveva buttato giù la casa a pietrate almeno dieci volte, ma quelle testarde tornavano sempre a ricostruirla nello stesso posto, all'angolo tra due tralicci e una grondaia.

Impastavano la paglia e il legno con la saliva e ci costruivano un alveare che sembrava di cartone.

Gli altri chiacchieravano, ma io non li stavo a sentire. Il Teschio come al solito parlava a voce alta e Salvatore ascoltava in silenzio.

Mi sarebbe piaciuto se si metteva a piovere, nessuno ne poteva più della siccità.

Ho sentito Barbara dire: "Perché non andiamo a Lucignano a prendere il gelato? Ho i soldi.

"Ce l'hai pure per noi i soldi?

"No. Non bastano. Forse per due coppette.

"E allora che ci veniamo a fare a Lucignano, noi? A vedere te che ti riempi di gelato e diventi ancora più grossa?

Perché quelle vespe facevano l'alveare? Chi gli aveva insegnato a farlo?

«Lo sanno. E' nella loro natura», mi aveva risposto papà una volta che glielo avevo chiesto.

Mia sorella mi si è avvicinata e ha detto: "Io vado a casa. Tu che fai?

"Sto qua.

"Vabbe'. Mi vado a fare pane, burro e zucchero. Ciao". Se n'è andata segui-ta da Togo.

E qual era la mia natura? Che sapevo fare io?

"Allora?" ha chiesto Remo. "Facciamo una partita a ruba bandiera?

Sapevo arrampicarmi sul carrubo. Questo lo sapevo fare bene e nessuno me lo aveva insegnato.

Il Teschio si è alzato, ha dato un calcio al pallone e lo ha spedito dall'altra parte della strada.

"Ragazzi, ho una grande idea. Perché non andiamo al posto dell'altra volta?

Forse potevo raggiungere Maria e farmi una fetta di pane, burro e zucchero pure io, ma non avevo fame.

"Dove?

"Sulla montagna.

"Quale montagna?

"Alla casa abbandonata. Davanti alla fattoria di Melichetti.

Mi sono voltato. Il corpo improvvisamente si è risvegliato, il cuore ha preso a marciarmi nel petto e lo stomaco si è strizzato.

Barbara era poco convinta. "Che ci andiamo a fare? E' lontano. E se si mette a piovere?

Il Teschio le ha fatto il verso. "E se si mette a piovere? Ci bagnamo! E poi nessuno ti ha chiesto di venire.

Neanche Remo sembrava entusiasta. "Che ci andiamo a fare?

"Esploriamo la casa. L'altra volta ci è entrato solo Michele.

Remo mi ha detto qualcosa.

L'ho guardato. "Cosa? Non ho capito?

"Che c'è dentro la casa?" mi ha chiesto.

"Come?

"Che c'è dentro la casa?

Non riuscivo a parlare, non avevo più saliva.

Ho balbettato. "Niente... Non lo so... "Avevo la sensazione che un liquido gelato mi scendeva dalla testa, nel collo e lungo i fianchi. "Un po' di mobili vecchi, una cucina, roba così.

Il Teschio ha chiesto a Salvatore: "Andiamo?

"No, non mi va," Salvatore ha scosso la testa.

"Barbara ha ragione, è lontano.

"Io ci vado. Ci possiamo fare la nostra base segreta". Il Teschio ha preso la bicicletta appoggiata al trattore. "Chi vuole venire viene. Chi non vuole venire, non viene". Ha domandato a Remo: "Tu che fai?

"Vengo". Remo si è alzato e ha chiesto a Barbara: "Tu vieni?

"Se non si fanno gare.

"Niente gare," ha assicurato il Teschio e ha domandato di nuovo a Salvatore. "Tu allora non vieni?

Io aspettavo, senza dire niente.

"Io sto con Michele," ha fatto Salvatore, e guardandomi negli occhi mi ha chiesto: "Tu che fai, ci vai?

Mi sono messo in piedi e ho detto: "Sì, ci vado.

Salvatore è saltato giù dal trattore. "Va bene, andiamo.

Avanzavamo di nuovo, tutti quanti, come la prima volta, verso la collina.

Are sens