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Ho sollevato lentamente il capo. "Dove sta?

"Sta da Melichetti. Giù nella gravina.

"Come lo sai?

"L'ho sentito ieri. Papà parlava con tuo padre e con quello di Roma. Mi sono messo dietro la porta dello studio e li ho sentiti. Lo hanno spostato.

Lo scambio non è riuscito, hanno detto". Si è tirato indietro la frangetta bagnata. "Hanno detto che questo posto non è più sicuro.

Il temporale è passato.

Veloce, così come era scoppiato.

Era distante oramai. Una massa scura che avanzava sulla campagna inzup-pandola e proseguiva per la sua strada.

Scendevamo per il sentiero.

L'aria era così pulita che lontano, oltre la pianura ocra, si vedeva una stri-sciolina verde. Il mare. Era la prima volta che lo vedevo da Acqua Traverse.

L'acquazzone aveva lasciato un odore di erba e terra bagnata e un poco di fresco. Le nuvole rimaste nel cielo erano bianche e sfilacciate e lame di un sole accecante tagliavano la pianura. Gli uccelli avevano ripreso a cantare, sembrava ci fosse una gara canora.

Al Teschio avevo detto che gli avevo fatto uno scherzo.

"Bello scherzo del cazzo," aveva risposto.

Ho avuto il presentimento che nessuno ci sarebbe più salito su quella collina, era troppo lontana, e non c'era niente di bello in quel vecchio rudere. E

quella valletta nascosta portava male.

Filippo era finito da Melichetti con i maiali, perché lo scambio non era riuscito e perché il buco non era più sicuro, così avevano detto. E non c'entravano niente i signori della collina e i mostri che mi inventavo io.

«Piantala con questi mostri, Michele. I mostri non esistono. Devi avere paura degli uomini, non dei mostri». Così mi aveva detto papà.

Era colpa sua. Non lo aveva mollato e non lo avrebbe mollato mai.

I gatti quando catturano le lucertole ci giocano, ci giocano pure se la lucertola è tutta aperta e con le budella di fuori e senza la coda. La inseguono calmi, si siedono e la colpiscono e ci si divertono fino a quando la lucertola non muore, e quando è morta la toccano appena con la zampa, come se gli facesse schifo, e quella non si muove più e allora la guardano e se ne vanno.

Un rombo assordante, un frastuono metallico ha spezzato la quiete e ha coperto tutto.

Barbara ha urlato indicando il cielo. "Guardate! Guardate!

Da dietro la collina sono apparsi due elicotteri.

Due libellule di ferro, due grosse libellule blu con scritto sui fianchi Carabinieri.

Si sono abbassati su di noi e noi abbiamo cominciato a sbracciarci e a urlare, si sono affiancati, hanno girato nello stesso momento, come se ci volesse-

ro far vedere quanto erano bravi, e poi hanno planato sui campi, sono volati sopra Acqua Traverse e sono scomparsi all'orizzonte.

I grandi non c'erano più.

Le macchine stavano li, ma loro non c'erano.

Le case vuote, le porte aperte.

Correvamo tutti da una casa all'altra.

Barbara era agitata. "Da te c'è qualcuno?

"No. E da te?

"Nemmeno.

"Dove sono?" Remo aveva il fiatone. "Ho guardato pure nell'orto.

"Che facciamo?" ha chiesto Barbara.

Ho risposto: "Non lo so.

Il Teschio camminava al centro della strada, con le mani in tasca e lo sguardo truce, come un pistolero in un villaggio fantasma. "Chi se ne frega.

Meglio. Aspettavo da tanto tempo che se ne andavano tutti a fare in culo".

E ha sputato.

"Michele!

Mi sono voltato.

Mia sorella era in mutande e canottiera, fuori dal capannone, con le sue Barbie in mano e con Togo che la seguiva come un'ombra.

Sono corso da lei. "Maria! Maria! Dove stanno i grandi?

Mi ha risposto tranquilla. "A casa di Salvatore.

"Perché?

Ha indicato il cielo. "Gli elicotteri.

"Come?

"Sì, sono passati gli elicotteri, e dopo sono usciti tutti in strada e urlavano e sono andati a casa di Salvatore.

"Perché?

"Non lo so.

Mi sono guardato intorno. Salvatore non c'era più.

Are sens