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Per un istante la stanza si è illuminata. Ho visto la figura nera di mamma, e dietro il vecchio.

Mamma ha richiuso la porta. "Siete svegli?

"Sì," le abbiamo risposto.

Ha acceso la luce sul comodino. In mano stringeva un piatto con del pane e del formaggio. Si è seduta sul bordo del letto. "Vi ho portato da mangiare".

Parlava piano, con la voce stanca. Aveva le occhiaie, i capelli in disordine ed era sciupata.

"Mangiate e mettetevi a dormire.

"Mamma...?" ha detto Maria.

Mamma ha poggiato il piatto sulle ginocchia.

"Che c'è?

"Che succede?

"Niente". Mamma cercava di tagliare il formaggio, ma la mano le tremava.

Non era brava a recitare. "Ora mangiate e poi... "Si è piegata, ha poggiato il piatto a terra e si è messa una mano in faccia e ha cominciato a piangere in silenzio.

"Mamma... Mamma... Perché piangi?" Maria è scoppiata a singhiozzare.

Anch'io sentivo un groppo che mi si gonfiava nella gola. Ho detto: "Mamma? Mamma?

Ha sollevato la testa e mi ha guardato con gli occhi rossi e lucidi. "Che c'è?

"E' morto, vero?

Mi ha dato uno schiaffo sul a guancia e mi ha sbatacchiato come se fossi di pezza. "Nessuno è morto! Nessuno è morto! Capito?" Ha fatto una smorfia di dolore e ha sussurrato. "Tu sei troppo piccolo... "Ha spalancato la bocca e mi ha stretto al petto.

Ho cominciato a piangere.

Ora piangevamo tutti.

Di là il vecchio urlava.

Mamma l'ha sentito e si è scostata da me. "Ora basta!" Si è asciugata le lacrime. Ci ha dato due fette di pane. "Mangiate.

Maria ha affondato i denti nel pane, ma non poteva ingoiare, scossa com'e-ra dai singhiozzi. Mamma le ha strappato la fetta dalle mani.

"Non avete fame? Non fa niente". Ha preso il piatto. "Mettetevi giù". Ha tirato via i cuscini e ha spento la luce. "Se vi danno fastidio i rumori, infilate la testa qua sotto. Forza!" Ce li ha poggiati sul capo.

Ho provato a liberarmi. "Mamma, ti prego.

Non respiro.

"Ubbidite!" Ha ringhiato e ha premuto forte.

Maria era disperata, sembrava che la stavano sgozzando.

"Finiscila!" Mamma ha urlato così forte, che per un istante pure di là hanno smesso di litigare.

Ho avuto paura che la picchiava.

Maria si è azzittita.

Se ci muovevamo, se parlavamo, mamma ripeteva come un disco rotto:

"Sssst! Dormite.

Io ho fatto finta di dormire e ho sperato che anche Maria facesse lo stesso.

E dopo un po' si è placata pure lei.

Mamma è rimasta così per tanto tempo, ero sicuro che sarebbe stata tutta la notte con noi, ma si è alzata. Pensava che dormivamo. Ha chiuso la porta ed è uscita.

Ci siamo tolti i cuscini. Era buio, ma il riflesso fioco del lampione in strada rischiarava la stanza.

Mi sono alzato.

Maria si è messa a sedere, si è infilata gli occhiali e, tirando su con il naso, mi ha chiesto: "Che fai?

Mi sono poggiato un dito sul naso. "Zitta.

Ho messo l'orecchio sulla porta.

Continuavano a discutere, più piano ora. Sentivo la voce di Felice e del vecchio, ma non capivo niente. Ho provato a guardare dal buco della serratura, ma si vedeva il muro.

Ho afferrato la maniglia.

Maria si è morsa la mano. "Che fai, sei pazzo?

"Zitta!" Ho aperto uno spiraglio.

Felice era in piedi, vicino alla cucina. Addosso portava una tuta verde, la zip abbassata fin sotto le costole lasciava scorgere i pettorali gonfi. Aveva lo sguardo fisso e la bocca socchiusa sui dentini da latte. Si era rapato i capelli a zero.

"Io?" ha detto mettendosi una mano sul petto.

"Si, tu," ha fatto il vecchio. Era seduto a tavola, con una gamba poggiata su un ginocchio, una sigaretta tra le dita e un sorriso perfido sulla bocca.

"Io sarei frocio? Recchione?" ha chiesto Felice.

Il vecchio ha confermato. "Esattamente.

Felice ha storto la testa. "E... E come lo avresti scoperto?

Are sens