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"Si vede da tutto. Sei frocio. Non c'è niente da fare. E... "Il vecchio ha fatto un tiro. "Lo sai qual è la cosa peggiore?

Felice ha aggrottato le sopracciglia, interessato. "No, qual è?

Sembravano due amici che si fanno confidenze segrete.

Il vecchio ha spento la cicca nel piatto. "E' che non lo sai. Questo è il tuo problema. Sei nato frocio e non lo sai. Hai una certa età, non sei più un pi-schello. Renditi conto. Staresti meglio. Faresti quello che fanno i froci, ossia prenderlo in culo.

Invece ci fai il duro, ci fai l'uomo, parli e straparli, ma tutto quello che fai e dici suona falso, suona frocio.

Papà stava in piedi e sembrava seguire il discorso, ma era da un'altra parte.

Il barbiere era poggiato alla porta come se la casa dovesse cadere da un momento all'altro e mamma, seduta sul divano, guardava, con un'espressione vuota, la televisione con il volume a zero. Il lampadario era avvolto da una nube di moscerini che cadevano neri e stecchiti sui piatti bianchi.

"Ascoltatemi, ascoltatemi, ridiamoglielo. Ridiamoglielo," se n'è uscito papà all'improvviso.

Il vecchio lo ha guardato, ha scosso la testa e ha sorriso. "Tu sta' buono, che è meglio.

Felice ha guardato papà, poi si è avvicinato al vecchio. "Io sarò pure recchione, ma tu intanto, pezzo di merda di un romano, ti prendi questo cazzot-to". Ha sollevato un braccio e gli ha dato un pugno in bocca.

Il vecchio è stramazzato a terra.

Ho fatto due passi indietro e mi sono messo le mani nei capelli. Felice aveva picchiato il vecchio.

Ho cominciato a tremare e mi è salito su il vomito, ma non ho potuto fare a meno di tornare a guardare.

In cucina, papà urlava. "Che cazzo fai? Sei impazzito?" Aveva afferrato Felice per un braccio e cercava di tirarlo via.

"Mi ha detto che sono recchione, questo bastardo. .. "Felice stava per met-tersi a frignare. "Io lo ammazzo...

Il vecchio era a terra. Mi faceva pena. Volevo aiutarlo e non potevo. Tenta-va di risollevarsi, ma gli scivolavano i piedi sul pavimento e le braccia non lo sostenevano. Dalla bocca gli colava sangue e saliva. Gli occhiali che portava sulla testa ora stavano sotto il tavolo. Continuavo a guardargli quei polpacci bianchi, secchi e senza peli che spuntavano dai pantaloni di tela azzurra. Si è attaccato con le mani al bordo del tavolo e lentamente si è tirato su e si è messo in piedi. Ha preso un tovagliolo e se l'è premuto sulla bocca.

Mamma piangeva sul divano. Il barbiere era inchiodato alla porta come se avesse visto il diavolo.

Felice ha fatto due passi verso il vecchio nonostante papà cercasse di trattenerlo. "Allora? Secondo te questo è un pugno di un recchione, eh?

Dimmi un'altra volta che sono recchione e giuro che da terra non ti rialzi mai più.

Il vecchio si è seduto su una sedia e con il tovagliolo si tamponava uno spacco enorme sul labbro. Poi ha sollevato la testa e ha guardato fisso Felice e ha detto con voce ferma: "Se sei un uomo dimostralo, allora". Un lampo malvagio gli è balenato nello sguardo. "Avevi detto che lo facevi tu e ti sei ri-mangiato tutto. Come dicevi? Io lo apro come un agnello, non c'è problema, io non ho paura. Io sono paracadutista. Io qua, io là. Chiacchierone, sei solo un chiacchierone. Sei peggio di un cane, non sei buono nemmeno a fare la guardia a un bambino". Ha sputato un fiotto di sangue sul tavolo.

"Pezzo di merda!" ha piagnucolato Felice trascinandosi dietro papà. "Io non lo faccio! Perché lo devo fare io, perché?" Sul e guance sbarbate gli scendevano due rivoli di lacrime.

"Aiutami! Aiutami!" ha urlato papà al padre di Barbara. E il barbiere si è avventato su Felice.

In due riuscivano a malapena a tenerlo fermo.

"Io non lo faccio, stronzo!" ha ripetuto Felice. "Io non ci vado in galera per te. Scordatelo!

Ora lo uccide, mi sono detto.

Il vecchio si è messo in piedi. "Lo faccio io, allora. Ma sta' tranquillo, che tanto se me ne scendo io, te ne scendi pure tu. Ti porto giù con me, pezzen-te. Ci puoi stare sicuro.

"Mi porti dove, romano di merda?" Felice si è fatto avanti a testa bassa.

Papà e il barbiere hanno cercato di trattenerlo ma lui se li è scrollati di dosso come forfora e si è avventato di nuovo sul vecchio.

Il vecchio ha tirato fuori la pistola dai pantaloni e gliel'ha poggiata sulla fronte. "Prova a colpirmi un'altra volta. Provaci. Fallo, dai. Ti prego, fallo...

Felice si è immobilizzato, come se giocasse a un due tre stella.

Papà si è messo in mezzo. "State calmi, basta!

Avete rotto i coglioni tutti e due". E li ha divisi.

"Provaci! Il vecchio si è cacciato la pistola sotto la cinta. Sulla fronte di Felice è rimasto un cerchietto rosso.

Mamma, seduta in un angolo, piangeva e ripeteva con la mano sulla bocca:

"Piano! Fate piano! Fate piano! Fate piano!

"Perché gli vuole sparare?

Mi sono voltato.

Maria si era alzata e stava alle mie spalle.

"Torna a letto," le ho urlato sottovoce.

Ha fatto di no con la testa.

"Maria, torna a letto!

Mia sorella ha strizzato la bocca e ha fatto no.

Ho sollevato una mano, stavo per darle un ceffone, ma mi sono trattenuto.

"Torna a letto e non provare a piangere.

Ha ubbidito.

Papà intanto era riuscito a metterli seduti. Lui invece continuava a camminare, con gli occhi lucidi, una luce folle gli si era accesa dentro.

"Basta. Facciamo la conta. Quanti siamo?

Quattro. Alla fine, di tutti quelli che eravamo, siamo rimasti in quattro. I più fessi. Meglio. Chi perde lo ammazza. E' tanto facile.

"E si piglia l'ergastolo," ha detto il barbiere mettendosi una mano sulla fronte.

"Bravo!" Il vecchio batteva le mani. "Vedo che cominciamo a ragionare.

Are sens