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Lui è indietreggiato. "Gli ho dato un calcio nel sedere. E che sarà mai?

Mamma ha cercato di schiaffeggiarlo. Felice le ha serrato i polsi per tenerla lontana, ma lei era una leonessa. "Bastardo! Io ti strappo gli occhi!

"L'ho trovato dentro la fossa... Voleva liberare il ragazzino. Non gli ho fatto niente. Basta, smettila!

Mamma era scalza, ma lo ha colpito lo stesso con un calcio nei coglioni.

Il povero Felice ha emesso un verso strano, un incrocio tra un gargarismo e il risucchio di un lavandino, si è messo le mani sui genitali ed è caduto in ginocchio. Ha fatto una smorfia di dolore e ha provato a urlare ma non gli è venuto, non aveva più aria nei polmoni.

Io, in piedi sulla sedia, ho smesso di frignare.

Sapevo quanto fa male una botta sulle palle. E quella era una botta sulle palle molto seria.

Mamma non ha avuto nessuna pietà. Ha preso la padella dal lavello e ha colpito Felice in faccia. Lui ha ululato ed è crollato a terra.

Mamma ha sollevato di nuovo la padella, lo voleva ammazzare, ma Felice l'ha presa per una caviglia e ha tirato. Mamma è cascata. La padella è schizzata sul pavimento. Felice le si è buttato sopra con tutto il corpo.

Io ho guaito disperato. "Lasciala! Lasciala! Lasciala!" Felice le ha afferrato le braccia, le si è piazzato sullo stomaco e l'ha tenuta ferma.

Mamma mordeva e graffiava come una gatta.

Le si era sollevata la sottoveste. Si vedeva il sedere e il ciuffo nero tra le gambe e una spallina si era strappata e un seno le usciva fuori bianco e grande e con il capezzolo scuro.

Felice si è fermato e l'ha guardata.

Ho visto come l'ha guardata.

Sono sceso dalla sedia e ho cercato di ucciderlo. Gli sono saltato addosso e ho provato a strozzarlo.

In quel momento sono entrati papà e il vecchio.

Papà si è gettato su Felice, lo ha afferrato per un braccio e l'ha tirato via da sopra a mamma.

Felice è rotolato sul pavimento e io insieme a lui.

Ho battuto forte la tempia. Un bollitore dell'acqua ha cominciato a fischiar-mi nella testa, e nelle narici avevo l'odore del disinfettante che davano nel bagno della scuola. Lampi gialli mi esplodevano davanti agli occhi.

Papà prendeva a calci Felice e Felice strisciava sotto il tavolo e il vecchio cercava di trattenere papà che spalancava la bocca e allungava le mani e buttava all'aria le sedie con i piedi.

Il sibilo nella testa era così forte che non sentivo nemmeno il mio pianto.

Mamma mi ha preso e mi ha portato in camera sua, ha chiuso la porta con il gomito e mi ha adagiato sul letto. Non riuscivo a smettere di piangere. Sus-sultavo tutto ed ero paonazzo.

Mi stringeva tra le braccia e ripeteva: "Non è niente. Non è niente. Passa.

Passa tutto.

Mentre piangevo non riuscivo a staccare gli occhi dalla fotografia di padre Pio attaccata all'armadio. Il frate mi guardava e sembrava sorridere soddisfat-to.

In cucina papà, il vecchio e Felice urlavano.

Poi sono usciti tutti e tre di casa sbattendo la porta.

Ed è tornata la calma.

I colombi tubavano sotto il tetto. Il rumore del frigorifero. Le cicale. Il ventilatore. Quello era il silenzio.

Mamma, con gli occhi gonfi, si è vestita, si è disinfettata un graffio su una spalla e mi ha lavato, asciugato, infilato sotto le lenzuola. Mi ha fatto mangiare una pesca con lo zucchero e si è stesa accanto a me. Mi ha dato la mano.

Non parlava più.

Non avevo la forza nemmeno per piegare un dito. Ho appoggiato la fronte sul suo stomaco e ho chiuso gli occhi.

Si è aperta la porta.

"Come sta?

La voce di papà. Parlava piano, come se il dottore gli avesse detto che ero in fin di vita.

Mamma mi ha accarezzato i capelli. "Ha preso una botta in testa. Ma ora dorme.

"Tu come stai?

"Bene.

"Sicura?

"Sì. Ma quello non deve entrare più in casa nostra. Se tocca ancora Michele lo ammazzo e poi ammazzo a te.

Are sens

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