"Barbara ha ragione, è lontano.
"Io ci vado. Ci possiamo fare la nostra base segreta". Il Teschio ha preso la bicicletta appoggiata al trattore. "Chi vuole venire viene. Chi non vuole venire, non viene". Ha domandato a Remo: "Tu che fai?
"Vengo". Remo si è alzato e ha chiesto a Barbara: "Tu vieni?
"Se non si fanno gare.
"Niente gare," ha assicurato il Teschio e ha domandato di nuovo a Salvatore. "Tu allora non vieni?
Io aspettavo, senza dire niente.
"Io sto con Michele," ha fatto Salvatore, e guardandomi negli occhi mi ha chiesto: "Tu che fai, ci vai?
Mi sono messo in piedi e ho detto: "Sì, ci vado.
Salvatore è saltato giù dal trattore. "Va bene, andiamo.
Avanzavamo di nuovo, tutti quanti, come la prima volta, verso la collina.
Pedalavamo in fila indiana. Mancava solo mia sorella.
C'era un'atmosfera pesante e il cielo aveva un colore innaturale, scarlatto.
Le nuvole, prima ammassate sull'orizzonte, ora si accalcavano sopra di noi e si spingevano una contro l'altra come orde di Unni prima della battaglia. Erano grosse e cupe.
Il sole era opaco e torbido come se un filtro lo schermasse. Non faceva né caldo né freddo, ma tirava vento. Ai lati della strada e sui campi la paglia era chiusa nelle balle, disposte come pedine su una scacchiera. Dove non era passata la mietitrebbia, si formavano lunghe onde che spettinavano il grano.
Remo guardava preoccupato l'orizzonte. "Ora si mette a piovere.
Più mi avvicinavo alla collina più mi sentivo male. Un peso mi premeva sullo stomaco. I resti della colazione si rotolavano nella pancia. Mi mancava l'aria e un velo di sudore mi bagnava la schiena e il collo.
Che stavo facendo? Ogni pedalata era un pezzo di giuramento che si sbriciolava.
«Ascoltami, Michele, non ci devi tornare più.
Se torni lì, lo uccidono. Per colpa tua».
«Non ci torno più».
«Giuralo sulla mia testa».
«Te lo giuro».
«Di', giuro sulla tua testa che non ci torno più».
«Giuro sulla tua testa che non ci torno più».
Stavo rompendo il giuramento, andavo da Filippo e se mi trovavano lo avrebbero ammazzato.
Volevo tornare indietro, ma le gambe pedalavano e una forza irresistibile mi trascinava verso la collina.
Un tuono lontano ha lacerato il silenzio.
"Torniamo a casa," ha detto Barbara come se avesse sentito i miei pensieri.
Ho boccheggiato. "Sì, torniamo a casa.
Il Teschio ci è passato accanto sghignazzando.
"Se vi cagate sotto per un po' d'acqua, andate a casa, che è meglio.
Io e Barbara ci siamo guardati e abbiamo continuato a spingere.
Il vento cresceva. Alitava sui campi e sollevava la pula in aria. Era dura tenere le biciclette dritte, le raffiche ci spingevano fuori dalla strada.
"Eccoci. Era lontano, eh?" ha detto il Teschio sgommando sul pietrisco.
Il sentiero che portava alla casa era lì davanti.
Salvatore mi ha guardato e mi ha chiesto: "Andiamo?
"Sì, andiamo.
Abbiamo cominciato la salita. Faticavo a stare al passo con gli altri. Red Dragon era una fregatura. Non lo volevo ammettere, ma era così. Se ti tiravi su, ti trovavi il manubrio in bocca e se cambiavi marcia, se ne usciva la catena. Per non rimanere indietro dovevo usare il rapporto più duro.
Dai campi, al a nostra destra, si è alzato uno stormo di corvi. Gracchiavano e volteggiavano ad ali spiegate, trascinati dalle correnti.
Il sole era inghiottito dal grigio e di colpo sembrava sera. Un tuono. Un altro. Ho guardato le nuvole che rotolavano e si avvolgevano una sull'altra. Una ogni tanto s'illuminava come se dentro ci fosse esploso un fuoco d'artificio.