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Carlo Levi - Cristo si è fermato a Eboli dieci: c’era un dottore, un farmacista, dei commercianti, un cameriere d’albergo, e qualche artigiano. Tutti del nostro paese, ci si conosceva fin da bambini. La vita è triste, tra quei grattacieli, con tutte quelle straordinarie comodità, e gli ascensori, le porte girevoli, la metropoli-tana, e sempre case e palazzi e strade, e mai un po’ di terra. Viene la malinconia. La domenica mattina si saliva in treno, ma bisognava fare dei chilometri, per trovare la campagna! Quando eravamo arrivati in qualche posto solitario, diventavamo tutti allegri come ci si fosse tolto un peso di dosso. E allora, sotto un albero, tutti insieme, ci si calava i pantaloni. Che delizia! Si sentiva l’aria fresca, la natura. Non come in quei gabinetti americani, lucidi e tutti eguali. Ci pareva di essere ragazzi, d’essere tornati a Grassano, si era felici, si rideva, si sentiva l’aria della Patria. E, quando avevamo finito, gridavamo tutti insieme: «Viva l’Italia!» Ci veniva proprio dal cuore.
La nuova casa aveva il vantaggio di essere in fondo al paese, fuori degli sguardi continui del podestà e dei suoi accoliti: avrei potuto, finalmente, passeggiare senza ur-tarmi ad ogni passo nelle solite persone, con i soliti discorsi. È usanza, qui, che i signori, quando incontrano qualcuno per via, non gli chiedano come sta, ma gli ri-volgano a mo’ di saluto questa domanda: – Beh! Che cos’hai mangiato oggi? – Se l’interlocutore è un contadino, risponderà in silenzio con il gesto della mano, portata all’altezza del viso e oscillante lentamente su se stessa con il pollice e il mignolo teso e le altre dita piegate, che vuol dire «poco o nulla». Se è un signore, si dilungherà a elencare le povere vivande del suo pranzo, e si informerà di quelle del suo amico: se nessuna passione d’odio e di intrigo locale accende in quel momento i loro animi, la conversazione continuerà per un pezzo senza uscire da questo scambio di confidenze gastronomiche.
Avrei potuto mettere il capo fuori dell’uscio senza battere subito il naso contro l’onnipresente pancia, Letteratura italiana Einaudi
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Carlo Levi - Cristo si è fermato a Eboli enorme al punto di ostruire tutta la via, di don Gennaro, guardia, messo comunale, accalappiacani, e spia del podestà; sempre attento ad ogni passo dei confinati e a ogni parola dei contadini; brav’uomo, forse, in fondo, ma devoto all’autorità e a don Luigino, e ostinato a far rispettare i suoi bizzarri decreti sulla circolazione dei maiali e dei cani, e a minacciare e ad affibbiare le multe, per le ragioni piú inverosimili, alle donne che non avevano il denaro per pagarle.
E soprattutto era una casa, un luogo dove avrei potuto esser solo e lavorare. Mi affrettai dunque a salutare la vedova, e a cominciare la mia nuova vita, nella mia residenza definitiva. La casa apparteneva all’erede del prete, don Rocco Macioppi, un modesto proprietario di mezza età, gentile, cerimonioso, chiesastico e occhialu-to, e ad una sua nipote, donna Maria Maddalena, una zitella sui venticinque anni, d’un biondo slavato, allevata dalle monache di Potenza, anemica, sospirosa e linfati-ca. Fu inteso che essi avrebbero tenuto, per coltivare l’insalata, l’uso dell’orto, nel quale sarebbero entrati dal cancello: ma io vi potevo passeggiare a mio piacere.
L’alloggio era quasi vuoto: il padrone e lo zoppo suo amico mi fornirono le suppellettili necessarie. Io ci portai le cose che mi ero fatte arrivare in quei giorni: il mio cavalletto grande e la poltrona, suo necessario comple-mento: l’uno per dipingere e l’altra per guardare i quadri a mano a mano che li faccio: mi sono entrambi indi-spensabili, e ci sono affezionato: mi hanno sempre seguito in tutti i miei viaggi qua e là per il mondo. E una cassa di libri, che mi era giunta allora allora, e per la quale dovetti ricevere una visita speciale del podestà e del brigadiere. Don Luigino mi mandò a dire che doveva assistere alla sua apertura, per controllare che non ci fossero libri proibiti, e, con l’assistenza del suo braccio secolare, esaminò, ad uno ad uno, i miei volumi. Lo fe-ce, naturalmente, da uomo di studi, che non si stupisce Letteratura italiana Einaudi
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Carlo Levi - Cristo si è fermato a Eboli di nulla, con molti sorrisi d’intesa, felice della sua sapienza e della sua autorità. Libri proibiti non ce n’erano.
Ma c’era, per esempio, una comune edizione degli Es-sais di Montaigne. – Questo è francese, non è vero? –
esclamò il podestà, strizzando l’occhio, come a dire che non cercassi d’ingannarlo. – Ma è un francese antico, don Luigi! – Già, Montaigne, uno di quelli della Rivoluzione francese –. Faticai a convincerlo che non si poteva considerarlo un autore pericoloso: il maestro sapeva il fatto suo e sorrideva compiaciuto, perché intendessi che se mi lasciava il libro, che avrebbe dovuto sequestrarmi, era per un atto di particolare benevolenza e di solidarietà tra uomini di cultura.
La casa era in ordine, la roba era a posto, e ora dovevo risolvere il problema di trovare una donna che mi facesse le pulizie, che andasse a prendermi l’acqua alla fontana e mi preparasse da mangiare. Il padrone, l’am-mazzacapre, donna Caterina e le sue nipoti furono con-cordi: – Ce n’è una sola che fa per lei. Non può prendere che quella! – E donna Caterina mi disse: – Le parlerò io, la farò venire. A me dà retta; e non dirà di no –. Il problema era piú difficile di quanto non credessi: e non perché mancassero donne a Gagliano, che anzi, a decine si sarebbero contese quel lavoro e quel guadagno. Ma io vivevo solo, non avevo con me né moglie né madre né sorella; e nessuna donna poteva perciò entrare, da sola, in casa mia. Lo impediva il costume, antichissimo e assoluto, che è a fondamento del rapporto fra i sessi. L’amore, o l’attrattiva sessuale, è considerata dai contadini co-me una forza della natura, potentissima, e tale che nessuna volontà è in grado di opporvisi. Se un uomo e una donna si trovano insieme al riparo e senza testimoni, nulla può impedire che essi si abbraccino: né propo-siti contrari, né castità, né alcun’altra difficoltà può vie-tarlo; e se per caso effettivamente essi non lo fanno, è tuttavia come se lo avessero fatto: trovarsi assieme è fare Letteratura italiana Einaudi
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Carlo Levi - Cristo si è fermato a Eboli all’amore. L’onnipotenza di questo dio è tale, e cosí semplice è l’impulso naturale, che non può esistere una vera morale sessuale, e neanche una vera riprovazione sociale per gli amori illeciti. Moltissime sono le ragazze madri, ed esse non sono affatto messe al bando o addita-te al disprezzo pubblico: tutt’al piú troveranno qualche maggior difficoltà a sposarsi in paese, e dovranno acca-sarsi nei paesi circostanti, o accontentarsi di un marito un po’ zoppo o con qualche altro difetto corporale. Se però non può esistere un freno morale contro la libera violenza del desiderio, interviene il costume a rendere difficile l’occasione. Nessuna donna può frequentare un uomo se non in presenza d’altri, soprattutto se l’uomo non ha moglie: e il divieto è rigidissimo: infrangerlo anche nel modo piú innocente equivale ad aver peccato.
La regola riguarda tutte le donne, perché l’amore non conosce età.
Avevo curato una nonna, una vecchia contadina di settantacinque anni, Maria Rosano, dagli occhi azzurri chiari nel viso pieno di bontà. Aveva una malattia di cuore, dai sintomi gravi e preoccupanti, e si sentiva molto male. – Non mi alzerò piú da questo letto, dottore. È
arrivata la mia ora, – mi diceva. Ma io, che mi sentivo aiutato dalla fortuna, l’assicuravo del contrario. Un giorno, per farle coraggio, le dissi: – Guarirai, sta’ sicura. Da questo letto scenderai, senza bisogno di aiuto. Tra un mese starai bene, e verrai da sola, fino a casa mia, in fondo al paese, a salutarmi –. La vecchia si rimise davvero in salute, e, dopo un mese, sentii battere alla mia porta.
Era Maria, che si era ricordata delle mie parole, e veniva a ringraziarmi e a benedirmi, con le braccia cariche di regali, fichi secchi, e salami, e focacce dolci fatte con le sue mani. Era una donna molto simpatica, piena di buon senso e di tenerezza materna, saggia nel parlare e con un certo ottimismo paziente e comprensivo nell’antica faccia rugosa. Io la ringraziai dei suoi doni e la trat-Letteratura italiana Einaudi
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Carlo Levi - Cristo si è fermato a Eboli tenni a conversare; ma mi accorgevo che la contadina stava sempre piú a disagio, ritta ora su un piede ora sull’altro, e lanciava delle occhiate alla porta come se volesse scappare e non osasse. Dapprincipio non ne capivo la ragione: poi mi avvidi che la vecchia era entrata da me da sola, a differenza di tutte le altre donne che venivano a farsi visitare o a chiamarmi, e che andavano sempre in due o almeno accompagnate da una bambina che è. un modo di rispettare il costume e di ridurlo insieme a po-co piú di un simbolo; e sospettai che fosse questa la ragione della sua inquietudine. Lei stessa me lo confermò.
Mi considerava il suo benefattore, il suo salvatore miracoloso: si sarebbe buttata nel fuoco per me: non avevo soltanto guarito lei, che aveva un piede nella fossa, ma anche la sua nipotina prediletta, malata di una brutta polmonite. Le avevo detto di venire sola a trovarmi, quando fosse stata bene. Io intendevo che non avrebbe avuto bisogno di nessuno per darle il braccio: ma la buona vecchia aveva presa la cosa alla lettera, e non aveva osato infrangere il mio ordine. Perciò non si era fatta accompagnare; aveva fatto per me davvero un grosso sacrificio; e ora era inquieta perché essere con me, a malgrado dell’evidente innocenza, era tuttavia di per sé una grossa infrazione al costume. Mi misi a ridere, e anche lei rise, ma mi disse che l’uso era piú vecchio di lei e di me, e se ne andò contenta.
Non c’è abitudine o regola o legge che resista a una contraria necessità o a un potente desiderio: e anche quest’uso si riduce, praticamente, a una formalità: ma la formalità è rispettata. Tuttavia la campagna è grande, i casi della vita molteplici, e non mancano le vecchie mez-zane accompagnatrici né le giovani compiacenti. Le donne, chiuse nei veli, sono come animali selvatici. Non pensano che all’amore fisico, con estrema naturalezza, e ne parlano con una libertà e semplicità di linguaggio che stupisce. Quando passi per la via, ti guardano con i neri Letteratura italiana Einaudi
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Carlo Levi - Cristo si è fermato a Eboli occhi scrutatori, chinati obliquamente a pesare la tua vi-rilità, e le odi poi, dietro le tue spalle, mormorare i loro giudizi e le lodi della tua nascosta bellezza. Se ti volti, celano il viso tra le mani e ti guardano attraverso le dita.
Nessun sentimento si accompagna a questa atmosfera di desiderio, che esce dagli occhi e pare riempire l’aria del paese, se non forse quello della soggezione a un destino, a una potenza superiore, che non si può eludere. Anche l’amore si accompagna, piú che all’entusiasmo o alla speranza, a una sorta di rassegnazione. Se l’occasione è fuggevole, non bisogna lasciarla svanire: le intese sono rapide e senza parole. Quello che si racconta, e che io stesso credevo vero, della severità feroce dei costumi, della gelosia turchesca, dei selvaggio senso dell’onore familiare che porta ai delitti e alle vendette; non è che leggenda, quaggiú. Forse era realtà in tempo non molto lontano, e ne resta un residuo nella rigidezza dei forma-lismi. Ma l’emigrazione ha cambiato tutto. Gli uomini mancano e il paese appartiene alle donne. Una buona parte delle spose hanno il marito in America. Quello scrive il primo anno, scrive ancora il secondo, poi non se ne sa piú nulla, forse si fa un’altra famiglia laggiú, certo scompare per sempre e non torna piú. La moglie lo aspetta il primo anno, lo aspetta il secondo, poi si presenta un’occasione e nasce un bambino. Gran parte dei figli sono illegittimi: l’autorità delle madri è sovrana.
Gagliano ha milleduecento abitanti, in America ci sono duemila gaglianesi. Grassano ne ha cinquemila e un numero quasi uguale di grassanesi sono negli Stati Uniti. In paese ci restano molte piú donne che uomini: chi siano i padri non può piú avere un’importanza cosí gelosa: il sentimento d’onore si disgiunge da quello di paternità: il regime è matriarcale. Nelle ore del giorno, che i contadini sono lontani, il paese è abbandonato alle donne, queste regine-uccelli, che regnano sulla turba brulicante dei figli. I bambini sono amati, adorati, vezzeggiati dalle ma-Letteratura italiana Einaudi
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Carlo Levi - Cristo si è fermato a Eboli dri, che trepidano per i loro mali, che li allattano per an-ni e anni, non li lasciano un minuto, li portano con sé, sulla schiena e sulle braccia, avvolti negli scialli neri, mentre, ritte con l’anfora in testa, vengono dalla fontana. Molti ne muoiono, gli altri crescono precoci, poi prendono la malaria, si fanno gialli e melanconici, e diventano uomini, e vanno alla guerra, o in America, o restano in paese a curvare la schiena, come bestie, sotto il sole, ogni giorno dell’anno.
Se i figli illegittimi non sono una reale vergogna per le donne, tanto meno lo sono, naturalmente, per gli uomini. I preti hanno quasi tutti dei figli, e nessuno trova che la cosa porti disdoro al loro sacerdozio. Se Dio non li riprende, da piccoli, li fanno allevare nei collegi di Potenza o di Melfi. Il portalettere di Grassano, un vecchietto arzillo, un po’ zoppicante, con un bel paio di baffi tirati in su, era celebre e onorato in paese, perché si diceva che avesse, come Priamo, cinquanta figli. Di questi, ven-tidue o ventitre erano i figli delle sue due o tre mogli; gli altri, sparsi per il paese e per le terre vicine, e forse in parte leggendari, gli erano attribuiti, ma egli non se ne curava, e di molti non conosceva l’esistenza. Lo chiamavano ’u Re, non so se per la regalità del suo potere virile, o per i baffi monarchici: e i suoi figli erano detti, in paese, i Principini. Il prevalente rapporto matriarcale, il modo naturale e animalesco dell’amore, lo squilibrio dovuto all’emigrazione devono tuttavia fare i conti con il residuo senso familiare, col sentimento fortissimo della consanguineità, e con gli antichi costumi, che tendono a impedire il contatto degli uomini e delle donne. Avrebbero potuto entrare a casa mia, per farmi i servizi, soltanto quelle donne che fossero, in qualche modo, esen-tate dal seguire la regola comune; quelle che avessero avuto molti figli di padre incerto, che senza poter essere chiamate prostitute (ché tale mestiere non esiste in paese), facessero tuttavia mostra di una certa libertà di co-Letteratura italiana Einaudi
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Carlo Levi - Cristo si è fermato a Eboli stumi, e si dedicassero insieme alle cose dell’amore e alle pratiche magiche per procacciarlo: le streghe.
Di tali donne ce n’era almeno una ventina a Gagliano: ma, mi disse donna Caterina, alcune erano troppo spor-che e disordinate, altre incapaci di tenere civilmente la casa, altre avevano da badare a qualche loro terra, altre servivano già in casa dei signori del luogo. – Una sola fa veramente per lei: è pulita, è onesta, sa far da mangiare, e poi, la casa dove lei va ad abitare è un po’ come fosse la sua. Ci ha vissuto molti anni col prete buon’anima, fi-no alla sua morte –. Mi decisi dunque a cercarla: accettò di venire da me, e fece il suo ingresso nella mia nuova casa. Giulia Venere, detta Giulia la Santarcangelese, perché era nata in quel paese bianco, di là dall’Agri, aveva quarantun anno, e aveva avuto, tra parti normali e aborti, diciassette gravidanze, da quindici padri diversi.
Il primo figlio l’aveva fatto col marito, al tempo della grande guerra: poi l’uomo era partito per l’America, portando con sé il bambino, ed era scomparso in quel continente, senza mai piú dar notizia di sé. Gli altri figli erano venuti dopo: due gemelli, nati prima del termine, erano del prete. Quasi tutti questi bambini erano morti da piccoli: io non ne vidi mai altri che una ragazza di dodici anni, che lavorava in un paese vicino con una famiglia di pastori e veniva ogni tanto a trovare la madre: una specie di piccola capra selvatica, nera di occhi e di pelle, con i neri capelli scarruffati e spioventi sul viso, che stava in un silenzio astioso e diffidente, e non rispondeva alle domande, pronta a fuggire appena si sentiva guardata; e l’ultimo nato, Nino, di due anni, un bambino grasso e robusto che Giulia portava sempre con sé sotto lo scialle, e di cui non ho mai saputo chi fosse il padre.
Giulia era una donna alta e formosa, con un vitino sottile come quello di un’anfora, tra il petto e i fianchi robusti. Doveva aver avuto, nella sua gioventú, una spe-Letteratura italiana Einaudi
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Carlo Levi - Cristo si è fermato a Eboli cie di barbara e solenne bellezza. Il viso era ormai rugoso per gli anni e giallo per la malaria, ma restavano i segni dell’antica venustà nella sua struttura severa, come nei muri di un tempio classico. che ha perso i marmi che l’adornavano, ma conserva intatta la forma e le propor-zioni. Sul grande corpo imponente, diritto, spirante una forza animalesca, si ergeva, coperta dal velo, una testa piccola, dall’ovale allungato. La fronte era alta e diritta, mezza coperta da una ciocca di capelli nerissimi lisci e unti; gli occhi a mandorla, neri e opachi, avevano il bianco venato di azzurro e di bruno, come quelli dei ca-ni. Il naso era lungo e sottile, un po’ arcuato; la bocca larga, dalle labbra sottili e pallide, con una piega amara, si apriva.per un riso cattivo a mostrare due file di denti bianchissimi, potenti come quelli di un lupo. Questo vi-so aveva un fortissimo carattere arcaico, non nel senso del classico greco, né del romano, ma di una antichità piú misteriosa e crudele, cresciuta sempre sulla stessa terra, senza rapporti e mistioni con gli uomini, ma legata alla zolla e alle eterne divinità animali. Vi si vedevano una fredda sensualità, una oscura ironia, una crudeltà naturale, una protervia impenetrabile e una passività piena di potenza, che si legavano in un’espressione insieme severa, intelligente e malvagia. Nell’ondeggiare dei veli e della larga gonnella corta, nelle lunghe gambe robuste come tronchi d’albero, quel grande corpo si muoveva con gesti lenti equilibrati, pieni di una forza ar-monica, e portava, erta e fiera, su quella base monumentale e materna, la piccola, nera testa di serpente.
Giulia entrò nella mia casa volentieri, come una regina che ritorni, dopo un’assenza, a visitare una delle sue province predilette. Ci era stata tanti anni, ci aveva avuto dei figli, aveva regnato sulla cucina e sul letto del prete, che le aveva regalato quegli anelli d’oro che le pendevano dalle orecchie. Ne conosceva tutti i segreti, il camino che tirava male, la finestra che non chiudeva, i Letteratura italiana Einaudi
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Carlo Levi - Cristo si è fermato a Eboli chiodi piantati nei muri. Allora la casa era piena di mobili, di provviste, di bottiglie, di conserve e di ogni ben di Dio. Ora era vuota, c’era soltanto un letto, poche se-die, un tavolo di cucina. Non c’era stufa: il mangiare doveva esser cotto al fuoco del camino. Ma Giulia sapeva dove procurarsi il necessario, dove trovare la legna e il carbone, da chi farsi prestare una botte per l’acqua, in attesa che qualche mercante ambulante arrivasse a ven-derne in paese. Giulia conosceva tutti e sapeva tutto: le case di Gagliano non avevano segreti per lei, e i fatti di ciascuno, e i particolari piú intimi della vita di ogni donna e di ogni uomo, e i loro sentimenti e motivi piú nascosti. Era una donna antichissima, come se avesse avuto centinaia d’anni, e nulla perciò le potesse esser celato; la sua sapienza non era quella bonaria e proverbiale delle vecchie, legata a una tradizione impersonale, né quella pettegola di una faccendiera; ma una specie di fredda consapevolezza passiva, dove la vita si specchiava senza pietà e senza giudizio morale: né compatimento né bia-simo apparivano mai nel suo ambiguo sorriso. Era, co-me le bestie, uno spirito della terra; non aveva paura del tempo, né della fatica, né degli uomini. Sapeva portare senza sforzo, come tutte le donne di qui, che fanno, invece degli uomini, i lavori pesanti, i piú gravi pesi. Andava alla fontana con la botte da trenta litri, e la riportava piena sul capo, senza reggerla con le mani, occupate a tenere il bambino, inerpicandosi sui sassi della strada ri-pida con l’equilibrio diabolico di una capra. Faceva il fuoco alla maniera paesana, che si adopera poca legna, con i ceppi accesi da un capo, e avvicinati a mano a ma-no che si consumano. Su quel fuoco cuoceva, con le scarse risorse del paese, dei piatti saporiti. Le teste delle capre le preparava a reganate, in una pentola di coccio, con le braci sotto e sopra il coperchio, dopo aver intriso il cervello con un uovo e delle erbe profumate. Delle budella faceva i gnemurielli, arrotolandole come gomitoli Letteratura italiana Einaudi