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ingenuo ancora come una volta? E dove diavolo l’hai dissepolto?

Risposi facendo le più alte lodi di Traddles; perché sentivo che Steerforth non faceva di lui il conto che volevo ne facesse. Steerforth, passando a un nuovo argomento, con un gesto di noncuranza e un sorriso, e l’af-754

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fermazione che avrebbe rivisto con gioia il vecchio compagno che si era dimostrato sempre così bizzarro, mi chiese se potessi dargli qualche cosa da mangiare.

Durante la maggior parte di questo breve dialogo, nei momenti che non aveva parlato con la sua solita india-volata vivacità, s’era ostinato a battere il pezzo di carbone con l’attizzatoio. Osservai che faceva lo stesso mentre raccoglievo gli avanzi del pasticcio di piccione e di qualche altra cosa.

– Ebbene, Margheritina, ecco un pranzo da principe! –

esclamò, rompendo improvvisamente il silenzio, e sedendosi a tavola. – Gli farò giustizia, perché io arrivo da Yarmouth.

– Credevo che fosti arrivato da Oxford – risposi.

– No – disse Steerforth – sono stato occupato meglio.

Ho fatto il marinaio.

– Littimer è venuto qui oggi a domandar di te – osservai

– e m’era parso di capire che tu ti fossi trattenuto a Oxford; ma ora che ci ripenso, non me l’ha detto lui, certo.

– Littimer è più sciocco di quel che credevo, con l’andare in giro domandando di me – disse Steerforth, versan-dosi allegramente un bicchiere di vino, e bevendo alla mia salute. – Quanto a comprenderlo, se tu ci arrivi, Margheritina, sarai più abile di tutti noi.

– È vero, infatti – dissi, avvicinando la sedia alla tavola.

– Dunque sei stato a Yarmouth, Steerforth! – aggiunsi, 755

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curioso di saper tutto. – Ti ci sei trattenuto molto?

– No – mi rispose – una scappata di circa una settimana.

– E come stanno tutti laggiù? Naturalmente l’Emilietta non s’è ancora sposata.

– Non ancora. Ma sarà, credo, fra alcune settimane o mesi, non so. Non li ho visti molto. A proposito – depose il coltello e la forchetta, che aveva maneggiato con grande ardore, e cominciò a palparsi le tasche; – ho una lettera per te.

– Di chi?

– Della tua vecchia governante – rispose cavando alcune carte dalla tasca sul petto. – «G. Steerforth deve all’albergo dello Spirito Compiacente»; – non è questa. Pazienza, la troveremo subito. Il vecchio... non so come si chiama... sta male, e credo che ti scriva appunto di questo.

– Barkis, vuoi dire?

– Sì – e si palpava ancora le tasche, e poi non molto ne guardava il contenuto – temo che per Barkis la sia finita.

Ho visto un piccolo speziale lì... o un chirurgo, non so bene... quello che ebbe l’onore di guidare Vostra Signo-ria nel mondo. Egli m’ha dato i più dotti particolari sul male; ma la sua conclusione è questa: che il vetturale deve fra non molto fare il suo ultimo viaggio.

Metti la mano nella tasca interna del soprabito sulla se-756

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dia accanto a te, e credo che troverai la lettera. C’è?

– Sì – dissi.

– Benissimo.

Era di Peggotty; un po’ meno leggibile del solito, e brevissima. Ella m’informava dello stato disperato del marito, e accennava ch’egli era diventato «un po’ più tirato» d’una volta, e per conseguenza le era diventato più difficile prestargli le cure necessarie. Non mi diceva nulla delle sue fatiche e delle sue veglie, e faceva i più sinceri elogi del marito. Diceva tutto senza affettazione, con una tenerezza semplice e modesta, che sapevo sincera, e finiva con i «miei doveri al sempre diletto mio», che ero poi io.

Mentre decifravo la lettera, Steerforth continuava a mangiare e a bere.

– È triste – egli disse, quando ebbe finito – ma il sole tramonta ogni giorno, e la gente muore ogni minuto, e non dobbiamo aver paura d’una sorte comune a tutti. Se noi trascurassimo di seguir la nostra sorte particolare, perché quel piede che batte egualmente alle porte di tutti gli uomini è stato sentito battere in qualche parte, ogni oggetto a questo mondo ci si dileguerebbe in mano. No!

Avanti! Col cavallo ferrato a ghiaccio, se è necessario, col cavallo senza ferri, se occorre, ma avanti! Scavalchiamo tutti gli ostacoli per vincere il palio.

– Che palio? – dissi.

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– Quello che è nel nostro pensiero – egli disse. – Avanti!

Osservai, ricordo, quando s’interruppe, e mi guardò con la testa tirata un po’ indietro, e il bicchiere sollevato in mano, che, sebbene egli avesse sul florido viso la freschezza del vento marino, vi si scorgevano tracce, che non vi si osservavano l’ultima volta, di qualche assiduo, insolito sforzo di quella sua fervida energia, che, quando era eccitata, si ridestava in lui con impeto così violento.

Avevo in animo di fargli qualche rimostranza per la maniera disperata con cui si dava all’ultima mania che lo assaliva – come quella, per esempio, di sfidare il mare cattivo, e di affrontare le burrasche – quando la mia mente si volse al primo argomento della nostra conversazione, e gli dissi:

– Senti, Steerforth, se il tuo spirito animoso avrà la pazienza di ascoltarmi...

– È uno spirito potente il mio, e farà quello che tu vuoi –

egli rispose, lasciando la tavola per sedersi accanto al focolare.

– Allora senti, Steerforth. Io ho intenzione d’andare a vedere la mia vecchia governante. Non perché speri di giovarle o d’esserle utile in nulla; ma perché m’è così affezionata, che la mia visita avrà quasi l’effetto di giovarle e d’esserle utile. Ella la gradirà tanto, che le parrà un sollievo e un conforto. E non credo che sia compiere un grande sforzo, per una persona che mi s’è mostrata 758

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Are sens