dia accanto a te, e credo che troverai la lettera. C’è?
– Sì – dissi.
– Benissimo.
Era di Peggotty; un po’ meno leggibile del solito, e brevissima. Ella m’informava dello stato disperato del marito, e accennava ch’egli era diventato «un po’ più tirato» d’una volta, e per conseguenza le era diventato più difficile prestargli le cure necessarie. Non mi diceva nulla delle sue fatiche e delle sue veglie, e faceva i più sinceri elogi del marito. Diceva tutto senza affettazione, con una tenerezza semplice e modesta, che sapevo sincera, e finiva con i «miei doveri al sempre diletto mio», che ero poi io.
Mentre decifravo la lettera, Steerforth continuava a mangiare e a bere.
– È triste – egli disse, quando ebbe finito – ma il sole tramonta ogni giorno, e la gente muore ogni minuto, e non dobbiamo aver paura d’una sorte comune a tutti. Se noi trascurassimo di seguir la nostra sorte particolare, perché quel piede che batte egualmente alle porte di tutti gli uomini è stato sentito battere in qualche parte, ogni oggetto a questo mondo ci si dileguerebbe in mano. No!
Avanti! Col cavallo ferrato a ghiaccio, se è necessario, col cavallo senza ferri, se occorre, ma avanti! Scavalchiamo tutti gli ostacoli per vincere il palio.
– Che palio? – dissi.
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– Quello che è nel nostro pensiero – egli disse. – Avanti!
Osservai, ricordo, quando s’interruppe, e mi guardò con la testa tirata un po’ indietro, e il bicchiere sollevato in mano, che, sebbene egli avesse sul florido viso la freschezza del vento marino, vi si scorgevano tracce, che non vi si osservavano l’ultima volta, di qualche assiduo, insolito sforzo di quella sua fervida energia, che, quando era eccitata, si ridestava in lui con impeto così violento.
Avevo in animo di fargli qualche rimostranza per la maniera disperata con cui si dava all’ultima mania che lo assaliva – come quella, per esempio, di sfidare il mare cattivo, e di affrontare le burrasche – quando la mia mente si volse al primo argomento della nostra conversazione, e gli dissi:
– Senti, Steerforth, se il tuo spirito animoso avrà la pazienza di ascoltarmi...
– È uno spirito potente il mio, e farà quello che tu vuoi –
egli rispose, lasciando la tavola per sedersi accanto al focolare.
– Allora senti, Steerforth. Io ho intenzione d’andare a vedere la mia vecchia governante. Non perché speri di giovarle o d’esserle utile in nulla; ma perché m’è così affezionata, che la mia visita avrà quasi l’effetto di giovarle e d’esserle utile. Ella la gradirà tanto, che le parrà un sollievo e un conforto. E non credo che sia compiere un grande sforzo, per una persona che mi s’è mostrata 758
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sempre tanto amica. Non v’andresti per una giornata, se tu fossi nei miei panni?
Il suo volto era pensoso. Egli stette un po’ a meditare prima di rispondere, a voce bassa:
– Bene, va’. Non fai male ad andare.
– Tu ne ritorni appunto adesso – dissi – e sarebbe inutile dirti di venire con me.
– Perfettamente inutile – egli disse. – Stasera me ne vado a Highgate. Da parecchio tempo non veggo mia madre, e ne ho rimorso, perché significa pur qualche cosa essere amato nel modo come ella ama il suo figliuol prodigo... Bah! Sciocchezze!... Immagino che tu intenda partire domani? – egli disse, tenendomi a distanza, con una mano su ciascuna delle mie spalle.
– Sì, vorrei partir domani.
– Bene, allora, rimanda fino a posdomani. Volevo che tu venissi a stare pochi giorni con noi. Ero venuto apposta per dirtelo, ed ecco che tu prendi la fuga per Yarmouth.
– Hai un bel coraggio di parlar di fuga, Steerforth, quando tu non fai continuamente che correre di qua e di là senza uno scopo concepibile.
Mi guardò un momento senza parlare, e poi soggiunse, ancora tenendomi per le spalle e scotendomi:
– Su, dimmi che vai posdomani, e vieni a passar con noi 759
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quanto più puoi della giornata di domani. Chi sa quando c’incontreremo di nuovo. Su, dimmi che parti posdomani. Voglio che tu ti frapponga fra Rosa Dartle e me, e ci tenga separati.
– Vi vorreste bene troppo, senza di me?
– Sì, o ci odieremmo forse, chi sa! – disse, ridendo, Steerforth. – Su, di’ che parti posdomani.
Dissi posdomani, ed egli s’infilò il soprabito, s’accese il sigaro, e si preparò ad andarsene a casa a piedi. Appresa la sua intenzione, m’infilai anch’io il soprabito (ma non accesi alcun sigaro, avendone avuto già abbastanza una volta) e l’accompagnai fino alla strada maestra, che non era allegra di notte. Mi si mostrò pieno di vivacità per tutta la strada; e quando ci separammo, e lo vidi andare innanzi con tanto ardore e leggerezza, pensai a ciò che m’aveva detto: «Scavalchiamo tutti gli ostacoli per vincere il palio!», e gli augurai per la prima volta che avesse di mira un palio degno d’esser vinto.
Stavo spogliandomi per andare a letto, quando sul pavimento mi cadde la lettera del signor Micawber, che avevo dimenticata. Ne ruppi il suggello, e lessi ciò che segue, datato un’ora e mezza prima del desinare. Non ricordo se abbia già avvertito che, quando il signor Micawber si trovava in condizioni disperate, usava una specie di fraseologia legale, che gli sembrava il modo migliore di dar sesto agli affari.
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