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«Signore... perché non oso dire mio caro Copperfield.

«È convenevole informarvi che il sottoscritto è Annien-tato? Voi avete potuto osservare in lui quest’oggi qualche esitante sforzo per risparmiarvi la prematura conoscenza della sua condizione calamitosa; ma la speranza è tramontata sotto l’orizzonte, e il sottoscritto è Annien-tato.

«La presente comunicazione è vergata nella sfera personale (non posso dir compagnia) di un individuo in uno stato confinante con l’ebrietà, impiegato d’un creditore pignoratario. Questo individuo è in legale possesso della mia dimora, sotto sequestro per il debito della pigione.

Il suo inventario include non soltanto i beni mobili e gli effetti di ogni natura appartenenti al sottoscritto, come affittuario annuo di questa dimora, ma anche quelli appartenenti al signor Tommaso Traddles, subaffittuario, membro dell’Onorevole corporazione del Temple.

«Se qualche goccia di fiele mancasse alla già traboccante coppa, in questo istante avvicinata alle labbra del sottoscritto, si troverebbe nella circostanza che, per un’amichevole garanzia concessa al sottoscritto dal sul-lodato signor Tommaso Traddles, per la somma di sterline 23, 4 scellini e 9 pence, non è stato ancora provveduto. E nella circostanza inoltre, che le viventi responsabilità a carico del sottoscritto saranno, nel corso naturale delle cose, aumentate dall’aggiunta d’un’altra disperata 761

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vittima, la cui infelice comparsa si può aspettare – per dirla con una cifra tonda – al termine d’un periodo non eccedente sei mesi lunari dalla presente data.

«Dopo aver detto tanto, sarebbe atto di superrogazione aggiungere, che polvere e cenere sono per sempre sparse

Sulla

«Testa

«Di

«Wilkins Micawber.»

Povero Traddles! A quell’ora conoscevo già abbastanza il signor Micawber per prevedere che si poteva aspettare che egli si riavesse dal colpo; ma il mio riposo di quella notte fu gravemente angosciato dal pensiero di Traddles, e della figlia dell’ecclesiastico che faceva parte d’una famiglia di dieci sorelle, e che era una ragazza tanto cara e avrebbe aspettato Traddles (o sinistro elogio!) fino a sessant’anni e più, all’occorrenza.

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XXIX.

DI NUOVO IN CASA DI STEERFORTH

La mattina dissi al signor Spenlow di aver bisogno d’un congedo per un po’ di tempo; e poiché io non riscotevo alcun stipendio, e per conseguenza non arrecavo alcun nocumento all’implacabile Jorkins, non ci fu difficoltà ad ottenerlo. Colsi quel destro per esprimere, con la lingua che mi s’incollava al palato e gli occhi che mi si velavano mentre pronunziavo le parole, la speranza che la signorina Spenlow stesse in buona salute: alla qual cosa il signor Spenlow rispose, con non maggiore commozione che se stesse parlando d’un ordinario essere umano, che m’era molto obbligato, e ch’ella stava benissimo.

Noi impiegati studenti, germi dell’ordine patrizio dei procuratori, eravamo trattati con tanta considerazione, che io ero quasi sempre padrone di tutto il mio tempo.

Siccome, però, non intendevo d’andare a Highgate prima delle due pomeridiane, e avevamo quella mattina un altro piccolo caso di scomunica in Corte, caso chiamato

«Il dovere del giudice invocato da Tipkins contro Bul-lock per la correzione della sua anima», «vi passai un paio d’ore di piacevole assistenza col signor Spenlow. Il caso era originato da una zuffa tra due fabbricieri, uno 763

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dei quali era accusato d’aver spinto l’altro contro una pompa, il cui manico, essendo dal lato d’una scuola sotto il comignolo d’una chiesa, faceva di quello spintone un oltraggio ecclesiastico. Il processo fu divertente, e andando a Highgate, a cassetta sulla diligenza, pensavo al Doctors’ Commons, e a ciò che m’aveva detto una volta il signor Spenlow: Toccate il Doctors’ Commons, se volete far crollare il paese».

La signora Steerforth fu lieta di rivedermi, come pure Rosa Dartle. Ebbi una sorpresa gradita nel trovar che Littimer era assente; e che era molto più piacevole e assai meno sconcertante, serviti com’eravamo da una modesta camerierina con una cuffia a nastri azzurri, trovarsi per caso addosso gli sguardi di lei invece di quelli dell’uomo rispettabile. Ma ciò che particolarmente osservai, prima che avessi passato mezz’ora in quella casa, fu l’attenta, rigorosa sorveglianza della signorina Dartle su di me; e la sua destrezza nel fare il paragone del mio viso con quello di Steerforth, e di quello di Steerforth col mio, e il suo atteggiamento d’agguato per qualche cosa che dovesse venir fuori fra i due. Tutte le volte che guardavo verso di lei, ero sicuro di veder quel viso affilato, dagli occhi ardenti e neri e dalla fronte penetrante, indagare il mio; poi passare immediatamente a quello di Steerforth, oppure comprenderci in un solo sguardo. E

lungi dal cessare quel suo esame quasi di lince, quando vide che me n’ero accorto, a volte ella fissava soltanto sopra di me quel suo sguardo di succhiello con un’e-764

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spressione sempre più acuta. Innocente com’ero e sapevo d’essere, riguardo a qualunque colpa di cui ella potesse probabilmente sospettarmi, sfuggivo da quegli strani occhi, incapace di sopportarne l’avido fulgore.

Per tutta la giornata, in tutta la casa parve non ci fosse che lei. Se conversavo con Steerforth nella sua camera, sentivo la veste di lei frusciare nel corridoietto al di fuori. Quando io e lui ci mettemmo a giocare ai nostri antichi giuochi sul prato dietro la casa, vidi il viso di lei passare da una finestra all’altra, come una luce errabonda, finché non sostò, vigilante, in una. Quando verso sera uscimmo tutti e quattro per una passeggiatina, ella mi chiuse il braccio nella sua mano sottile per tenermi indietro, mentre Steerforth e la madre andavano innanzi e non potevano più sentire; e allora cominciò a parlarmi.

– Voi siete stato parecchio tempo senza venir qui – ella disse. – La vostra professione è proprio così attraente e aggiogante, da esigere tutta la vostra attenzione? Domando, perché mi piace di sapere, quando non so. È

proprio così?

Risposi che la mia professione mi piaceva abbastanza, ma che non potevo dire che m’occupasse tanto e poi tanto.

– Oh, son lieta di saperlo, perché mi piace sempre d’esser corretta, quando sbaglio! – disse Rosa Dartle. – In-765

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tendete dire che è un po’ arida, forse?

– Bene – risposi; – forse un po’ arida è.

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