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– Quando quella sera apparve chiaro che non c’era nulla più da fare, signorina Dartle...

– Non v’ho detto di non rivolgervi a me? – ella disse con freddo disprezzo.

– Siete stata voi a parlarmi – egli rispose. – Vi domando scusa: è mio dovere di obbedire.

– E allora, – ella rispose, finite il vostro racconto, e andatevene...

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– Quando apparve chiaro, – egli disse con infinita rispettabilità, e un profondo inchino – che non era possibile trovarla, raggiunsi il signor Giacomo nel luogo dove s’era convenuto ch’io gli avrei scritto, e lo informai dell’accaduto. Vi fu una discussione fra noi, e credetti dignitoso lasciarlo. Io potevo sopportare, e ho sopportato molte cose da parte del signor Giacomo; ma egli trascese nei suoi atti e mi percosse, perfino.

Non ignaro del disgraziato dissenso che lo separa dalla madre, e dell’angoscia della signora, mi son preso la libertà di venire in Inghilterra, e riferirle...

– Per il denaro che io gli ho dato – mi disse la signorina Dartle.

– Sì, signorina... e riferirle ciò che sapevo.

Io non so – disse Littimer, dopo un istante di riflessione

– se vi sia altro. Per ora sono disoccupato, e sarei felice di trovare in qualche parte un posto rispettabile.

La signorina Dartle mi guardò, come per chiedermi se vi fosse qualche cosa in particolare che desiderassi di sapere. Siccome pensavo a una circostanza, risposi:

– Vorrei domandare a questo... individuo – mi fu impossibile esprimermi in maniera più cortese – se non fu intercettata una lettera scritta a quella disgraziata ragazza da casa sua, o se crede che ella la ricevesse.

Egli rimase calmo e tranquillo, con gli occhi fissi a terra, e la punta di ogni dito della destra delicatamente ar-1195

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cuata su la punta d’ogni dito corrispondente della sinistra.

La signorina Dartle volse il capo sdegnosamente verso di lui.

– Scusatemi, signorina – egli disse, scotendosi dalla sua distrazione – ma nonostante tutto il rispetto che ho per voi, ho la mia dignità da far rispettare, benché io non sia che un domestico. Se il signor Copperfield desidera saper qualche cosa da me, mi prendo la libertà di rammentare al signor Copperfield che può rivolgere le sue domande a me. Anch’io ho la mia dignità.

Dopo una rapida lotta con me stesso, mi volsi a lui e gli dissi:

– Avete udito la mia domanda. Consideratela rivolta a voi, se volete. Che risposta mi date?

– Signore – egli soggiunse, separando e riunendo a volta a volta quelle sue punte delicate – la mia risposta non può essere che vaga; perché abusare della fiducia del signor Giacomo di fronte a sua madre, e abusarne di fronte a voi, sono due azioni diverse. Non era probabile, io credo, che il signor Giacomo volesse incoraggiare una corrispondenza capace d’accrescere l’abbattimento e il malumore della ragazza; ma più innanzi di così, signore, non m’è possibile arrivare.

– Nient’altro? – mi chiese la signorina Dartle.

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Accennai che non avevo più altro da dire.

– Soltanto – ripresi, vedendo Littimer allontanarsi – che comprendo la parte rappresentata da questo individuo in tutta questa malvagia faccenda, e che gli raccomando, giacché la riferirò al galantuomo che fece da padre ad Emilia, di non mostrarsi troppo in pubblico.

Egli s’era fermato nell’istante che avevo cominciato, e m’aveva ascoltato con la sua solita calma.

– Grazie, signore. Ma voi mi scuserete se vi dico che in questo paese non vi sono né schiavi, né padroni di schiavi, e che non è permesso a nessuno di farsi giustizia da sé. Chi lo fa, lo fa a suo proprio rischio e pericolo. Per conseguenza, non avrò paura di andare dove mi pare e piace.

E così dicendo, mi fece un cortese inchino, e con un altro alla signorina Dartle, sparì sotto l’arco nella parete di bosso di dove era entrato. La signorina Dartle ed io ci guardammo un istante in silenzio; ed ella era esattamente nello stesso atteggiamento di quando aveva chiamato innanzi a me quell’uomo.

– Egli dice, inoltre – ella osservò, stringendo lentamente le labbra – che, a quanto ne sa, il suo padrone veleggia presso le coste della Spagna, e che probabilmente continuerà a lungo le sue escursioni marittime. Ma questo a voi non interessa. Fra queste due nature orgogliose, la madre e il figlio, s’è aperto un abisso più profondo di 1197

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prima, e non c’è alcuna speranza di colmarlo, perché sono d’una sola sostanza, e il tempo non fa che renderle sempre più ostinate e imperiose. Neanche questo v’interessa, ma mi conduce a ciò che desidero dirvi. Quel diavolo di cui voi fate un angelo, quella ignobile ragazza che egli raccolse dal fango – intanto ella aveva gli occhi neri fissi su me, e teneva l’indice levato, agitandolo –

forse vive ancora... perché l’erba cattiva prospera sempre. Se è viva, voi ci terrete a trovare una perla simile e a tenerla ben custodita. Anche noi desideriamo la stessa cosa, perché non diventi un’altra volta preda di lui. In questo noi abbiamo lo stesso interesse; ed ecco perché io, che vorrei fare a quell’essere spregevole tutto il male che sarebbe capace di soffrire, v’ho fatto chiamare: per farvi sentire ciò che avete sentito.

Vidi, da un mutamento nel suo viso, che dietro di me qualcuno s’avvicinava. Era la signora Steerforth, che mi stese la mano con più freddezza di quanto soleva una volta, e con più solennità d’una volta; ma pure, me ne accorsi – non senza commozione – con un vivo ricordo della mia antica amicizia per suo figlio. Ella era molto cambiata. La sua bella persona era un po’ curva; il viso mostrava qualche ruga profonda, i capelli erano quasi bianchi. Ma quando si sedé sulla panca, parve ancora bella, e rividi in lei l’occhio scintillante dallo sguardo altero, che era stato un faro di luce nei miei sogni di scolaro.

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– Il signor Copperfield sa tutto, Rosa?

– Sì.

– Ha visto Littimer?

– Sì; e gli ho detto perché tu lo desideravi.

– Tu sei una buona figliuola. Io ho avuto qualche parola di corrispondenza col vostro vecchio amico, signore –

volgendosi a me – ma egli non ha ancora fatto il suo dovere verso di me. Perciò non ho altro scopo in questo che quello accennatovi da Rosa. Se intanto si potrà dare un conforto a quel brav’uomo che voi conduceste qui da me (e per lui solo mi dispiace... che si vuole di più?), e mio figlio potrà essere salvato dalle trame di una intri-gante, sarà tanto di guadagnato!

Essa si eresse sulla persona e fissò gli occhi innanzi, molto lontano.

– Signora – dissi rispettosamente – comprendo. Vi assicuro che non c’è pericolo che io vi attribuisca altri motivi. Ma debbo dire, anche a voi, che ho conosciuto da piccino quella disgraziata famiglia, e che voi v’ingannate. Se credete che quella povera ragazza, così indegna-mente trattata, non sia stata crudelmente ingannata, e che ella non desideri piuttosto morire cento volte che accettare ora un bicchiere d’acqua dalla mano di vostro figlio, voi v’ingannate terribilmente.

– Zitta, Rosa, zitta! – disse la signora Steerforth, mentre 1199

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l’altra accennava a ribattere. – Non importa. Lasciamo andare. Vi siete ammogliato; signore, ho saputo.

Risposi che m’ero ammogliato da qualche tempo.

– E che vi fate strada? Con la vita che meno, so poco, ma sento dire che cominciate a diventar celebre.

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