"Unleash your creativity and unlock your potential with MsgBrains.Com - the innovative platform for nurturing your intellect." » » David Copperfield- Charles Dickens-eBook online free

Add to favorite David Copperfield- Charles Dickens-eBook online free

Select the language in which you want the text you are reading to be translated, then select the words you don't know with the cursor to get the translation above the selected word!




Go to page:
Text Size:

Charles Dickens David Copperfield

Arrivai, una sera prima del tramonto, in fondo a una valle che mi doveva dare un rifugio per la notte. Durante la mia discesa laggiù, per il tortuoso sentiero lungo il fianco della montagna, donde vedevo in alto splendere il sole, m’invase un senso di bellezza e di tranquillità non sperimentato più da tempo, e un dolce influsso, suscitato da quella pace, mi commosse soavemente il petto. Ricordo che mi fermai una volta, con una specie di melanconia che non aveva nulla di gravoso o di amaro. Ricordo che quasi credei che si operasse in me un mutamento.

Arrivai nella valle che il sole ancora splendeva sulle remote altezze di neve che la cingevano come nuvole eterne. Le basi delle montagne, che formavano la gola in cui giaceva il piccolo villaggio, erano d’uno splendido verde; e alte su quella tenera vegetazione crescevano foreste di oscuri abeti, che fendevano come cunei quelle masse di neve, e reggevano le valanghe. Più in alto, di-rupi, rocce grige, ghiacci lucenti e piccole oasi di verde, perdentisi gradatamente sulle cime nevose. Qua e là dei punti sul fianco della montagna, e ogni punto era una casa. Quei villini solitari, rimpiccioliti dalle alture tor-reggianti, sembravano troppo piccoli anche come balocchi. Anche il villaggio raccolto nella valle, appariva minuscolo, col suo ponticello di legno sul torrente che precipitava spumando contro le rocce infrante, e si dileguava rumoreggiando fra gli alberi. Nell’aria calma arrivava l’eco di canti lontani... eran voci di pastori; ma, si po-1450

Charles Dickens David Copperfield

teva, come una nube lucente fluttuava sul fianco della montagna, si poteva quasi credere che i canti uscissero dalla nube, quasi una musica celestiale. A un tratto, in quella serenità, la voce della Natura mi parlò, e mi persuase a posar la testa sull’erba, e a piangere come non avevo mai pianto ancora, da quando Dora era morta.

Avevo trovato un pacchetto di lettere che mi aspettavano da pochi minuti, ed ero uscito a far due passi fuor del villaggio, per leggerle, mentre mi si preparava il desinare. Altre lettere erano andate smarrite, e da lungo tempo non ne avevo ricevuta alcuna. Tranne una riga o due, per dire che stavo bene ed ero arrivato in questo o quel punto, non avevo avuto la forza o la costanza di scrivere altro da quando ero partito.

Avevo il pacchetto in mano. L’apersi, e vidi la scrittura d’Agnese.

Ella era felice di esser utile, e riusciva nei suoi propositi, come aveva sperato. Questo era tutto ciò che mi diceva di sé. Il resto si riferiva a me.

Non mi dava consigli; non mi parlava di doveri; mi diceva soltanto, col suo solito fervore, d’avere una gran fiducia in me. Sapeva – ella diceva – che un carattere come il mio avrebbe saputo trarre il bene dal male. Le prove e il dolore l’avrebbero elevato e rafforzato. Certo i miei propositi sarebbero diventati più fermi e più alti, a traverso i dolori che avevo sofferti. Lei, che era così or-1451

Charles Dickens David Copperfield

gogliosa della mia fama e si aspettava di vederla aumentare, era certa che avrei continuato a lavorare. Era sicura che l’ambascia in me non doveva essere debolezza, ma forza. Come le sofferenze della mia infanzia avevano contribuito a farmi ciò che ero, le nuove sofferenze m’avrebbero dato la forza di diventare migliore; e così, come erano state una scuola per me, sarebbero state una scuola per gli altri. Ella mi raccomandava a Dio, che aveva raccolto nella sua gloria la mia cara innocente; e mi amava sempre con affetto di sorella, e mi accompagnava col pensiero dovunque io mi recavo; orgogliosa di ciò che avevo fatto, ma più orgogliosa ancora di ciò che ero destinato a fare.

Mi misi la lettera in petto, pensando a ciò che ero un’ora prima. Quando udii i canti svanire, e vidi la nube diventar più scura, e tutti i colori nella valle morire, e la neve d’oro sulle vette delle montagne, diventare una parte remota del pallido cielo serale, sentii la notte dileguarmisi dallo spirito, e tutte le sue ombre dissiparsi. Non v’era più alcun nome per l’amore che io provavo per lei, da quell’istante diventata più cara che mai al cuor mio.

Lessi molte volte quella lettera d’Agnese, e le risposi prima d’andare a letto. Le dissi che avevo sentito più che mai bisogno del suo aiuto; che senza di lei non ero, e non ero mai stato, ciò che ella credeva; ma che da lei ero spronato ad esserlo, e attingevo la forza di tentarlo.

E tentai. Altri tre mesi, e sarebbe passato un anno dal 1452

Charles Dickens David Copperfield

principio della mia ambascia. Determinai di non prendere alcuna risoluzione prima della fine di quei tre mesi, ma di tentare. In tutto quel tempo non mi mossi da quella valle e dai dintorni. Passati i tre mesi, risolsi di rimanere lontano dal mio paese ancora per qualche tempo, di stabilirmi intanto nella Svizzera, che m’era diventata cara per il ricordo di quella sera, di ripigliar la penna, e lavorare.

Ricorsi umilmente a Colui al quale Agnese mi aveva raccomandato; interrogai la Natura, non mai interrogata invano; e presi a cuore le vicende umane, che già mi lasciavano indifferente. Non passò molto che avevo in quella vallata quasi tanti amici come a Yarmouth; e quando la lasciai, prima dell’inverno, per Ginevra, e la primavera seguente ritornai, i loro saluti cordiali mi sembrarono familiari, benché non fossero espressi in parole inglesi.

Mi mettevo presto al lavoro, e lo lasciavo assai tardi, usando pazienza e perseveranza. Scrissi una novella su un soggetto offertomi dai miei casi, e la mandai a Traddles, che riuscì a farla pubblicare con gran mio vantaggio; e le prove della mia crescente celebrità cominciarono a essermi date dai viaggiatori nei quali per caso m’imbattevo. Dopo un po’ di riposo e di distrazione, mi misi a lavorare, col mio solito ardore, a una nuova fantasia, che m’attraeva moltissimo. Più andavo innanzi nel mio lavoro, e più lo sentivo, e cercavo, con maggiore 1453

Charles Dickens David Copperfield

energia, di farlo bene. Era il mio terzo romanzo. Non ero ancora alla metà, che, in un intervallo di riposo, risolsi di tornare in patria.

Da lungo tempo, benché studiassi e lavorassi pazientemente, m’ero dato a robusti esercizi. La mia salute, molto scossa quando avevo lasciato l’Inghilterra, rifioriva.

Avevo veduto molto, ero stato in molti paesi, e la mente mi s’era arricchita di nuove cognizioni.

Ho raccontato ora tutto ciò che credo necessario di ricordar qui, di questo periodo di assenza... meno una circostanza. Pure non l’ho fatto col proposito di nascondere qualcosa dei miei pensieri; perché, come ho già detto altrove, queste son le mie memorie. Ho voluto serbare a parte e per la fine la corrente più segreta del mio spirito.

Ci entro ora.

Non posso penetrare così completamente nel mistero del mio cuore da poter precisare l’istante che pensai di poter fare d’Agnese l’oggetto delle mie prime e più care speranze. Non posso precisare in qual periodo della mia angoscia prima mi avvenisse di riflettere che nella mia spensierata giovinezza avevo respinto lungi da me il tesoro del suo amore. Forse avevo udito qualche bisbiglio di quel lontano pensiero al tempo che avevo avvertito la perdita o la mancanza di qualche cosa nella felicità che avevo sperato. Ma quel pensiero sorse ancora come un nuovo rimprovero e un nuovo rimpianto, allorché mi trovai triste e solo al mondo.

1454

Charles Dickens David Copperfield

Se in quel tempo mi fossi trovato spesso accanto ad Agnese, avrei forse, nella debolezza della mia desolazione, fatto trasparire questo sentimento. Fu ciò che vagamente temevo quando fui spinto a mettermi in viaggio. Non mi sarei rassegnato a perdere la minima parte del suo affetto di sorella; e, scoperto il mio sentimento, avrei messo fra me e lei una barriera fino allora inesistente.

Non potevo dimenticare che il sentimento che ora ella aveva per me era effetto della mia libera scelta, anzi opera mia. Se ella m’aveva amato di diverso amore – e a volte pensavo che c’era stato un tempo forse che m’aveva amato di diverso amore – quell’amore era stato da me ripudiato. Ed ora era svanito, certo, perché, da fanciullo, m’ero abituato a pensare a lei come a un’immagine lontana dalle mie aspirazioni. Tutta la mia appassionata tenerezza s’era volta su un altro oggetto; e non avevo fatto ciò che avrei potuto fare. Ciò che Agnese ora rappresentava per me, era stato generato da me e dal suo nobile cuore.

Nel principio del mutamento che a grado a grado s’ope-rò in me, quando tentai di comprender meglio me stesso e di diventar migliore, scorsi, a traverso un’attesa indefinita, un momento in cui forse avrei potuto sperare di cancellare l’errore di un giorno, ed esser così avventura-to da sposare Agnese. Ma, come il tempo passava, l’oscura speranza illanguidiva. Se mai un giorno m’aveva 1455

Charles Dickens David Copperfield

amato, ella non doveva apparirmi che più nobile e sacra, perché aveva ascoltato tutte le mie confidenze, conosciuto gli errori del mio cuore; e s’era sacrificata per esser mia amica e sorella, vincendo su se stessa una grande vittoria. Se non mi aveva amato mai, potevo credere che m’avrebbe amato adesso?

M’ero sentito tanto debole di fronte alla sua costanza e alla sua forza! E il mio sentimento di debolezza era ora più profondo. Checché potessi essere stato per lei, e lei per me, se ero stato più degno di lei lungo tempo prima, non lo ero più. Quel tempo era passato. L’avevo lasciato passare, e l’avevo meritamente perduta.

Soffrivo molto in questi conflitti, che mi colmavan d’affanni e di rimorsi; ma era pur vero che provavo un senso di conforto nella persuasione che il dovere e l’onore mi ingiungevano di scacciare il pensiero di rivolgermi alla cara fanciulla nell’ora dei miei disinganni, dopo che scioccamente m’ero ritratto da lei al tempo delle speranze fresche e lucenti. Questa considerazione era alla radi-ce d’ogni idea che la concerneva. Non feci alcuno sforzo, allora, per dissimularmi che l’amavo e che le ero profondamente devoto; ma mi convinsi che era troppo tardi, e che i nostri antichi rapporti dovevano continuare a rimanere quali erano.

Avevo pensato molte volte a ciò che m’aveva detto Dora del nostro futuro, di ciò che sarebbe potuto accadere in quegli anni che non dovevano più venire. Avevo com-1456

Charles Dickens David Copperfield

preso che le cose che non accadono hanno spesso su di noi, come quelle che accadono, degli effetti reali. Gli anni di cui ella parlava erano ora una realtà per la mia pena; e lo sarebbero stati un giorno, un po’ più tardi forse, se ci fossimo separati alla nostra prima irragionevo-lezza. Mi sforzai di convertire ciò che sarebbe potuto essere fra me e Agnese in un mezzo per divenire più coraggioso, meno egoista, più conscio di me stesso, e dei miei difetti ed errori. E così pensando a ciò che sarebbe potuto essere, arrivai alla convinzione che la mia speranza non si sarebbe avverata mai.

Questa, con la sua incertezza e inconsistenza, fu la mobile sabbia del mio spirito, dal tempo della mia partenza al tempo del mio ritorno in patria, tre anni dopo. Erano passati tre anni dalla partenza del bastimento degli emigranti, e nella stessa ora del tramonto, e nello stesso luogo, sul ponte della nave che mi aveva riportato in patria, io stavo con gli occhi fissi sulle onde rosee che avevano specchiato l’immagine di quel bastimento.

Tre anni. Un lungo periodo in complesso, benché fosse trascorso così rapidamente. E la patria m’era assai cara, ed anche Agnese... ma ella non era mia... non sarebbe mai stata mia. Una volta, forse, lo sarebbe stata, ma ora non più!

1457

Charles Dickens David Copperfield

LIX.

RITORNO

Una rigida sera d’autunno sbarcai a Londra. Era buio e pioveva, e vidi più nebbia e fango in un minuto di quanto ne avessi visti in un anno. Feci a piedi il tratto dalla Dogana al Monumento prima di trovare una vettura, e benché i vecchi cornicioni, sulle grondaie gonfie, mi avessero l’aria di vecchi amici, non potei non pensare che mi sarebbero piaciuti più puliti.

Ho spesso notato, e forse l’hanno notato anche gli altri, che la nostra partenza da un luogo che ci è familiare, sembra il segnale d’una trasformazione. Guardando fuori dello sportello della vettura, vidi che una vecchia casa di Fish Street Hill, che da un secolo non aveva visto più l’ombra di un pittore, di un fabbro, di un muratore, era stata, durante la mia assenza, abbattuta; e che una strada vicina, celebre per la sua onorata insalubrità e il suo sudiciume d’ogni genere, era stata allargata e risanata.

M’aspettavo quasi che la Cattedrale di San Paolo mi dovesse sembrare più vecchia del consueto; A qualche mutamento nelle condizioni dei miei familiari ed amici ero preparato. Mia zia da parecchio tempo s’e-ra stabilita di nuovo a Dover, e Traddles aveva comin-1458

Charles Dickens David Copperfield

ciato a farsi un po’ di clientela poco tempo dopo la mia partenza, per aver il piacere di fare a tutti una sorpresa.

E pure, non vedendo nessuno che mi desse il benvenuto, fui così cattivo da sentire un freddo disinganno, mentre scarrozzavo tacito e solo per le vie nebbiose.

Le botteghe, però, con lo sfolgorìo dei loro lumi, fecero per me qualche cosa, e quando scesi all’ingresso del caffè di Gray’s Inn, il buon umore m’era tornato. Nel primo momento mi ricordai quel periodo della mia vita, così diverso, in cui ero disceso al Golden Cross, e mi ricordai dei cambiamenti che erano avvenuti. Era naturale.

Are sens