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così singolare.

– Benissimo – rispose Steerforth – questa sera.

– Non li avvertirò affatto che noi siamo qui, sai – dissi con compiacenza. – Noi dobbiamo far loro una sorpresa.

– Oh, naturalmente. Non ci divertiremo – disse Steerforth – se non li sorprenderemo. Bisogna veder gl’indigeni nelle loro condizioni aborigene.

– Benché non siano di quella specie che tu credi – risposi.

– Ah, sì! Tu alludi alla mia discussione con Rosa, non è vero? – egli esclamò con un vivo sguardo. – Che Dio la maledica, io ho quasi paura di lei. Mi fa l’effetto d’uno spirito maligno. Ma non ci badare. E ora che si fa? Si va a visitare la tua governante, immagino.

– Ebbene, sì – dissi – debbo vedere Peggotty prima di tutti.

– Bene – rispose Steerforth, consultando l’orologio. –

Se io ti concedessi un paio d’ore per intenerirti e piangere a tuo agio? Ti basterebbero?

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Risposi, ridendo, che sarebbero state sufficienti, ma che doveva venire anche lui; perché avrebbe rilevato che la fama lo aveva preceduto, e ch’egli era un personaggio quasi della stessa mia grandezza.

– Verrò dove ti piace – disse Steerforth – e farò ciò che ti piace. Dimmi dove debbo andare; e in due ore mi presenterò in qualunque atteggiamento ti piaccia, sentimentale o comico.

Gli diedi le più minute indicazioni per trovare la residenza di Barkis, vetturale di Blunderstone e altrove; e quindi ci separammo. V’era un’aria viva e pungente; il suolo era asciutto; il mare era increspato e limpido; il sole diffondeva abbondanza di luce, se non di calore, e tutto era fresco e vivo. Ero così fresco e vivo anch’io, nel piacere di trovarmi colà, che avrei voluto fermare le persone per istrada, e stringer loro la mano.

Le vie sembravano piccole, naturalmente. Le vie che abbiamo viste da bambini, appaiono sempre così quando ci accolgono di nuovo. Ma io non avevo dimenticato nessuno dei loro tratti, e non trovai nulla di mutato, finché non arrivai alla bottega di Omer. «Omer e Joram» era scritto dove c’era soltanto «Omer»; ma l’iscrizione «Tappezziere, Sarto, Merciaio. Intraprendi-tore di pompe funebri», ecc., era rimasta quella di una volta.

I miei passi si volsero con tanta spontaneità alla por-538

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ta della bottega, dopo che avevo letto quelle parole dal lato opposto, che traversai la via e diedi un’occhiata dentro. In fondo, c’era una bella donna, che si faceva saltellare un bambino fra le braccia, mentre un altro piccino le si appiccicava al grembiule. Non ebbi difficoltà a riconoscerle e Minnie e i bambini di Minnie. La porta a vetri che dava sul cortile non era aperta; ma potevo debolmente udir sonare l’antico ritmo, come se non si fosse interrotto mai.

– C’è il signor Omer? – dissi, entrando. – Vorrei vederlo per un momento, se c’è.

– Oh, sì, signore, c’è – disse Minnie. – L’asma non gli permette d’uscire con questo tempo. Giuseppe, chiama il nonno.

Il piccino, che le teneva il grembiule, chiamò con un grido così alto, che ne fu confuso, e seppellì il viso fra le sottane della madre, la quale gli diede uno sguardo di compiacenza. Sentii un grave anelare e ansimare avvicinarsi, ed ecco Omer, col respiro più corto di prima, ma non molto più vecchio d’una volta, apparirmi dinanzi.

– Servo vostro – disse Omer. – Che cosa posso fare per voi, signore?

– Stringermi la mano, signor Omer, se non vi dispiace –

dissi, stendendo la mia. – Foste così buono con me una volta, benché io tema di non avervelo dimostrato.

– Davvero? – rispose il vecchio. – Son contento di ap-539

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prenderlo, ma non ricordo quando. Siete sicuro che fossi io?

– Sicurissimo.

– Credo che la memoria mi sia diventata corta, come il fiato – disse Omer, guardandomi e scotendo il capo; –

perché io non vi riconosco.

– Non vi ricordate d’esser venuto ad aspettarmi alla diligenza, e d’avermi fatto fare colazione qui, e poi d’essere venuto insieme con me a Blunderstone, con la signora Joram, e il signor Joram... che non era ancora suo marito?

– Ah! che il Signore vi benedica! – esclamò Omer, dopo esser caduto per la sorpresa in un accesso di tosse.

– Adesso ricordo! Minnie cara, ricordi? Ah sì, sì! Si trattava d’una signora, non è vero?

– Mia madre – soggiunsi.

– Sì, sì – disse Omer, toccandomi la sottoveste con l’indice – e anche d’un bambino. Si trattava di due persone.

La piccola fu messa nella stessa bara della grande. Sì, sì, a Blunderstone. Ricordo! E come siete stato d’allora?

– Benissimo – gli dissi, augurando lo stesso di lui.

– Oh! non ho da lagnarmi veramente – disse Omer. – Il fiato mi diventa corto, ma quando s’invecchia, di rado s’allunga. Prendo la vita come viene, e tiro innanzi. È il miglior modo, del resto, non è vero?

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Omer tossì di nuovo, dopo uno scoppio di risa, e la figlia, che faceva danzare il bimbo sul banco accanto a noi, gli venne in soccorso.

– Sì, sì – disse Omer. – Sì, certo. Due persone! Ebbene, fu in quella passeggiata, lo credereste? che si fissò il giorno del matrimonio di Minnie. «Fissate il giorno, signore» – dice Joram. – «Sì, sì, fissalo, papà», diceva Minnie. Ed ora è mio socio. Ed eccolo qui, il più piccolo!

Minnie rideva, e si sfiorava con la mano i capelli in due bande sulle tempie, mentre il padre metteva un dito nella manina del bimbo che danzava sul banco.

– Due persone, è vero! – disse Omer, scuotendo il capo al ricordo – proprio così. E Joram in questo momento lavora a una cassa con borchie d’argento, ma non di questa misura – la misura del bambino sul banco – un due pollici meno. Volete prendere qualche cosa?

Lo ringraziai, ma rifiutai.

– Un momento – disse Omer – la moglie di Barkis il vetturale... la sorella del pescatore Peggotty... aveva qualche cosa da fare con la vostra famiglia. Era in servizio da voi, mi sembra?

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