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Scegline uno, forza.

Ne ho tirato fuori uno sano. Ho fatto un salto di gioia.

"Maria, tocca a te. Vieni.

Mia sorella ne ha preso anche lei uno sano e ha battuto le mani.

"Mi sa che tocca a me," papà ha tirato fuori quello spezzato.

Io e Maria abbiamo cominciato a ridere e a urlare. "Tocca a te! Tocca a te!

Hai perso! Hai perso! Vai a prendere l'acqua!

Papà si è alzato un po' avvilito. "Quando torno vi dovete essere lavati. Chiaro?

"Vuoi che ci vado io? Tu sei stanco," ha detto mamma.

"Non puoi. E' una missione mortale. E devo prendere le sigarette nel camion". E' uscito di casa con la brocca in mano.

Ci siamo lavati, abbiamo mangiato pasta al pomodoro e frittata e dopo aver baciato papà e mamma ce ne siamo andati a letto senza neanche insistere per vedere la televisione.

Mi sono svegliato durante la notte. Per un brutto sogno.

Gesù diceva alzati e cammina a Lazzaro. Ma Lazzaro non si alzava. Alzati e cammina, ripeteva Gesù. Lazzaro non ne voleva proprio sapere di resuscitare.

Gesù, che assomigliava a Severino, quello che guidava l'autocisterna dell'acqua, si arrabbiava. Era una figuraccia. Quando Gesù ti dice alzati e cammina, tu lo devi fare, soprattutto se sei morto. Invece Lazzaro se ne stava steso, rinsecchito. Allora Gesù incominciava a scuoterlo come una bambola e Lazzaro alla fine si alzava e gli azzannava la gola. Lascia stare i morti, diceva con le labbra imbrattate di sangue.

Ho sbarrato gli occhi tutto sudato.

Quelle notti faceva così caldo, che se, per disgrazia, ti svegliavi, era difficile riaddormentarti.

La stanza mia e di mia sorella era stretta e lunga.

Era ricavata da un corridoio. I due letti erano messi per lungo, uno dopo l'altro, sotto la finestra. Da un lato c'era il muro, dall'altro una trentina di centimetri per muoverci. Per il resto la stanza era bianca e spoglia.

D'inverno ci faceva freddo e d'estate non ci si respirava.

Il calore accumulato di giorno dai muri e dal soffitto veniva buttato fuori durante la notte. Avevi la sensazione che il cuscino e il materasso di lana fos-sero appena usciti da un forno.

Dietro i miei piedi vedevo la testa scura di Maria. Dormiva con gli occhiali, a pancia all'aria, completamente abbandonata, le braccia e le gambe larghe.

Diceva che se si svegliava senza gli occhiali le veniva paura. Di solito mamma glieli toglieva appena si addormentava, perché le rimanevano i segni in faccia.

Lo zampirone sul davanzale produceva un fumo denso e tossico che stec-chiva le zanzare e neanche a noi faceva tanto bene. Ma allora nessuno si preoccupava di questo genere di cose.

Attaccata alla nostra stanza c'era la camera dei nostri genitori. Sentivo papà russare. Il ventilatore che soffiava. L'ansimare di mia sorella. Il richiamo mo-notono di una civetta. Il ronzio del frigorifero. La puzza di fogna che usciva dal gabinetto.

Mi sono messo in ginocchio sul letto e mi sono appoggiato alla finestra per prendere un po' d'aria.

C'era la luna piena. Era alta e luminosa. Si vedeva lontano, come fosse giorno. I campi sembravano fosforescenti. L'aria ferma. Le case buie, silenziose.

Forse ero l'unico sveglio in tutta Acqua Traverse. Mi è sembrata una bella cosa.

Il bambino era nel buco.

Me lo immaginavo morto nella terra. Scarafaggi, cimici e millepiedi che gli camminavano addosso, sulla pelle esangue, e vermi che gli uscivano dalle labbra livide. Gli occhi sembravano due uova sode.

Io un morto non lo avevo mai visto. Solo mia nonna Giovanna. Sul suo letto, con le braccia incrociate, il vestito nero e le scarpe. La faccia sembrava di gomma. Gialla come cera. Papà mi aveva detto che dovevo baciarla. Tutti piangevano. Papà mi spingeva. Le avevo posato la bocca sulla guancia fredda. Aveva un odore dolciastro e disgustoso che si mischiava con l'odore dei ceri. Dopo mi ero lavato la bocca con il sapone.

E se invece il bambino era vivo?

Se voleva uscire e graffiava con le dita le pareti del buco e chiedeva aiuto?

Se lo aveva preso un orco?

Mi sono affacciato fuori e in fondo alla pianura ho visto la collina. Sembrava apparsa dal nulla e si stagliava, come un'isola uscita dal mare, altissima e ne-ra, con il suo segreto che mi aspettava.

"Michele, ho sete... "Maria si è svegliata. "Mi dai un bicchiere d'acqua?" Parlava a occhi chiusi e si passava la lingua sulle labbra secche.

"Aspetta... "Mi sono alzato.

Non volevo aprire la porta. Se mia nonna Giovanna era seduta a tavola insieme al bambino? E mi diceva, vieni, siediti qui con noi, che mangiamo? E

sul piatto c'era la gallina impalata?

Non c'era nessuno. Un raggio di luna cadeva sul vecchio divano a fiori, sulla credenza con i piatti bianchi, sul pavimento di graniglia bianca e nera e faceva capolino nella camera di papà e mamma, arrampicandosi sul letto. Ho visto i piedi, intrecciati. Ho aperto il frigorifero e ho tirato fuori la brocca con l'acqua fredda. Mi ci sono attaccato, poi ho riempito un bicchiere per mia sorella che se lo è bevuto in un sorso. "Grazie.

"Ora dormi.

"Perché hai fatto la penitenza al posto di Barbara?

"Non lo so...

"Non ti andava che si abbassava le mutande?

"No.

"E se lo dovevo fare io?

"Cosa?

"Abbassarmi le mutande. Lo facevi pure per me?

"Sì.

"Buona notte, allora. Mi tolgo gli occhiali," li ha chiusi nell'astuccio e si è stretta al cuscino.

"Buona notte.

Are sens