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Mamma era seduta sul divano a cucire, ha alzato la testa e l'ha riabbassata.

Papà ha preso aria con il naso e ha detto: "Dove sei stato tutto il giorno?"

Mi ha squadrato da capo a piedi. "Ma ti sei visto? Dove cazzo ti sei rotolato?"

Ha fatto una smorfia. "Nella merda?

Puzzi come un maiale! Hai rotto pure i sandali!

Ha guardato l'orologio. "Lo sai che ore sono?

Sono rimasto in silenzio.

"Te lo dico io. Le tre e venti. A pranzo non ti sei fatto vedere. Nessuno sapeva dove stavi. Ti sono andato a cercare fino a Lucignano. Ieri l'hai passata liscia, oggi no.

Quando era così infuriato papà non urlava, parlava a bassa voce. Questo mi terrorizzava. Ancora oggi non sopporto le persone che non sfogano la loro rabbia.

Mi ha indicato la porta. "Se vuoi fare quello che ti pare è meglio che te ne vai. Io non ti voglio.

Vattene.

"Aspetta, ti devo dire una cosa.

"Tu non mi devi dire niente, devi uscire da quella porta.

Ho implorato. "Papà, è una cosa importante...

"Se non te ne vai entro tre secondi, mi alzo da questa poltrona e ti prendo a calci fino al cartello di Acqua Traverse". E improvvisamente ha alzato il to-no. "Vattene via!

Ho fatto di si con la testa. Mi veniva da piangere. Gli occhi mi si sono riem-piti di lacrime, ho aperto la porta e ho sceso le scale. Sono rimontato sulla Scassona e ho pedalato fino al torrente.

Il torrente era sempre secco, tranne d'inverno, quando pioveva forte. Si snodava tra i campi gialli come una lunga biscia albina. Un letto di sassi bianchi e appuntiti, di rocce incandescenti e ciuffi d'erba. Dopo un pezzo scosceso tra due colline, il torrente si allargava formando uno stagno che d'estate si asciugava fino a diventare una pozzanghera, nera.

Il lago, lo chiamavamo.

Dentro non c'erano pesci, né girini, solo larve di zanzara e insetti pattinato-ri. Se ci infilavi i piedi, li tiravi fuori coperti da un fango scuro e puzzolente.

Andavamo lì per il carrubo.

Era grande, vecchio e facile da salire. Sognavamo di costruirci sopra una casa. Con la porta, il tetto, la scala di corda e tutto il resto. Ma non eravamo mai riusciti a trovare le assi, i chiodi, il genio. Una volta il Teschio ci aveva incastrato una rete di letto. Ma ci si stava scomodissimi. Ti graffiava. Ti strappava i vestiti. E se ti muovevi troppo finivi pure di sotto.

Da qualche tempo però nessuno ci saliva sul carrubo. A me invece continuava a piacermi. Ci stavo bene lassù all'ombra, nascosto tra le foglie. Si vedeva lontano, era come essere in cima al pennone di una nave. Acqua Traverse era una macchiolina, un punto sperduto nel grano. E potevi sorvegliare la strada che andava a Lucignano. Da lì vedevo il telone verde del camion di papà prima di chiunque altro.

Mi sono arrampicato al mio solito posto, a cavalcioni di un grosso ramo che si biforcava, e ho deciso che a casa non sarei più tornato.

Se papà non mi voleva, se mi odiava, non mi importava, sarei rimasto lì.

Potevo vivere senza famiglia, come gli orfani.

«Io non ti voglio. Vattene via!»

Va bene, mi sono detto. Però quando non tornerò più starai malissimo. E

allora verrai qua sotto a chiedermi di tornare ma io non tornerò e tu mi pre-

gherai e io non tornerò e capirai che hai sbagliato e che tuo figlio non torna e vive sul carrubo.

Mi sono tolto la maglietta, ho poggiato la schiena contro il legno, la testa nelle mani e ho guardato la collina del bambino. Era lontana, in fondo alla pianura, e il sole le tramontava accanto. Era un disco arancione che stingeva di rosa sulle nuvole e sul cielo.

"Michele, scendi!

Mi sono risvegliato e ho aperto gli occhi.

Dov'ero?

Ci ho messo un po' a rendermi conto che stavo appollaiato sul carrubo.

"Michele!

Sotto l'albero, sulla Graziella, c'era Maria. Ho sbadigliato. "Che vuoi?" Mi sono stiracchiato.

Avevo la schiena rotta.

E' smontata dalla bicicletta. "Mamma ha detto che devi tornare a casa.

Mi sono rimesso la maglietta. Incominciava a fare freddo. "No. Non torno più, diglielo. Io rimango qua!

"Mamma ha detto che è pronta la cena.

Era tardi. C'era ancora un po' di luce ma entro mezz'ora sarebbe calata la notte. Questa cosa non mi piaceva tanto.

"Dille che io non sono più figlio loro e che solo tu sei figlia loro.

Mia sorella ha aggrottato le sopracciglia. "E non sei neanche più fratello mi-o? "No.

"Allora ho la stanza da sola e mi posso prendere anche i giornalini?

"No, questo non c'entra.

"Ha detto mamma che se non vieni tu, viene lei e ti piglia a mazzate". Mi ha fatto segno di scendere.

"Che me ne frega. Tanto non può salire sull'albero.

"Sì che può. Mamma si arrampica.

"E io le tiro le pietre.

E' montata in sella. "Guarda che si arrabbia.

Are sens