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Non me l'ero sognato.

Non riuscivo a vederlo bene. Era buio e pieno di mosche e saliva una puzza, nauseante.

Mi sono inginocchiato sul bordo.

"Sei vivo?

Nulla.

"Sei vivo? Mi senti?

Ho aspettato, poi ho preso un sasso e gliel'ho tirato. L'ho colpito su un piede. Su un piede magro e sottile e con le dita nere. Su un piede che non si è mosso di un millimetro.

Era morto. E da lì si sarebbe sol evato solo se Gesù in persona glielo ordinava.

Mi è venuta la pelle d'oca.

I cani e i gatti morti non mi avevano mai fatto tanta impressione. Il pelo nasconde la morte. Quel cadavere invece, così bianco, con un braccio buttato da una parte, la testa contro la parete, faceva ribrezzo. Non c'era sangue, niente. Solo un corpo senza vita in un buco sperduto.

Non aveva più niente di umano.

Dovevo vedergli la faccia. La faccia è la cosa più importante. Dalla faccia si capisce tutto.

Ma scendere lì dentro mi faceva paura. Potevo girarlo con una mazza. Ci voleva una mazza bella lunga. Sono entrato nella stalla e lì ho trovato un pa-lo, ma era corto. Sono tornato indietro. Sul cortile si affacciava una porticina chiusa a chiave. Ho provato a spingerla, ma anche se era malmessa, resisteva. Sopra la porta c'era una finestrella. Mi sono arrampicato puntellandomi sugli stipiti e, di testa, mi sono infilato dentro. Bastavano un paio di chili in più, o il culo di Barbara, e non ci sarei passato.

Mi sono ritrovato nella stanza che avevo visto mentre attraversavo il ponte.

C'erano i pacchi di pasta. I barattoli di pelati aperti. Bottiglie di birra vuote. I resti di un fuoco. Dei giornali. Un materasso. Un bidone pieno d'acqua. Un cestino. Ho avuto la sensazione del giorno prima, che li ci veniva qualcuno.

Quella stanza non era abbandonata come il resto della casa.

Sotto una coperta grigia c'era uno scatolone.

Dentro ho trovato una corda che finiva con un uncino di ferro.

Con questa posso andare giù, ho pensato.

L'ho presa e l'ho buttata dalla finestrella e sono uscito.

Per terra c'era il braccio arrugginito di una gru.

Ci ho legato intorno la corda. Ma avevo paura che si scioglieva e io rimanevo nel buco insieme al morto. Ho fatto tre nodi, come quelli che faceva papà al telone del camion. Ho tirato con tutta la forza, resisteva. Allora l'ho gettata nel buco.

"Io non ho paura di niente," ho sussurrato per farmi coraggio, ma le gambe mi cedevano e una voce nel cervello mi urlava di non andare.

I morti non fanno niente, mi sono detto, mi sono fatto il segno della croce e sono sceso.

Dentro faceva più freddo.

La pelle del morto era sudicia, incrostata di fango e merda. Era nudo. Alto come me, ma più magro. Era pelle e ossa. Le costole gli sporgevano. Doveva avere più o meno la mia età.

Gli ho toccato la mano con la punta del piede, ma è rimasta senza vita. Ho sollevato la coperta che gli copriva le gambe. Intorno alla caviglia destra aveva una grossa catena chiusa con un lucchetto. La pelle era scorticata e rosa.

Un liquido trasparente e denso trasudava dalla carne e colava sulle maglie ar-rugginite della catena attaccata a un anello interrato.

Volevo vedergli la faccia. Ma non volevo toccargli la testa. Mi faceva impressione.

Alla fine, tentennando, ho allungato un braccio e ho afferrato con due dita un lembo della coperta e stavo cercando di levargliela dal viso quando il morto ha piegato la gamba.

Ho stretto i pugni e ho spalancato la bocca e il terrore mi ha afferrato le palle con una mano gelata.

Poi il morto ha sollevato il busto come fosse vivo e a occhi chiusi ha allungato le braccia verso di me.

I capelli mi si sono rizzati in testa, ho cacciato un urlo, ho fatto un salto indietro e sono inciampato nel secchio e la merda si è versata ovunque.

Sono finito schiena a terra urlando.

Anche il morto ha cominciato a urlare.

Mi sono dimenato nella merda. Poi finalmente con uno scatto disperato ho preso la corda e sono schizzato fuori da quel buco come una pulce impazzita.

Pedalavo, mi infilavo tra buche e cunette rischiando di spezzarmi la schiena, ma non frenavo.

Il cuore mi esplodeva, i polmoni mi bruciavano.

Ho preso un dosso e mi sono ritrovato in aria. Sono atterrato male, ho stru-sciato un piede a terra e ho tirato i freni, ma è stato peggio, la ruota davanti si è inchiodata e sono scivolato nel fosso a lato della strada. Mi sono rimesso in piedi con le gambe che mi tremavano e mi sono guardato. Un ginocchio era sbucciato a sangue, la maglietta era tutta sporca di merda, una striscia di cuoio del sandalo si era spezzata.

Respira, mi sono detto.

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